[24/10/2012] News

Troppa plastica sul fondo dell'Oceano Artico. Il doppio di rifiuti rispetto a 10 anni fa

Pericoli per la delicata biodiversità dei fondali artici

I fondali delle profondità del Mare Artico sono sempre più cosparsi di rifiuti. A rivelarlo sul Marine Pollution Bulletin è stata Melanie Bergmann, una biologa che si occupa di alto mare per l' Alfred-Wegener-Institut für Polar- und Meeresforschung dell'Helmholtz-Gemeinschaft, che ha sottolineato: «Le quantità di rifiuti rilevati in alto mare dall'Awi deep-sea observatory Hausdarten sono addirittura superiori a quelli trovati in un profondo canyon sottomarino nei pressi della capitale portoghese Lisbona».

Per realizzare lo studio, la Bergmann ha esaminato circa 2.100 fotografie scattate nel fondale marino dall'osservatorio di Hausgarten in acque profonde dell'Istituto Alfred Wegener nel Fram Strait orientale, il braccio di mare tra la Groenlandia e le isole norvegesi Spitsbergen (Svalbard), e spiega: «Lo studio è stato spinto da un'intuizione. Quando ho guardato le nostre immagini ho avuto l'impressione che i sacchetti di plastica ed altri rifiuti sul fondo del mare venissero osservati più frequentemente nelle foto dal 2011 che in quelle risalenti agli anni precedenti. Per questo motivo ho deciso di guardare sistematicamente tutte le foto del 2002, 2004, 2007, 2008 e 2011».

Gli scienziati dell' Hgf-Mpg Group for deep-sea ecology and technology dell'istituto Alfred Wegener utilizzano regolarmente il loro Ocean floor observation system  (Ofos) con telecamera durante le spedizioni Polarstern ad  Hausgarten, trainando le attrezzature a  2.500 metri di profondità e ad 1,5 metri sopra il fondale, scattando una  foto ogni 30 secondi.  I biologi solitamente utilizzano questo materiale per capire quali siano gli eventuali cambiamenti nella biodiversità rispetto alle popolazioni di oloturie, gigli di mare, spugne, pesci e gamberetti che vivono in quelle remote profondità, ma Melanie Bergmann li ha utilizzati per dimostrare come l'inquinamento provocato all'uomo stia invadendo anche le acque profonde.

«I rifiuti - spiega la scienziata - potevano essere osservati in circa l'1%  delle immagini a partire dal 2002, soprattutto plastica. Nelle immagini a partire dal 2011 abbiamo fatto la stessa scoperta in circa il 2% del fotografato. La quantità di rifiuti sul fondo del mare è quindi raddoppiata. Se si considera l'intervallo di tempo tra il 2007 e il 2011 l'importo è addirittura di più in ordine di grandezza».

A prima vista, un dato del 2% non sembra molto preoccupante, eppure dimostra la  reale portata dell'inquinamento che raggiunge perfino le profondità dei mari artici: «L'oceano Artico e soprattutto le sue zone di acque profonde sono state a lungo considerate le regioni più remote e isolate del nostro pianeta - sottolinea la Bergmann -  Purtroppo, i nostri risultati confutano questa nozione, almeno per il nostro osservatorio. I quantitativi osservati erano superiori a quelli registrati in un  profondo canyon marino non lontano dalla industrializzata capitale portoghese Lisbona.  E' anche importante ricordare che, secondo una recente ricerca, i rifiuti di plastica si accumulano maggiormente nei canyon di alto mare che negli ambienti aperti come ad Hausgarten».

Lo studio non è in grado di determinare l'origine dei rifiuti dalle sole fotografie, ma si sospetta che la contrazione e l'assottigliamento del ghiaccio marino artico possa svolgere un ruolo importante: «La copertura di ghiaccio marino normalmente agisce come una barriera naturale, prevenendo  che i rifiuti portati dal vento che soffia da terra finiscano in  mare e, bloccando la strada alla maggior parte delle navi. Il traffico delle navi è aumentato enormemente in quanto la copertura di ghiaccio è continuamente in contrazione e sempre più sottile. Ora, rispetto alla situazione pre-2007 e stiamo vedendo fino a tre volte in più di yacht privati e fino a 36 volte in più  pescherecci nelle acque circostanti le Spitsbergen -  dice Melanie Bergmann - Inoltre, il conteggio di rifiuti effettuati durante le pulizie annuali delle spiagge delle  Spitsbergen hanno dimostrato che la spazzatura arrivata fin lassù è originata principalmente dai pescherecci».

Le principali vittime di questa crescente contaminazione dei fondali marini sono i delicati esseri che li popolano: «Quasi il 70% dei rifiuti di plastica che abbiamo registrato era entrato in una sorta di contatto con gli organismi delle acque profonde. Per esempio, abbiamo trovato sacchetti di plastica impigliati nelle spugne, anemoni di mare stabilitisi su pezzi o corde di  plastica, cartone e una bottiglia di birra colonizzata dai gigli di mare», evidenzia la Bergmann. Quando le spugne od altri animali che si alimentano di particelle in sospensione vengono in contatto con materiale plastico possono subire seri danni, la conseguenza è che gli abitanti dei fondali marini sono in grado di assorbire meno  particelle di cibo, crescono più lentamente e probabilmente si riproducono meno spesso. Anche la loro respirazione può essere compromessa. La plastica contiene additivi chimici che hanno vari effetti tossici. «Altri studi hanno anche rivelato che i sacchetti di plastica che si depositano sul fondo marino può alterare i processi di scambio dei gas in questa area. In seguito, quindi il sedimento diventa una zona a  basso tenore di ossigeno, in cui solo pochi organismi sopravvivono - spiega Melanie Bergmann -  D'altra parte, altri animali utilizzano i rifiuti come substrato duro per stabilirsi. Questo permette la colonizzazione da parte di specie che in precedenza non avrebbero trovato quasi nessun substrato adatto. Ciò significa che i rifiuti potrebbero cambiare la acque composizione delle specie nelle profonde e quindi, nel lungo termine, la biodiversità».

Visti i  profondi cambiamenti climatici che stanno sconvolgendo l'Artico, la Bergmann ed i suoi colleghi  vogliono espandere i loro progetti di ricerca sui  "rifiuti nel mare": «Fino ad ora i nostri risultati nello Stretto di Fram rappresentano solo una fotografia, che riflette le osservazioni che siamo stati in grado di fare ad occhio nudo . Ad esempio, Attualmente ci stiamo concentrando per passare dalla problematica delle acque profonde all'inquinamento derivante dalle cosiddette micro-particelle di plastica.  Per la prima volta abbiamo preso campioni durante l'ultima spedizione all'osservatorio Hausgarten con il nostro rompighiaccio da ricerca Polarstern. I nostri colleghi dell'Awui di Helgoland  li analizzeranno per la micro-plastica. La micro-plastica può essere ingerita dagli animali marini, tra cui i gamberi ed i  pesci sfruttati commercialmente, ed entrare nella catena alimentare umana»

Durante questa spedizione biologi belgi esperti di mammiferi  e gli ornitologi hanno avvistato almeno 32 "isolotti" di rifiuti galleggianti sulla superficie dell'acqua. La probabilità di trovare più rifiuti sul fondo dell'Oceano Artico è quindi grande e la Bergmann conclude: «I pezzi di plastica sul fondo del mare profondo è improbabile che degradino in  micro-plastiche più rapidamente, come è il caso sulla costa del Mare del Nord, per esempio. Ciò è dovuto sia alla mancanza di luce solare ad una profondità inferiore a 200 metri sia all'assenza di una  forte movimentazione dell'acqua. Li invece è buio e freddo. In queste condizioni i rifiuti di plastica probabilmente possono  persistere per secoli».

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