[22/10/2012] News

«A Taranto ci si ammala e si muore in maniera intollerabile»

«Lo stabilimento siderurgico, in particolare gli impianti altoforno, cokeria e agglomerazione, è il maggior emettitore nell'area per oltre il 99% del totale ed é quindi il potenziale responsabile degli effetti sanitari correlati lì al benzopirene». L'Ilva di Taranto monopolizza drammaticamente la scena nel Rapporto "Ambiente e salute a Taranto: evidenze disponibili e indicazioni di sanità pubblica", che contiene l'aggiornamento agli anni 2003-2009 dello Studio Sentieri (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) relativo all'area di Taranto, i dati dell'analisi della mortalità, del biomonitoraggio e del rischio sanitario connesso alla qualità dell'aria.

Lo stesso ministro ha affermato che «La situazione a Taranto è indubbiamente complessa. Credo sia necessario uno sforzo, anche da parte della sanità pubblica per un monitoraggio sanitario costante e un piano di prevenzione nei confronti dei lavoratori, dei bambini, di tutti, con iniziative mirate».

I dati parlano da soli. Come è possibile leggere nella scheda della conferenza stampa, «i dati relativi all'incidenza dei tumori nel  SIN di Taranto mostrano per gli uomini un eccesso, rispetto al resto della provincia, del 30% per tutti i tumori e, in dettaglio: del 50% per il tumore maligno del polmone, più del 100% per il mesotelioma e per i tumori maligni del rene e delle altre vie urinarie (escluso la vescica), superiore al  30% per il tumore della vescica e per i tumori della testa e del collo, del 40% per il tumore maligno del fegato, del 60% per il linfoma non Hodgkin, superiore al 20% per il tumore maligno del colon-retto e per il tumore della prostata e al 90% per il melanoma cutaneo. Per le donne residenti nei comuni di Taranto e Statte, sempre a confronto con il resto della provincia, si rileva un eccesso di incidenza per tutti i tumori di circa il 20%. Sono presenti eccessi per una serie di tumori maligni: della mammella pari al 24%, del corpo dell'utero superiore all'80%, del polmone  48%, del colon-retto 21%, del fegato 75%, del linfoma non Hodgkin 43% e dello stomaco superiore al 100%».

Dopo aver ascoltato le cifre, l'associazione ambientalista Legambiente sottolinea che «gli stessi dati non possono che rafforzare la richiesta che la valutazione dell'impatto sanitario sia parte integrante dell'Aia e che ne orienti le prescrizioni. E' evidente che misure e limiti non possono essere valutati in una situazione astratta, ma soltanto qui e ora; e a Taranto ci si ammala e si muore di più in maniera intollerabile rispetto al resto della provincia e della Regione». Ed è stato proprio il ministro Balduzzi a ricordare «l'intervento del ministero della Salute nella nuova Aia» per l'Ilva, affermando in particolare che «al fine di garantire una riduzione dei rischi per la salute connessi all'attività dello stabilimento siderurgico saranno attuati, infatti, piani di monitoraggio che avranno il compito di valutare in tempi brevi e costantemente l'efficacia delle iniziative previste per contrastare l'inquinamento e i suoi effetti sulla salute. Queste le misure proposte dal ministero della Salute nell'ambito dell'Aia: l'adozione di un sistema di monitoraggio sanitario dell'efficacia delle prescrizioni; la costituzione di un apposito Osservatorio, con la partecipazione delle istituzioni locali (Arpa Puglia, Asl e AReS), nazionali (Iss ed Ispra) ed internazionali (Oms), al quale affidare l'interpretazione dei dati e la comunicazione delle conclusioni all'autorità competente; la possibilità di rivedere l'Aia in funzione dei risultati del monitoraggio».

Corrado Clini, ministro dell'Ambiente e principale timoniere di questa nuova Aia per l'acciaieria tarantina, non può che ribadire come «i dati relativi al quartiere Tamburi hanno giustificato le misure severe e urgenti previste dall'Aia relative all'area a caldo ed al parco geominerario dello stabilimento Ilva» e che «i dati sui tumori e la mortalità impongono un programma straordinario per la prevenzione dei rischi ambientali e la protezione salute della popolazione». In attesa però che davvero arrivi un nuovo corso per la città pugliese, gravi responsabilità pregresse rimangono oggi - e per molto ancora rimarranno - a pesare sulle vite dei tarantini. Le criticità di Taranto sono note da decenni, e aspettare il punto più alto dell'emergenza per intervenire non fa che travolgere responsabili e capri espiatori. Invocare e progettare una politica industriale sostenibile è l'unica via possibile, ma si tratta di un percorso ad ampio respiro e di lungo periodo. Agire subito è fondamentale, ma per imparare anche questa lezione (non resta che lottare perché questa sia la volta buona) a Taranto si continua a sacrificare la salute, a volte la vita. Non lo dimentichiamo.

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