[17/10/2012] News

L’economia solidale verde sarà al centro del piano per il lavoro della Cgil

Con l'occasione dell'avvicinarsi della prossima Conferenza delle parti sui mutamenti climatici, la Cgil ha tenuto la sua seconda Conferenza per il clima e l'ha conclusa promettendo che i contenuti discussi nella stessa, saranno centrali nella costruzione del nuovo piano per il lavoro. Sottolineando che i bisogni ambientali, territoriali e produttivi sono bisogni sociali, da questa prospettiva il sindacato più grande d'Italia rivendica scelte nazionali per una economia solidale verde per lo sviluppo sostenibile.

All'iniziativa hanno invitato le realtà con le quali in campo ambientale e su temi globali hanno rapporti più frequenti e con i quali hanno anche fatto nascere il Laboratorio sviluppo sostenibile: Fair, Legambiente, Wwf, Inu, Cnr, ma anche ministero dell'Ambiente e responsabili di Ces e Ituc-Csi.

Nella Conferenza dell'Onu sullo sviluppo sostenibile "Rio+20", tenutasi nel giugno scorso, i governi non hanno assunto alcun vincolo per contrastare la crisi sociale e ambientale, ha affermato il sindacato: si sono limitati a condividere, con il documento "The future We want", un lungo elenco di dichiarazioni d'intenti, esortazioni, raccomandazioni e preoccupazioni, richiamandosi ai principi assunti nel 1992, in gran parte ancora tutti da attualizzare, mentre gli obiettivi di lavoro dignitoso e di politiche per un'equa transizione verso un'economia a basse emissioni di gas inquinanti sono adesso più che mai urgenti.

Consapevoli che soprattutto nel rapporto con le associazioni ambientaliste il problema più frequente è dare coerenza agli impegni nazionali con i comportamenti territoriali, c'è stata molta convergenza nell'assumere la necessità, senza alternativa possibile, di interventi per superare la vulnerabilità del territorio nazionale, l'esposizione delle popolazioni agli eventi estremi, il degrado dei centri urbani e i nodi di un sistema produttivo abbandonato a se stesso dall'assenza di politiche efficaci di rilancio e riconversione ecosostenibile.

Un nuovo Piano per il Lavoro per la riqualificazione del Paese e della sua economia, affrontando le sue urgenti priorità, non solo è possibile - è stato detto - ma è necessario.

Gli alti investimenti nel settore ambientale ed energetico rispetto ai settori tradizionali, il ruolo pubblico fondamentale come agente economico della trasformazione del modello di sviluppo sono già una realtà, secondo Oriella Savoldi, responsabile del dipartimento Ambiente della Cgil. Fanno ostacolo le politiche contraddittorie dei recenti governi italiani, in controtendenza rispetto a strategie e scenari europei di riferimento: incertezza normativa, allentamento di vincoli, ridimensionamento rispetto allo sviluppo di "un'economia circolare" (ciclo di vita dei prodotti, recupero, riciclaggio), trivellazioni, olii-combustibili. Il programma europeo per l'industria, raccordato alla Strategia 20-20-20 e alla più recente direttiva per l'efficienza energetica, comporta la definizione di una politica nazionale per la transizione verso una economia low-carbon, e quella che il sindacato ha voluto lanciare oggi è un'economia solidale verde capace di creare lavoro.

Se eco-innovazione e trasformazione, guardando ai diversi ambiti di intervento (consumo del suolo, rigenerazione urbana, infrastrutture, rischi industriali, depurazione reflui civili e industriali, consumi e sprechi di acqua in tempi di scarsità della risorsa, mobilità urbana, qualità dell'aria, bonifiche delle aree contaminate, sprofondamenti urbani, cambiamenti climatici, mitigazione e adattamento per le tante vulnerabilità territoriali), sono alla base delle politiche per affrontare i vincoli internazionali e europei - che stanno ridisegnando gli equilibri dei mercati mondiali ed anche la redistribuzione del lavoro, nonché delle urgenze nazionali per evitare maggiori costi futuri - possedere o meno conoscenze adeguate è la condizione per creare lavoro.

Gli investimenti che le imprese hanno continuato a fare per ammodernare la propria struttura e i propri prodotti non sono riusciti ad agganciare quelle opportunità che la green economy ha reso possibili. Fra le cause, va considerato il  persistere di un deficit culturale in materia ambientale, trasversale ai gruppi dirigenti,  che fa da ostacolo alla direzione green da intraprendere.

Creare lavoro è possibile: sul risparmio energetico ci sono tante cose da fare, in particolare sull'intelligenza della gestione dell'energia e degli impianti (le smart grid sono sostanzialmente importate, come le coibentazioni). Nel campo della mobilità sostenibile, dell'edilizia verde e per la rigenerazione urbana, recuperando aree e investendo in infrastrutture pensate all'interno degli scenari europei che sono già in via di realizzazione. Lo sviluppo delle rinnovabili, la riduzione delle emissioni, gli interventi per la mitigazione e il superamento dei rischi ambientali sono materia di contrattazione nazionale e territoriale. Importante è strutturare sedi per la partecipazione alla definizione delle rivendicazioni e dei processi contrattuali - è stato ricordato -  e resta attuale l'individuazione di un delegato ambientale e del coordinamento fra delegati in materia ambientale per la contrattazione territoriale, sostenendo inoltre la costruzione di laboratori di confronto e di scambio per lo sviluppo sostenibile aperti al confronto fra diverse realtà ed associazioni, a livello nazionale ma anche a livello locale.

*Responsabile dipartimento internazionale Legambiente, in esclusiva per greenreport.it

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