[11/10/2012] News

L’ambiente e la riforma affrettata del Titolo V della Costituzione

Sulle cause e responsabilità dei nostri perduranti guai ambientali, specialmente in riferimento al paesaggio ma anche al suolo e alla natura, che hanno tenuto banco drammaticamente  nel corso dell'estate, l'attenzione si era spostata sempre più sul nuovo (che tanto nuovo non è più) Titolo V della Costituzione. Per diversi commentatori lì si anniderebbe, infatti, il tarlo ‘infausto', ‘frettoloso', ‘confuso' che avrebbe alterato e penalizzato il ruolo dello stato a favore delle regioni e degli enti locali. Che nel frattempo lo Stato pur con le mani così legate abbia riaccentrato molte funzioni regionali e locali è passato quasi inosservato.

Le scandalose vicende della regione Lazio unitamente ad altri eventi affini hanno però di colpo sgombrato il campo da qualsiasi cincischiamento mettendo regioni e enti locali, senza tanti complimenti, sul banco degli accusati e con loro il Titolo V che sarà profondamente rivisto - si parla persino di decreto - per togliere specie alle regioni, ma anche agli enti locali, competenze esclusive e  concorrenti che non sarebbero in grado e capaci di gestire.

Va detto che là  dove alluvioni, frane, incendi, cementificazione non erano riuscite a indurre lo Stato a darsi una mossa, Fiorito e la Polverini ci sono riusciti.

Prima però di vedere cosa questo potrebbe o dovrebbe significare in particolare per l'ambiente -e non solo- alle prese con situazioni drammatiche tipo Ilva, va osservato che mai una norma addirittura costituzionale da oltre un decennio in vigore viene rimossa e profondamente revisionata senza essere stata mai di fatto messa in atto. Generalmente le leggi vengono a torto o a ragione riviste sulla base dei risultati e degli esiti che derivano dalla  applicazione concreta che se ne è fatta. Ma questo non è certo il caso del Titolo V, a partire proprio dal ministero dell'ambiente ma anche dei beni culturali e altri, per  quegli aspetti prima citati e orfani da tempo di qualsiasi governo nazionale non certo impedito o non previsto dal Titolo V.

L'impianto di quel titolo, per quanto possa risultare inadeguato a garantire una corretta ‘ripartizione' delle competenze da  garantire quella ‘trasversalità' tante volte richiamata dalla Corte costituzionale, su un punto è estremamente chiaro e cioè che deve esserci ‘leale collaborazione' tra tutti i livelli istituzionali. Ma è proprio qui che è cascato l'asino - e non soltanto per l'ambiente - che  ha sicuramente pagato un prezzo altissimo per questa inadempienza. Per quante responsabilità e colpe abbiano le regioni e gli enti locali - e ne hanno - davvero lo stato può permettersi di fare il castigamatti e di fare il primo della classe?

Il Titolo V voleva avviare un assetto con un ruolo forte delle regioni ma non per sottrarre allo stato centrale ruoli e competenze fondamentali,  ma per consentirgli finalmente di promuovere una politica nazionale che oggi deve incidere anche su quella europea.

Come Gruppo di San Rossore veniamo da una recente, approfondita e pepata riflessione sul tema dei parchi, del suolo e del paesaggio da cui nessuno ne esce indenne, ma lo stato meno degli altri, anche perché maggiore è la sua titolarità ma anche responsabilità per non aver saputo fare una politica di programmazione nazionale a cui anche le regioni e gli enti locali - oggi quanto mai scombussolati (vedi il nodo delle province) - non hanno per la verità creduto molto. E ancor meno ha contribuito la demagogia leghista in nome dei cornuti celti.

Il punto era, è e resta quindi questo: dove sono le sedi, gli strumenti previsti peraltro da leggi ‘vecchie' quanto e più del Titolo V - penso al decreto Bassanini - dove quella ‘leale collaborazione' avrebbe dovuto essere effettuata e gestita?

Certo gli sperperi scandalosi e il pessimo quando non stomachevole uso che è stato fatto da molte regioni della loro autonomia richiedono misure rapide e chiare per mettervi fine. Ma è chiaro cosa significa se un ministero come quello dell'ambiente, che taglia a destra e a sinistra per i parchi come  per il suolo, ma gestisce vicende come quella della protezione civile o del risanamento dei bacini all'insegna dello sperpero più scandaloso ?  Se gran parte dei provvedimenti che dovrebbero essere gestiti in ‘leale collaborazione' finiscono all'esame della Conferenza Stato-regioni quando i giochi sostanzialmente sono già fatti e i procedimenti non hanno coinvolto i livelli istituzionali dotati di competenze proprie esclusive o concorrenti, è colpa del Titolo V?

Insomma non si tratta assolutamente di tornare ai  santi vecchi che avevano richiesto appunto una riforma costituzionale. Non lo si è fatto bene? Si cambi, ma senza dimenticare che è anche lo Stato che oggi non funziona a dovere e, non solo le regioni e gli enti locali che pure portano le loro responsabilità.

*Gruppo San Rossore

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