[08/10/2012] News toscana

Innovazione, sviluppo e futuro al capezzale del Consorzio Pisa ricerche

"Consorzio Pisa ricerche: dove scienza e ricerca trovano una applicazione pratica". Così recita lo slogan di presentazione dell'organizzazione no profit mista pubblico-privato, ma presto, forse, si dovrà passare ad utilizzare il condizionale: scienza e ricerca "troverebbero" ancora una applicazione pratica, se il Consorzio non stesse affondando, senza che ancora si sia trovato una ciambella di salvataggio a cui potersi aggrappare.

In tempi dove è una gara a rilanciare la centralità dell'innovazione industriale, della competitività e degli investimenti in ricerca, è particolarmente triste assistere allo sfacelo di un'organizzazione il cui compito principale è (sarebbe?) proprio quello "di rafforzare i collegamenti tra ricerca e industria". Il Cpr, infatti, si tiene a precisare come operi "in settori ad alta competitività nei quali la crescita e il successo dipendono fortemente dall'innovazione tecnologica".

Non sono purtroppo servite a molto le manifestazioni di piazza in cui si sono impegnati tempo fa i 49 dipendenti del Consorzio (senza busta paga da 5 mesi), che vedono ancora penzolare sulla loro testa una proverbiale spada di Damocle. Come riporta Il Tirreno, «martedì prossimo si riunirà l'assemblea dei soci e lo scenario che si presenta, numeri alla mano, è drammatico per uno dei fiori all'occhiello della ricerca pisana».

Sulle spalle debiti per 5 milioni di euro, che potrebbero non sembrare un ostacolo poi così insormontabili, dato il peso dei nomi che compaiono nella struttura societaria. Alcuni dei soci privati sono Finmeccanica, Piaggio, Telecom. Ma la maggioranza delle azioni (55%) è in mano pubblica, ovvero in quelle della Regione Toscana, della Provincia e del Comune di Pisa, insieme a quello di San Giuliano Terme. Ma nella lista dei soci compaiono anche l'università di Pisa, la scuola Normale e la Sant'anna, l'Enea, il Cnr, l'Infn.

Anche la storia del Cpr non sembra riuscire a venire in soccorso dell'organizzazione: 300 progetti di ricerca in 25 anni rischiano di cadere nell'oblio, ora che il futuro del Centro è in bilico tra concordato in continuità, concordato preventivo e fallimento vero e proprio.

Dalla Regione all'università, passando per Comuni e Provincia, la scure statale falcidia i bilanci, ma non è possibile permetterci di perdere a cuor leggero un tassello come il Cpr: è inutile sciacquarsi la bocca affermando a ogni piè sospinto (e giustamente) che da questa crisi se ne esce soltanto con investimenti in ricerca e sviluppo, con un connubio più stretto tra industria e innovazione (che poi è proprio una delle chiavi di volta per un altro agognato - da alcuni - obiettivo, quello di una riconversione ecologica dell'economia), se poi si lasciano andare proprio i motori di questo cambiamento.

Domani si riunirà l'assemblea dei soci, e forse non è ancora troppo tardi per siglare tristemente con la parola fine la prematura scomparsa del Consorzio Pisa ricerche: è tempo questo per scremare tra investimenti strategici e non, tra investimenti che possono ancora aiutarci ad imboccare la rotta del nostro futuro ed investimenti che piuttosto ci lasciano ancorati al passato. Se i soci da soli non ce la fanno, si pretenda - se non l'intervento diretto - almeno l'attenzione del governo: si salvi il Centro Pisa ricerche, se si pensa che ancora la ricerca applicata abbia un senso, e sia strategica per lo sviluppo dell'Italia di oggi e di domani. Altrimenti, se si deciderà di lasciar affondare il Cpr, qualcuno dovrà pur rendere conto di questa decisione: non sono solo la manciata di dipendenti del Centro ad attendere, chiara, una risposta.

Torna all'archivio