[05/10/2012] News

Lavoro e ambiente: alleanza possibile? Alba ci prova a Torino

Il problema della sostenibilità non è eludibile e non basta la parola d'ordine green economy: “cosa, come, per chi produrre?”

Alba - Soggetto politico nuovo  ha convocato  un meeting a Torino per il 6 e 7 ottobre con al centro un tema più che impegnativo: "Lavoro. Crisi - Europa. Verso il 2013".  Da Alba dicono: «Se si riuscisse a uscire dalla due giorni con tre o quattro messaggi chiari su queste (poche ma importanti) questioni: quale Europa per il lavoro, centralità della campagna referendaria, iniziative contro la precarietà, alleanza lavoro-ambiente e (eventuali) iniziative clamorose di lotta-organizzazione, avremmo posto le basi per una chiara individuazione delle discriminanti da mettere al centro del percorso verso la scadenza elettorale del 2013». L'ambiente è quindi dichiaratamente una delle quattro questioni importanti che Alba vuole affrontare nella due giorni torinese per lanciare alcuni messaggi chiari alla sinistra ed al mondo sindacale

Dal punto di vista di greenreport.it è importante che Alba sottolinei, dopo il (ri)esplodere degli spinosissimi casi dell'Ilva di Taranto e della crisi industriale sarda, «la sempre più impellente questione del rapporto - e possibile conflitto - tra lavoro e ambiente, con la drammatica problematica apertasi a Taranto, con la ricerca di un approccio non compromissorio o ipocrita (del genere: dire di salvare capra e cavoli sacrificando in realtà entrambi e mantenendo fermo l'interesse e il punto di vista del padrone, come stanno facendo sia il Governo che Cisl e Uil). Come coalizzare lavoro e ambiente contro la logica del profitto e dell'onnipotenza finanziaria e contro le retoriche del "salviamo il Paese" a scapito dei suoi cittadini?»

Riccardo Rifici, nel suo lungo contributo sul tema del lavoro e della riconversione ecologica per un diverso modello di produzione e consumo, scrive: «È indubbio che il modello economico (soprattutto finanziario) e produttivo che oggi governa il mondo non è in grado di garantire il futuro di questo pianeta. L'attuale crisi economico-finanziaria ne è la dimostrazione. Quello di cui però si sente drammaticamente la mancanza è un modello, o meglio un'idea di mondo e di società in grado di consentire un degno futuro agli abitanti di questo pianeta. Questa mancanza si riflette anche sul piano politico dove emerge la necessità di una forza politica di sinistra che abbia come spina dorsale la questione ecologica. Su questo tema non è stata ancora fatta una seria riflessione.

La questione ecologica è, in alcuni, ancora vista in maniera collaterale, e non trasversale a tutte le altre tematiche. Peraltro sotto la parola d'ordine della "green economy", non sono stati portati né nuovi concetti, né tanto meno una nuova visione, ma solo una prospettiva più aggiornata ed efficiente di vecchi modelli produttivi e di rapporto con il territorio. Spesso si riassume tutto nella maggior produzione di energia da "fonti alternative", come se, per cambiare, fosse sufficiente sostituire una centrale a olio combustibile con una sfilata di centrali eoliche o di pannelli fotovoltaici, senza, invece, riconsiderare complessivamente la quantità ed il modo con cui energia viene consumata. Per parte nostra, non siamo ancora capaci di intervenire nel merito del contesto produttivo e sociale del nostro paese ed essere capaci di articolare proposte di cambiamento che sappiano salvaguardare l'ambiente e la qualità della vita delle persone e la qualità del lavoro. Si tratta sostanzialmente di lavorare per costruire, partendo da esperienze pratiche, la transizione verso un diverso modello di sviluppo».

Secondo Rifici «il problema della sostenibilità non è eludibile, e per affrontarlo non è sufficiente la politica del "fare bene". Non è sufficiente aumentare la produzione di energia da sole, o riconvertire qualche impianto. Qualsiasi "politica" che non si occupi della sostenibilità è inadeguata alla realtà di questo secolo. Appare, dunque, indispensabile ampliare i concetto di sostenibilità, affiancandolo al tema della tutela degli ecosistemi e a quello del consumo di risorse naturale, i temi rientranti nella sfera socio economica».

Per la sostenibilità è però necessario percorrere, nello stesso tempo, due strade: «Quella dell'aumento radicale dell'efficienza delle tecnologie tale da permettere un livello estremamente più basso di consumo di risorse naturali senza compromettere la qualità della vita delle persone. I settori prioritari di intervento sono: gli alimenti, l'edilizia e i trasporti, (questi tre settori rappresentano a livello europeo circa l'80% di tutti impatti ambientali). Quella di  un radicale mutamento del modello dei consumi e del modo stesso di recepire il concetto di benessere che permetta di consumare molto meno risorse naturali. In sostanza bisogna riprendere uno slogan che già caratterizzò alcune le lotte operaie di qualche decennio fa: "cosa, come, per chi produrre", ed arricchirlo con alcune ulteriori consapevolezze alla luce della realtà odierna e dei cambiamenti avvenuti a livello mondiale, sia per quanto riguarda le questioni politico sociali (ruolo e caratterizzazione dei produttori) che ambientali».

Vengono indicate tre questione strategiche sulle quali lavorare seriamente: «1. Il modello agricolo con i problemi ad esso connessi (spreco di risorse, impoverimento sociale ed economico, sovranità alimentare.). Va infatti ricordato che il modello agricolo occidentale è il settore produttivo che complessivamente produce la più alta quantità di impatti ambientali, economici e social; 2. L'attenzione al prodotto e al suo ciclo di vita; 3. Il tema delle attività produttive in relazione al loro legame con il territorio e le nuove forme di economia».

Rifici ed Alba sono convinti che «in sostanza, se la risposta delle imprese all'attuale situazione è difensiva e si limita solamente a ricercare costi del lavoro più contenuti tramite processi di delocalizzazione, di esternalizzazione produttiva, o di attacco al lavoro, i risultati sono perdenti, sia per i territori sia per i lavoratori. All'estremo opposto, esiste un percorso di sviluppo più propositivo, che non abbandona il territorio, ma riparte proprio da esso, valorizzando la ricchezza del tessuto economico-sociale, le sue forme organizzative la sua capacità di sfruttare le conoscenze tacite, il "saper fare", le professionalità dei lavoratori, le possibili sinergie tra soggetti diversi (enti locali, centri di ricerca, produttori), spingendo verso una maggiore qualità dei prodotti e una migliore coesione sociale del territorio. Ciò porta a valorizzare la qualità ambientale, e sociale dei processi produttivi (industriali ed agricoli) attraverso una accurato controllo dell'intera catena di produzione, in grado di valutare sia i modi con cui vendono impiegati i lavoratori (attenzione alla sicurezza, ai diritti, ecc..), sia le modalità della produzione, che la qualità dei prodotti. Discorsi simili possono essere fatti per quanto riguarda le attività legate al turismo a ai beni culturali, che sono una insostituibile risorsa del nostro paese, ma nel contempo, per i modi con cui vengono svolte, sono fonte di rilevanti impatti ambientali, senza neppure portare vantaggio economici e sociali per le collettività locali».

Quindi quello che secondo gli organizzatori della due giorni di Torino serve davvero per un  progetto sul lavoro «è una nuova capacità progettuale da parte delle collettività locali, e delle istituzioni pubbliche, per costruire con i lavoratori e le aziende una nuova politica industriale per l'Italia».

Per Rifici «una sinistra nuova deve essere capace di discutere e progettare nuovi orizzonti, avendo attenzione a questioni che hanno una ricaduta immediata sulla vita di tutti i giorni dei cittadini/lavoratori. Questioni che riguardano, per l'appunto, la qualità della vita e la qualità del lavoro».

 

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