[04/10/2012] News

Gli alieni che erodono il paradiso di Robinson Crusoe

Esperti ed isolani lavorano insieme per eradicare le specie invasive dall’arcipelago di Juan Fernández

L'Archipiélago Juan Fernández è un  comune e territorio speciale cileno sperso nell'Oceano Pacifico a 670 km dalle cote del Cile, una miriade di scogli ed isolotti e tre isole: Santa Clara (5 km2), Alejandro Selkirk (48 km2) e Robinson Crusoe (96,4 km2), quest'ultima, secondo il censimento del  2002, è l'unica che ospita un vero centro abitato, il Poblado de San Juan Bautista, con 629 abitanti (364 uomini e 265 donne). Santa Clara è disabitata e sull'isla Marinero Alejandro Selkirk è la più sperduta dell'arcipelago visto che sorge 180 km più ad est dalle prime due, ospita una piccola comunità di una ventina di pescatori durante la stagione di pesca alle aragoste, tra ottobre e maggio.L'isola Robinson Crusoe è stata scoperta nel 1574, ma venne chiamata Masatierra ed il suo nome venne cambiato dopo che si cominciò ad indentificarla come l'isola del naufragio del famoso personaggio di Daniel Defoe, anche se non c'è mai stata traccia di cannibali e "selvaggi" come Venerdì.

Questo remoto arcipelago è ancora un paradiso naturale, con folte giungle e ripidissimi pendii che si innalzano verticalmente dall'oceano, ma gran parte di questa incredibile e rara bellezza di queste  piccole isole cilene, che probabilmente hanno ispirato Defoe Robinson, viene eroso da quel che gli uomini sono riusciti a combinare anche in un posto così lontano e dimenticato.

sull'isla Marinero Alejandro Selkirk stanno scomparendo uccelli rari come il rayadito di Masafuera (Aphrastura masafuerae), mentre le piante invasive occupano l'habitat di quelle autoctone e anche nelle altre isole magnifici uccelli, come il magnifico colibrì Picaflor Rojo di Juan Fernández (Sephanoides fernandensis), che si sono evoluti nel corso di più di un milione di anni di isolamento, rischiano l'estinzione.

Quattro secoli di presenza umana hanno lasciato molti pendii denudati da disboscamenti ed incendi, oppure  divorati dalle capre e dai conigli importati. Resistono le giungle, ma le specie invasive stanno stringendo d'assedio le loro piante uniche ed autoctone e gli animali a cui danno cibo e rifugio, milioni di anni di splendido isolamento distrutti prima da un pugno di avventurieri e poi da una minuscola comunità di coloni che si è finalmente accorta che l'equilibrio delle loro isole e la natura e la leggenda letteraria che attirano i turisti rischiano di scomparire per sempre.

Cristian Estades, un esperto di uccelli delle isole dell'Università del Cile, spiega che quel che è accaduto nell'arcipelago di Juan Fernández  «è un esempio da manuale di come degradare un ecosistema».

Le isole sono state dichiarate Riserva della Biosfera dalle Nazioni Unite nel 1977. secondo Isand Conservation, i 147 Km2  dell'arcipelago «sono 61 volte più ricchi di biodiversità vegetale e 13 volte più ricchi di uccelli rispetto alla Galapagos». Ospitano ancora diverse specie di uccelli e 137 specie di piante e trovano in nessun'altra parte del mondo, come la  Dendroseris gigantea, una specie così rara, che fino a pochi anni fa, c'era solo un unico albero rimasto in vita. La Lista Rossa dell'Iucn classifica come a rischio di estinzione 49 specie di piante e 7 specie di uccelli delle Juan Fernández, mentre almeno 8 specie autoctone delle isole si sono già estinte. I loro nemici principali sono le piante e gli animali introdotti dall'uomo: non solo capre e conigli, ma anche gatti, ratti, topi e coati. I gatti sono particolarmente pericolosi per i colibrì, il cui numero è sceso a circa 1.000 esemplari, perché questi minuscoli e splendidi uccelli si sono evoluti un habitat dove non esistevano felini ed animali così abili a cacciarli.

I coloni cileni hanno tagliato gli alberi endemici ed hanno piantato specie continentali, mentre usavano la tecnica del taglia e brucia per far spazio alle coltivazioni, distruggendo così gli habitat degli uccelli. L'isola di Robinson Crusoe è stata invasa da rovi nativi dell'​​Europa e Nord Africa e da alberi da frutto della terraferma americana, è questa la vegetazioni invasiva che, insieme agli eucalipti importati, ha fatto più danni, pompando le acque di falda ed acidificando il suolo.

Ora un pugno di biologi, ambientalisti, insegnanti e funzionari del governo cileno sta lavorando con gli isolani a progetti per salvare le specie in via di estinzione, eradicando piante ed animali non autoctoni, ma ci vorranno tempo, fatica e molto denaro in isole così lontane dal continente sudamericano. Ma l'ornitologo statunitense Erin Hagen è convinto che, dopo secoli di inconsapevole devastazione, «Ancora pochi isolani sono disposti ad abbandonare i loro gatti o a rinunciare alla carne di capra e di coniglio per le loro cene. Ci sono persone che stanno prendendo la decisione di vivere senza questi animali invasive ed altre che sono molto legati ai loro animali domestico e poi ci sono tutti coloro che amano andare a caccia».  

Il Cile ha un piano da 12 milioni di dollari per mantenere le specie aliene lontane dall'arcipelago Juan Fernandez. Island Conservation ed alter Ong ambientaliste dicono che sarebbero necessari almeno 20 milioni di dollari solo per cominciare, da spendere subito in esche avvelenate da disseminare nelle foreste e per finanziare gli abbattimenti dagli elicotteri dei grandi mammiferi importati dall'uomo. Altri milioni di dollari dovrebbero essere investiti per tenere fuori dalle isole e specie invasive e per ripristinare quelle autoctone ed endemiche. Il problema è che neanche l'insufficiente piano del governo cileno è interamente finanziato e che, a questo punto, gli scienziati possono praticamente solo documentare la scomparsa delle specie delle isole.  

 

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