[04/10/2012] News

Negazionismo ambientale in pillole

Il 2012, come sa bene chi segue "Greenreport", è un anno di importanti ricorrenze. Fanno infatti vent'anni dall'Earth Summit di Rio de Janeiro, quarant'anni dalla grande conferenza delle Nazioni Unite di Stoccolma sull'ambiente umano come pure dalla pubblicazione dei Limiti dello sviluppo, ma soprattutto mezzo secolo esatto dalla pubblicazione di Primavera silenziosa di Rachel Carson, un'opera che ha avuto un impatto formidabile sulla nascita di una consapevolezza ambientalista a livello planetario.

Tutti questi anniversari vengono pressoché unanimemente commentati sottolineando successi e insuccessi, aspettative e delusioni, facendo bilanci e ricostruendo attentamente vicende e nessi. Prendendo insomma sul serio quei passaggi storici, qualunque sia il giudizio che poi se ne dà.

Un'eccezione forse marginale ma assai rivelatrice rispetto a questo approccio viene da un articolo pubblicato il primo ottobre dal quotidiano romano "Il Tempo" e firmato da Antonio Martino, docente di economia alla Luiss, ex esponente del Partito Liberale Italiano, fondatore di Forza Italia e successivamente ministro degli Esteri e della Difesa nei governi Berlusconi II e III.

L'articolo attacca in serrata sequenza dapprima il libro della Carson, quindi i Limiti dello sviluppo, e infine i paladini della battaglia contro il buco dell'ozono e del cambiamento climatico. La Carson viene accusata di aver detto il falso sui danni dei pesticidi e di averlo fatto consapevolmente ("E' lecito dubitare della buona fede della Carson"). I Limiti dello sviluppo vengono attribuiti a un supposto genio del computer, Jay Forrester, che si divertiva a "mettere assieme un gran numero di profezie". Il complesso dibattito sul buco dell'ozono viene definito isterico e ormai sepolto da un articolo del fisico Fred Singer, pubblicato - scrive lo stesso Martino - su un quindicinale perché nessuna rivista scientifica l'aveva accettato. L'ancor più ricco, complesso e drammatico dibattito scientifico e politico sul riscaldamento globale costituisce invece per Martino l'"isterismo più recente".

Al di là dei giudizi, che possono essere condivisibili o meno, colpisce che un docente universitario come Martino non si documenti, neanche per scrivere un articoletto di poche centinaia di parole al quale sarebbe sufficiente una rapida consultazione di Wikipedia. Oltre ad avere un tono caricaturale, la ricostruzione storica di mezzo secolo di dibattito ambientale è infatti punteggiata di sbagli pedestri come l'influenza decisiva di Carson su Aurelio Peccei e il "Club di Roma", l'attribuzione dei Limiti dello sviluppo (definito "un libercolo") a Jay Forrester, la descrizione dei Limiti medesimi come un semplice elenco di previsioni catastrofiche.

Questa trascuratezza non è però casuale. L'articolo non ha infatti finalità di ricostruzione storica, per quanto critica, ma intende essere un attacco politico diretto e assai robusto all'ambientalismo in generale. Alcuni passaggi non lasciano dubbi al riguardo. L'ambientalismo è definito già in apertura come "un movimento che ha oggi moltissimi seguaci in tutto il mondo: l'eco-catastrofismo con connesso partito dei teorici dell'imminente fine del mondo". Gli aderenti tale movimento - cioè i "verdi" - "non esitano a far ricorso al terrorismo psicologico, che usano con spregiudicata disinvoltura e spesso con successo". Le loro, tuttavia, "sono di solito profezie fondate solo sull'isterica opposizione al mondo moderno, sull'altrettanto isterica passione per un mondo pre-industriale assolutamente immaginario e sul desiderio di accrescere il potere pubblico per impedire le attività produttive private". Concludendo: "Sepolto il marxismo, il ‘verdismo' rappresenta la forza più insidiosa a favore dello statalismo, il pericolo maggiore per la libertà individuale".

L'articolo, è bene ribadirlo, non è comparso sui "grandi quotidiani nazionali", quelli che fanno opinione ad alto livello, né riflette il punto di vista ufficiale dei governi passati né tantomeno di quello attuale. E' bene però ribadire anche che esso è rivelatore perché non nasce dal nulla e non è del tutto isolato.

Martino è un docente universitario, è stato per molti anni ministro ed è un collaboratore assiduo e autorevole del think tank "Istituto Bruno Leoni", un centro studi promotore decisamente molto puro della teoria neoliberista, cioè di una drastica e quasi totale riduzione dell'intervento pubblico e della concessione della massima libertà alle attività individuali (si veda al riguardo l'aurea Breve storia del neoliberismo di David Harvey). L'Istituto Bruno Leoni (che vanta tra i suoi senior fellow nientemeno che l'attuale ministro dell'ambiente Corrado Clini) è collegato ad analoghi think tank neoliberisti statunitensi e alla rivista internazionale "Aspen", che condividono tutti un atteggiamento radicalmente contrario alle politiche di limitazione delle attività economiche a fini ambientali. La filosofia che sta alla base della posizione neoliberista in campo ambientale è infatti quella secondo la quale le imprese fanno il meglio per l'ambiente operando liberamente secondo gli stimoli del mercato, e - in ogni caso - se un problema ambientale si dovesse porre la sua soluzione può venire soltanto dalle scelte tecnologiche delle imprese medesime. E in questo senso la citata conclusione di Martino secondo cui il "verdismo" è il "pericolo maggiore per la libertà individuale" risulta del tutto coerente.

Da mezzo secolo, insomma, cioè proprio dalla pubblicazione di Primavera silenziosa, non solo il dibattito pubblico ma anche la ricerca scientifica riguardanti il degrado ambientale sono nel mirino di una strategia retorica basata su due assunti. Il primo è che laddove si verifichino dei problemi ambientali l'innovazione tecnologica e lo slancio imprenditoriale sono del tutto sufficienti a garantirne la piena soluzione (una parte di green economy sta sotto il segno di questo ragionamento). Il secondo è che gran parte dei problemi ambientali sono pure e semplici invenzioni di esaltati oppure di fautori occulti dello statalismo (Verdi fuori rossi dentro si intitola un pamphlet di "Libero" curato da Vittorio Feltri, Renato Brunetta, Franco Battaglia e Renato Angelo Ricci).

Quello che alcuni definiscono il "negazionismo ambientale" nasce dunque in questo contesto teorico e corre parallelo alla storia del neoliberismo, in quanto ciò che è in gioco - in buona sostanza - è la possibilità di impedire delle regolazioni ambientali che si tramuterebbero in aggravi dei costi di produzione o in limitazione delle vendite. La poderosa e organizzatissima reazione delle imprese chimiche statunitensi al successo di Primavera silenziosa è ormai consegnata alla storia in numerosi saggi di eccellente qualità: è proprio a quel frangente che viene fatta anzi risalire la nascita di un fortunato ramo dell'attività di public relations rivolto specificamente alle strategie di crisis management e di greenwash.

Ma il negazionismo ambientale, che trova oggi il suo terreno storicamente più impegnativo e fertile nel cruciale dibattito sul riscaldamento globale, ha in realtà una storia molto più lunga che Giorgio Nebbia ha meritoriamente per primo in Italia iniziato a scavare. Con l'impegno a ritornare sull'argomento, vale per ora la pena di indicare due bei suoi scritti di qualche anno fa facilmente rintracciabili in rete: "I nipotini del dottor Ure" (giorgio-nebbia.blogspot.com) e "Revisionismo ecologico" (www.fondazionemicheletti.it). Buona lettura! 

*Università della Calabria per greenreport.it

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