[02/10/2012] News

Mauritius vietata alla Rainbow Warrior, nave ammiraglia Greenpeace

«Greenpeace ipocrita sull’area marina protetta britannica nelle isole Chagos»

La Rainbow Warrior, una delle navi ammiraglie di Greenpeace, attualmente in azione nell'Oceano Indiano, non potrà attraccare a Port-Louis, la capitale di Mauritius, dal 12 al 14 ottobre, come invece prevedeva la tabella di marcia di Greenpeace International.

Secondo quanto scrivono i giornali dell'isola, il governo di Mauritius ha rifiutato l'ingresso nei suoi porti all'imbarcazione ambientalista perché Greenpeace si è schierata contro gli interessi di questa piccola Repubblica dell'Oceano Indiano. In particolare i mauriziani sono arrabbiati con Greenpeace per il suo appoggio incondizionato dato alla Gran Bretagna per la creazione di un'enorme area marna protetta nelle isole Chagos, sei atolli polverizzati in più di mille isolotti che fanno parte del British Indian Ocean Territory ma rivendicati da Mauritius. In realtà le Chagos ospitano a Diego Garcia una delle più grandi basi militari Usa realizzata grazie allo spostamento forzato degli abitanti a Mauritius ed alle Seychelles. Tra il 1967 e il 1973.

Port-Louis ha definito ufficialmente «Ipocrita» l'atteggiamento di Greenpeace sulle Chagos e in una nota sottolinea: «Il governo della Repubblica di Mauritius è profondamente dispiaciuto che Greenpeace International abbia scelto di chiudere gli occhi sull'escissione illegale dell'arcipelago delle Chagos da parte del Regno Unito, per dividerlo dal territorio della Repubblica di Mauritius, nonostante un largo riconoscimento internazionale, compreso quelli dell'Unione Africana, del Movimento dei non allineati e del Gruppo dei 77 e della Cina, della sovranità della Repubblica di Mauritius sulle Chagos»..

Per il governo mauriziano «L'atteggiamento di Greenpeace rivela pura ipocrisia, perché questi difensori dichiarati dell'ambiente sanno perfettamente bene che il progetto di Parco marino protetto alle Chagos esclude specificatamente la base militare e nucleare degli americani di  Diego Garcia, la sola isola dell'arcipelago in grado di produrre rifiuti di tutti i generi per inquinare l'ambiente».

Il governo del piccolo Stato insulare, uno di quelli considerati più attenti all'ambiente in Africa ed in testa alle classifiche continentali dello sviluppo umano e della democrazia, denuncia «Il silenzio di Greenpeace International su questo aspetto del cosiddetto provetto ambientale della Gran Bretagna».

Da sempre, come greenreport.it ha già scritto più volte, Mauritus sostiene che il progetto della enorme area marina protetta intorno alle Chagos «Non è che un sotterfugio per bloccare ogni eventuale ritorno  dei chagossiens nella loro isola natale». Un'ipotesi che è stata confermata da uno dei tanti messaggi confidenziali resi noti da Wikileaks che sono diventati un elemento di prova nel processo intentato da Mauritius contro la Gran Bretagna all'Alta Corte di Londra per contestare l'istituzione dell'Area marina protetta. «Greenpeace International non può ignorare questo dettaglio, a meno che questa Ong non abbia altri interessi da difendere», sottolinea il governo di Mauritius.

La seconda ragione (che sembra quella più economicamente pesante) che Mauritius avanza per impedire l'attracco della Rainbow Warrior è l'opposizione dell'associazione ambientalista contro la pesca a circuizione del tonno nell'Oceano indiano. Secondo il Seafood Hub di  Port-Louis si tratta  di «Una posizione suscettibile di nuocere ai nostri interessi, con conseguenze nefaste».

Recentemente Greenpeace ha chiesto il divieto delle tonniere a circuizione che stanno riducendo fortemente gli stock di tonno e di altri pesci nell'Oceano Indiano ma il governo di Mauritius ribatte che «Le tesi diffuse da Greenpeace International sono in netto sfasamento, per non dire in netta contraddizione, con le conclusioni degli studi scientifici condotti dalla Fao e dall'Indian Ocean Tuna Commission che garantiscono che gli  stock sono relativamente stabili. Questa campagna contro le tonniere a circuizione rappresenta una vera minaccia per le attività conserviere del tonno a Mauritius, con importanti investimenti in via di realizzazione. Dobbiamo prendere delle misure precauzionali ed essere vigili per non mettere in pericolo un settore economico di quest'ampiezza». Il divieto delle campagne di pesca al tonno  con le reti a circuizione nell'Oceano Indiano chiesto da Greenpeace, secondo la stampa di Maurtius «Metterà a dura prova  l'approvvigionamento in materie prime delle tre fabbriche conserviere di tonno operative e di una quarta annunciata per l'anno prossimo». Il governo di Port-Louis sta pensando di realizzare un coordinamento con altri Paesi dell'Oceano Indiano come le Seychelles e le Comore, ma anche con il dipartimento francese di oltremare della Réunion, «Ugualmente minacciati, per contrastare l'offensiva di Greenpeace nelle regione».

Il tour nell'Oceano Indiano della Raimbow Warrior segue di 4 mesi la spedizione dell'Arctic Sunrise nelle acque davanti al Senegal ed alla Mauritana per contrastare la pesca industriale. Il 28 settembre la Raimbow Warrior  ha gettato le ancore a Città del Capo, in Sudafrica accolta da numerosi sostenitori.

Greenpeace sottolinea che l'Africa è «Un continente nel quale le risorse alieutiche continuano a nutrire e ad arricchire persone di tutto il mondo, mentre i suoi bambini non riescono a soddisfare i loro bisogni più elementari. In effetti, sull'esempio dell'Africa occidentale, le acque mozambicane, malgasce e delle  Seychelles attirano flotte di navi straniere che le derubano delle loro ricchezze».

La missione della Rainbow Warrior lungo le coste e le isole dell'Africa orientale ha l'obiettivo di «Documentare ed esporre le attività delle navi straniere che saccheggiano le acque dell'Oceano Indiano e che minacciano i mezzi di sussistenza e la sicurezza alimentare di milioni di persone, così come la biodiversità marina di questo mare».

Secondo Greenpeace Africa si tratta di «Minacce ancora più gravi per il fatto che la maggioranza dei nostri Stati non dispone di mezzi efficaci per assicurare la sorveglianza effettiva delle loro Zone economiche esclusive (Zee) , esponendosi così al flagello della esca illecita, non dichiarata e non regolamentata».

Il no di Mauritius è un brutto incidente per una spedizione che per settimane cercherà di far capire i pericoli della pesca industriale internazionale e di difendere la piccola pesca artigianale delle comunità locali, chiedendo politiche della pesca sostenibili e l'istituzione di una rete mondiale di riserve marine che coprano il 40% della superficie dei mari e degli oceani del mondo.  

 

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