[10/09/2012] News

Tunisia, il governo ignora la tragedia dei suoi migranti e frena la rivoluzione dei gelsomini

Mentre proseguono le ricerche dei dispersi e si infittisce il mistero sul naufragio del 6 settembre a Lampione, vicino Lampedusa, l'accavallarsi di notizie contraddittorie non fa che aumentare la rabbia e lo sconcerto in Tunisia, dove il nuovo governo islamico è alle prese con la rivolta delle donne contro la proposta dell'articolo della Costituzione che le definisce "complementari" all'uomo e con la difficile transizione del post-dittatura.

Il giornale Tunisino La Presse ripercorre questa ennesima tragedia dei suoi compatrioti probabilmente scaricati in mare a Lampione, il primo scoglio italiano ed ancora geograficamente africa, dai trafficanti di carne umana che sono passati indenni attraverso il regime di Ben Ali e dalla rivoluzione dei gelsomini.   

Nessuno sa davvero che fine hanno fatto i fantasmi che mancano alla conta dei 136 migranti che, secondo le testimonianze, sarebbero salpati dalla Tunisia e che le vedette della Guardia costiera e dei carabinieri italiani stanno cercando insieme alle navi ed elicotteri tedeschi e turchi della Nato.

La Prese però sottolinea: «Ci si attendeva che il governo decretasse il lutto nazionale. Niente». Dopo che l'informazione dell'ennesima tragedia del mare è giunta in Tunisia, almeno fino a ieri l'unica cosa che si è notato è stato il silenzio del governo di Tunisi e dei suoi mezzi di comunicazione. «Visibilmente l'affaire nuoce all'establishment - scrive il giornale - Quindi si fa come all'alba dei tempi davanti alle cattive notizie. Si distoglie lo sguardo. Come se ignorarle potesse annichilire l'ingiustizia o riparare i torti».

Ma il governo islamico tunisino sembra preoccupato di altro che delle grida di aiuto e di dolore dei suoi cittadini finiti su un isolotto italiano ad invocare la protezione di Allah mente annegavano nel Mediterraneo o raggiungevano infreddoliti gli scogli. Come ricorda La Presse, «Lo stesso giorno in cui questi tunisini perivano, dei partigiani dei partiti che governano indirizzavano i cittadini gli uni contro gli altri. Siamo in una logica di parte assurda. D'altronde, la miseria non ha un partito. Colpisce indistintamente e i tunisini che ne patiscono raggruppano un largo spettro di fasce sociali sfavorite e pauperizzate».

Pochi giorni fa, durante una manifestazione filo-Ennahdha, il principale partito islamico al governo, alla Kasbah di Tunisi, il parlamentare "costituente" Habib Ellouze si è scagliato violentemente contro i media tunisini colpevoli di non aver detto che il governo avrebbe creato 100.000 nuovi posti di lavoro e realizzato un tasso di crescita del Pil del 5%. Cifre che secondo giornalisti ed economisti sono poco più che propaganda.

E' anche perché Ennahdha vuole presentare il "miracolo islamico" di una Tunisia risanata e prospera ed attirare investitori stranieri che i  136 emigrati clandestini naufragati, gettati a mare o spariti a Lampione diventano "contre-révolutionnaires", gente dà lasciare nell'ombra, traditori della Patria che però seguono le stesse tragiche tracce della fuga dei molti militanti islamici dalla dittatura "laica" di Ben Ali. E' per questo che, come scrive la Presse queste notizie vengono attribuite come a «Gente appartenente a qualche circolo oscuro dei media ostili». Ma «è un fatto. La miseria produce l'esclusione. E l'esclusione genera il risentimento e le vittime. Non c'è alcuna considerazione ideologica o di partito che tenga. Il problema è che il governo ed i pro-governativi non sanno proprio comunicare. Parlano quando ci guadagnerebbero a tacere. E tacciono quando dovrebbero parlare. Il dramma delle decine di tunisini scomparsi al largo di Lampedusa dovrebbe ricondurre i responsabili alla triste realtà. Il Paese va male. Non serve a niente versare tutto il suo fiele sui media. Le proteste sociali ricorrenti in diverse regioni ne sono la testimonianza. Attestano che gli indicatori sono piuttosto in rosso. I discorsi basati sull'inganno non dissolveranno mai l'amara realtà».

Le crepe nel governo islamico cominciano ad allargarsi e dipendono da problemi che sono esattamente il contrario delle paure occidentali: Ennahdha si sta rivelando fin troppo moderata e filo-occidentale, pur dentro il tentativo di mettere il velo islamico ad una società molto laica e dove le donne ed i giovani non vogliono rinunciare alle conquiste civili.

Il 7 settembre, mentre arrivavano le tragiche notizie da Lampione, migliaia di persone hanno manifestato a Tunisi per chiedere al governo di risanare il Paese chiudendo i conti col passato dittatoriale.

I manifestanti che hanno accolto l'appello del Coordination nationale pour la mise en oeuvre de l'amnistie générale e della campagna  "Ekbess" (Datti una mossa!), un movimento informale vicino ad  Ennahdha, hanno chiesto di fare piazza pulita dei sostenitori del vecchio regime e di accelerare i processi per corruzione e di attivare l'attuazione della legge sull'amnistia generale. Tra i manifestanti c'erano molti rappresentanti di associazioni islamiche considerate vicine al governo di Ennahdha e il presidente di "Al Karama (Dignità) pour le prisonnier politique" ha detto all'agenzia Tap che il coordinamento aveva indetto la manifestazione essenzialmente per l'attivazione dell'amnistia generale ed ha esortato il governo ad «Accelerare l'apertura dei dossier di corruzione» e ad «Opporsi alle forze controrivoluzionarie».

Il sospetto che gli islamisti conservatori di Ennahdha siano teneri con gli esponenti della vecchia dittatura e che non abbiano molto interesse ad amnistiare i militanti di sinistra e islamici e sindacalisti finiti in galera, torturati ed esiliati sotto Ben Ali comincia ad essere più che un'ipotesi .

Il presidente del "Réseau tunisien de justice transitionnelle" Mohammed Gharbi, ha criticato «Il lassismo del governo nella realizzazione degli obiettivi della rivoluzione» ed ha chiesto di «Attivare il processo di giustizia transitorio o di lasciare il posto ai più competenti».

Anche il coordinatore di "Ekbess", Houssem Eddine Trabelsi, ha detto che «Questa manifestazione non è sostenere il governo, ma per protestare contro di lui. Questa azione punta a rispondere  agli obiettivi della rivoluzione», tra i quali c'era anche che i tunisini disperati e impoveriti non dovessero andare a finire annegati al largo di Lampedusa. I manifestanti chiedono che i corrotti vengano giudicati e che i vecchi dirigenti del Rassemblement constitutionnel démocratique vengano esclusi dalla vita politica, con la "bonifica" di tutti i settori dello Stato «Al fine di impedire il ritorno dell'autoritarismo». e il presidente del Mouvement Wafa (Fedeltà), Abderraouf Ayadi, ha detto che il suo partito sostiene ogni azione mirante ad attivare il processo contro gli ex sostenitori del regime di Ben Ali.

Alle proteste hanno partecipato anche giovani militanti e simpatizzanti del partito di governo  che hanno però una visione moderna e liberale dell'islam e che queste richieste vengano anche da manifestanti dichiaratamente islamici è confortante per il futuro della giovanissima democrazia tunisina ed è un potente antidoto alle tentazioni autoritarie di una parte di Ennahdha.

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