[04/09/2012] News

Lo scandalo della contraffazione nucleare della Corea del sud

La crescita verde e low carbon sudcoreana nasconde un rilancio del nucleare: 59% dell’energia elettrica nel 2030

A fine luglio in Corea del sud sono state arrestate  22 persone e tra loro c'erano anche diversi responsabili della Korea hydro and nuclear power (Khnp), l'impresa statale che si occupa del nucleare sudcoreano. Ieri, Le Monde spiegava che la vicenda ha preso il via il 27, quando è partita un indagine riguardante un responsabile dell'approvvigionamento della centrale nucleare di Kori, nelsudest del Paese asiatico. In cambio di bustarelle, l'uomo avrebbe fatto delle copie di pezzi di attrezzature utilizzate per  assicurare la trasmissione di dati tra il nocciolo del reattore e la sala di comando della centrale.

In Francia sono molto interessati alla vicenda perché il pezzo originale era stato acquistato dai sudcoreani dal gigante del nucleare francese Areva. Le Monde sottolinea che «l'impiegato avrebbe derubato il pezzo ed i piani nel 2009 per farli fabbricare da un industriale locale. Quest'ultimo l'ha riprodotto modificandolo leggermente, il che gli ha permesso di farlo brevettare. Poi ne ha forniti diversi alla centrale di Kori. Altri sono stati scoperti nella centrale di Yonggwang, nel sud-ovest del Paese».

La Khpn ha semplicemente detto che l'utilizzo dei pezzi copiati non comporta nessun rischio e che «anche se l'elemento è una replica di un prodotto straniero, l'industriale locale ha ottenuto un brevetto, il che significa che questo pezzo è originale». La Hhnp ha comunque chiesto al Korea institute of nuclear safety (Kins) di condurre un'indagine approfondita della quale non si conoscono ancora gli esiti.

Areva, che con la Corea del sud fa grossi affari, ma che è stata battuta proprio dai coreani per l'appalto di 4 centrali nucleari negli Emirati arabi uniti, dice di non voler commentare: «Preferiamo trattare direttamente con la Khnp». La multinazionale atomica francese non ha fatto nessuna denuncia  ma si propone di neutralizzare il brevetto, soprattutto all'estero.

Areva e le imprese nucleari francesi lavorano in Corea del sud dal 1981 e la Khnp è considerata un buon cliente, soprattutto per quanto riguarda l'elaborazione di una politica nazionale sudcoreana per il combustibile nucleare esausto.  Le Monde rivela che «Nel 2009 Areva ha venduto 6 generatori di calore. Da parte sua la Khnp è nel capitale della Société d'enrichissement du Tricastin (Set) e della miniera di uranio di Imouraren in Niger».

Ma l'affaire della contraffazione e della corruzione non è un fatto solato: un dirigente della stessa centrale di  Kori che è stato tre anni di prigione ha rivelato che valvole usurate ed arrugginite, destinate allo smaltimento, venivano ripulite e rivendute come nuove alla centrale di Kori. Ogni volta che vengono a galla notizie come queste la Khnp parla di casi isolati, ma le conclusioni dell'inchiesta sulla sua gestione parlano di «Una corruzione strutturale di una società pubblica».

La storia del nucleare sudcoreano è fatta di incidenti spesso nascosti, come l'ultimo del 19 agosto, quando la Knhp ha dovuto bloccare urgentemente il reattore 1 della centrale de Wolsong per problemi all'alimentazione. A febbraio il reattore 1 di Kori ha subito un'interruzione dell'alimentazione elettrica di 12 minuti che avrebbe potuto avere conseguenze molto gravi, ma il direttore della centrale ha fatto di tutto per nascondere l'incidente.

Un esperto di nucleare ha spiegato a Le Monde che una delle principali cause di questa deriva sarebbe «La pressione esercitata dal governo che mantiene il prezzo dell'elettricità ad un livello molto basso per sostenere l'industria del Paese». In questo contesto la casa madre della Khnp, la Korea electric power corporation, perde denaro e preme sulla sua filiale perché riduca al massimo i costi, a scapito della sicurezza. Da qui anche la tentazione di produrre in Corea.

Mentre la Corea del sud (Paese del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon) riceve premi per la sua svolta verde, nel 2008 il governo nel 2008 ha deciso di portare entro il 2030 al 59% la quota del nucleare nella produzione di energia elettrica, nel 2010 era al 32,18% (141,89 terawattora - TWh). La Corea del sud costruirà 18 nuovi reattori che andranno ad aggiungersi ai 21 già in funzione in 5 centrali:  Kori, Shin Kori, Ulchin e Wolsong, sulla costa sud-orientale e  Yonggwang, sulla costa occidentale. Intanto Seoul ha cominciato ad esportare la sua tecnologia nucleare.

La tanto declamata "green econmy" sudcoreana sa tanto di greenwashing: il 66% dell'energia è attualmente prodotta da energie fossili: gas, petrolio e carbone, e l'1,5 % dall'idroelettrico. Il tanto decantato piano della «Crescita verde low carbon», approvato nell'agosto del 2008 da presidente Lee Myung-bak, dichiara che la Corea del sud farà a meno delle energie fossili entro una cinquantina d'anni, ma intanto gli obiettivi a breve periodo sono modestissimi per un Paese fortemente industrializzato: entro quest'anno l'elettricità prodotta da fonti rinnovabili dovrebbe raggiungere appena lo 0,7% ed arrivare all'11% nel 2030, la metà di quanto prevede l'Unione europea per il 2020. Ridicoli anche gli obblighi per i 7 principali produttori di energia elettrica sudcoreani: dal 2012 dovranno produrre da fonti rinnovabili il  2% dell'energia venduta. Dietro questa retorica sulla crescita verde della Corea del sud si nasconde un forte rilancio del nucleare e di un nucleare con molte falle.

Gli sporchi affari venuti alla luce, le preoccupazioni suscitate nell'opinione pubblica dalla catastrofe di Fukushima Daiichi e le (molto discrete) pressioni dell'International atomic energy agency hanno costretto il governo di Seoul a intraprendere timide riforme: il 29 giugno 2011 è stata istituita  la Nuclear safety and security commission (Nssc), che dipende dal presidente della Repubblica e non più dal ministero della scienza che, insieme al ministero dell'economia, promuove il nucleare. Ma il centinaio di tecnici della  Nssc faticano a farsi prendere sul serio dalla Khnp. Il ministero della scienza giura che le centrali nucleari sudcoreane sono perfettamente sicure, però a fine 2011 ha sbloccato 1 000 miliardi di won (700 milioni di euro) per «migliorare la loro sicurezza» in 5 anni.

Intanto la Khnp ha avviato una grande operazione di pulizia, il suo presidente si è dimesso ad aprile e tre quarti dei suoi direttori esecutivi aggiunti saranno sostituiti a settembre. Abnbiamo il sospetto che tante teste che cadono non siano giustificabili solo con qualche pezzo fregato e copiato ad Areva.

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