[31/08/2012] News

Il futuro è adesso, ed è caldo!

La situazione climatica dell'estate del 2012 ci sta fornendo un ulteriore significativo segnale dei cambiamenti già in corso

La criosfera del nostro meraviglioso pianeta (cioè l'affascinante sfera del ghiaccio e il modo in cui si evolve sulla Terra) costituisce uno straordinario indicatore dei cambiamenti globali, in primis quelli climatici, che plasmano la Terra.

Da decenni gli studiosi della criosfera e i climatologi producono studi e ricerche che documentano gli effetti dell'intervento umano sul sistema climatico e quindi sulla sfera del ghiaccio, con il superamento di punti critici (Tipping Points)  con potenziali effetti a cascata, estremamente pericolosi per l'umanità intera, senza avere adeguate risposte dal mondo politico ed economico per quanto riguarda i necessari provvedimenti da prendere per evitarli.

La situazione climatica dell'estate del 2012 ci sta fornendo un ulteriore significativo segnale in questo senso. Ciò che è accaduto e sta accadendo dovrebbe costituire uno straordinario stimolo di riflessione e conseguente azione per il mondo politico ed economico. E dovrebbe esserlo più che mai ora a pochi mesi dalla 18° Conferenza delle Parti (COP) della Convenzione Quadro sui Cambiamenti climatici (vedasi www.unfccc.org) che avrà luogo a Doha e che dovrebbe essere cruciale per l'avvio di un nuovo accordo mondiale sul clima, mirato a ridurre significativamente le emissioni di gas che modificano la composizione chimica dell'atmosfera incrementando l'effetto serra naturale.

Già a luglio i comunicati della NASA sulla situazione dei ghiacciai in Groenlandia (vedasi http://www.nasa.gov/topics/earth/features/greenland-melt.html) ha scatenato un forte interesse. Per molti giorni a luglio la superficie di ghiaccio della Groenlandia ha subito un fenomeno di riduzione che ha interessato un'ampiezza di superficie mai riscontrata in 30 anni di analisi satellitari, tanto che numerosi scienziati non credevano ai loro occhi ed hanno fatto attente analisi e verifiche. Addirittura in pochi giorni dall'8 al 12 luglio le misure derivate dai raffinati sensori di vari satelliti hanno registrato una riduzione della superficie ghiacciata della Groenlandia dal 40 al 97% che ha coinciso con la presenza di una inusuale e significativa corrente di aria calda estesasi sulla Groenlandia stessa.  

I fenomeni che hanno interessato la criosfera della Terra in questa estate non costituiscono singoli episodi ma si inseriscono in un trend consolidato che dimostra sempre più chiaramente il cambiamento che sta avendo luogo nel sistema climatico con il raggiungimento di record molto preoccupanti, come quelli relativi alla riduzione massima della superficie di ghiacci artici mai registrata da quando esistono rilevamenti scientifici in merito.

Come ricorda correttamente il prestigioso National Snow and Ice Data Center (NSIDC www.nsidc.org)  la segnalazione dell'aver già sorpassato questo record che apparteneva ad oggi al 2007, non può essere considerata ancora una comunicazione ufficiale. Questa avrà luogo quando terminerà il normale periodo annuale nell'ambito del quale ha luogo la riduzione della superficie di ghiacci marini artici e che collima con la fine di settembre ma, è evidente, quanto grave sia il dato di fine agosto 2012 che conferma il costante declino che ha avuto luogo sin dagli inizi del mese e che ha già sorpassato il record 2007.

Ad oggi la superficie dei ghiacci marini artici è di 4.10 milioni di chilometri quadrati, cioè 70.000 chilometri quadrati in meno rispetto al dato del 18 settembre 2007 che costituiva appunto il precedente record. Includendo anche quest'anno siamo al sesto anno che viene registrata la più bassa estensione di ghiacci marini artici nel periodo dal 2007 al 2012.

La calotta dei ghiacci marini nell'Artico si forma naturalmente durante i freddi inverni artici per poi ridursi quando le temperature crescono in primavera ed estate fino al periodo relativo alla metà-fine di settembre. Ma nelle ultime tre decadi i satelliti hanno registrato un declino del 13% per ogni decennio nell'estensione minima di questa superficie.

L'estate del 2012 si prospetta quindi come una delle più calde e i primi dati raccolti ed analizzati, sembrano indicare valori addirittura superiori a quelli del 2003 che si è contraddistinto come  un anno particolarmente caldo.

Il 4 agosto è stato pubblicato sul "Washington Post" un editoriale del grande climatologo Jim Hansen (Nella foto), direttore del Goddard Institute for Space Studies (GISS) della NASA (www.giss.nasa.gov) e professore alla Columbia University, autore del bel libro "Tempeste" (Edizioni Ambiente) di cui abbiamo parlato più volte in questa rubrica  e che certamente non utilizza mezzi termini quando parla dei cambiamenti climatici in atto.

Resta famosa la sua deposizione sul cambiamento climatico che ebbe luogo al Senato degli Stati Uniti durante la caldissima estate del 1988 e che può essere letta nel bel libro curato da Dean Edwin Abrahamson "The Challenge of Global Warming" edito nel 1989 da Island Press per conto del Natural Resources Defence Council. Ebbene nel suo editoriale Hansen scrive:

«Quando ho testimoniato davanti al Senato nella calda estate del 1988, ho dato l'allarme sul tipo di futuro che il cambiamento climatico avrebbe significato per noi e per il nostro pianeta. Ho illustrato le gravi conseguenze dovute a temperature costantemente in aumento, dovute all'utilizzo dei combustibili fossili da parte dell'umanità. Ma vi devo confessare una cosa: sono stato troppo ottimista».

Hansen prosegue nel suo editoriale anticipando alcuni dati contenuti in un recente lavoro scientifico pubblicato sui prestigiosi "Proceedings of the National Academy of Science" da lui e da Makiko Sato e Reto Rudy dal titolo "Perception of Climate Change".

Lo studio è basato sull'elaborazione dei dati climatici reali, a partire dal 1951 e l'analisi di una loro eventuale correlazione con fenomeni di estremizzazione delle situazioni meteorologiche dovute al cambiamento climatico. I risultati della ricerca documentano che le anomalie di temperatura media stagionale si sono spostate verso temperature più elevate e la gamma delle anomalie è aumentata.

Sono stati osservati valori anomali estivi estremamente caldi, circa 3 volte rispetto alla deviazione standard di una curva gaussiana, costruita sulla base della dei dati climatologici del periodo assunto come riferimento (1951-1981).

Il caldo estremo, che ha interessato una porzione della superficie terrestre di poco inferiore all'1% nel periodo di riferimento, interessa ora circa il 10% della superficie terrestre.

Hansen, Sato e Rudy fanno presente che «possiamo affermare, con un elevato grado di confidenza, che le anomalie estreme come quelle in Texas e Oklahoma nel 2011 e Mosca nel 2010 costituiscono una conseguenza del riscaldamento globale».

Il climatologo statunitense in chiusura del suo editoriale pone un monito molto chiaro "Il futuro è adesso, ed è caldo!"

Ricordiamo che il dato relativo ai livelli di emissioni antropogenici riportato per il 2011 è certamente preoccupante: le emissioni globali di anidride carbonica sono incrementate del 3%, raggiungendo la cifra più alta di emissioni annuali di ben 34 miliardi di tonnellate. 

Questo dato segue quelli in crescita in tutti gli ultimi anni mentre nel 2009 si era verificato un declino delle emissioni dell'1%, emissioni comunque tornate a incrementare  del 5% nel 2010.

Sul numero della prestigiosa rivista scientifica "Nature" del 22 agosto è stato pubblicato un interessante studio di vari scienziati inglesi, francesi, australiani, alcuni dei quali del British Antarctic Survey (vedasi www.antarctica.ac.uk), primo firmatario il noto climatologo  Robert Mulvaney del BAS dal titolo "Recent Antarctic Peninsula warming relative to Holocene climate and ice shelf history".

La penisola antartica è una delle aree dove si sta registrando il più rapido riscaldamento sul nostro pianeta. Infatti le temperature medie registrate dalla Stazione meteorologica dell'isola James Ross hanno registrato un incremento di quasi 2 °C negli ultimi 50 anni.

Lo studio fornisce una dettagliata ricostruzione della storia climatica degli ultimi 15.000 anni dell'area della penisola antartica, in particolare attraverso le analisi delle carote di ghiaccio dell'isola James Ross con il rilevamento di numerosi dati che costituiscono elementi importanti da cui poter risalire alla temperatura dei vari periodi.

La storia di questi 15.000 anni dimostra periodi di temperature più alte ed altri con temperature più basse, ma da 600 anni le temperature locali vanno incrementandosi e sono seguite da un periodo di più rapido riscaldamento che ha avuto luogo negli ultimi 50-100 anni e coincidono con l'attuale situazione di disintegrazione dei ghiacci marini e del ritiro generalizzato dei ghiacciai dell'area.

Ormai la conoscenza che stiamo consolidando sugli effetti prodotti dal nostro intervento sui sistemi naturali è notevolissima; ed è veramente assurdo, in questo quadro, continuare a cincischiare, perdere tempo, rimandare, attendere.

Vogliamo aspettare il superamento dei punti critici per agire?

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