[28/08/2012] News toscana

Le province... e tutto il resto

La proposta di Rossi (Nella foto) sulle tre province toscane non ha certo placato  le polemiche a cui si è aggiunta anche quella  di ‘pisanità' ma soprattutto di decidere senza l'indispensabile concertazione istituzionale.

Così continua la sagra delle sortite a ruota libera come quella di un assessore comunale che dopo avere liquidato il tutto come una ‘farsa' aggiunge che se si volessero fare le cose sul serio basterebbe  mettere mano alla istituzione in Toscana di 50 comuni che con la regione potrebbero gestire il tutto. Vari lustri fa Massimo Severo Giannini che non era un Calderoli qualsiasi ipotizzò di portare gli oltre 8000 comuni italiani a 1000. Dopo qualche anno si registrò che erano aumentati sulla base anche di referendum. E anche dove si cercò come in Toscana di rimediare con le associazioni intercomunali che per qualcuno avrebbero dovuto addirittura anticipare e prefigurare i  nuovi comuni toscani, si dovette presto ingranare la retromarcia. Del resto si guardi alla telenovela del comune unico dell'Elba e non si faticherà a capire come le istituzioni vadano maneggiate con cura senza ‘trovate' bislacche e bischerate.

Ma veniamo ad oggi e all'area vasta che come ricorda Rossi in Toscana non è un oggetto misterioso. Vero. Ma forse vale la pena di ricordare alla luce anche di quanto appena detto che di area vasta si parlò non a caso  all'indomani della tardiva istituzione delle regioni e riguardo proprio alle province.  Con area vasta allora si intese un ente intermedio tra regione e comune che sulla base delle nuove competenze regionali ‘superasse' la vecchia provincia che appunto non andava abrogata ma ‘riformata'. Una provincia svincolata dal vecchio modello statale; prefetture, tribunali etc. La ‘nuova' provincia doveva integrarsi a tutti gli effetti nel nuovo modello autonomistico di cui le regioni e non più solo lo stato diventavano a tutti gli effetti referente fondamentale. Ed è il modello - in troppi lo dimenticano- fissato dal nuovo titolo V della Costituzione di cui si sono perse anche le tracce.

Torniamo al punto. Il provvedimento sulla base del quale ci si sta arrovellando e non solo in Toscana con queste norme  costituzionali non ha nulla a che fare. Ma va detto che quando il precedente governo decise che si sarebbe messo mano alla abrogazione delle province la sola motivazione fu che così si risparmiava e le province erano un ente inutile ( anche se costituzionale) e che erano già sopravvissute anche troppo a spese di pantalone e a vantaggio della casta. Sorprendersi ora di un tale  parto è un po' tardivo per non dire peggio. E vale per tutti istituzioni e forze politiche perché anche quelle non demagogiche alla Di Pietro hanno lasciato correre e ora non sanno bene quali pesci prendere. Se non si parte da qui sbudellarci tra pisani e livornesi serve a poco e conferma solo un imbarazzo politico-istituzionale che non riguarda solo le province e il loro destino ma anche quello del federalismo che se in Europa non gode di buona salute in Italia se la passa anche peggio. Accorpare le province  non in base a precise funzioni ma ai chilometri quadrati e alla popolazione è criterio che da solo mostra la corda. Ma per accorpare sulla base di criteri diversi bisogna rimettere a punto politiche regionali che entrino in rapporto con le diverse realtà territoriali che sono andate appannandosi e spesso sono entrate in conflitto senza che adeguate normative e programmi abbiano permesso di venirne a capo. Ha ragione quindi Rossi a pretendere risposte e proposte e non insulti. Ma anche per questo servono sedi e occasioni che finora sono mancate o sono state inadeguate e insufficienti.

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