[23/08/2012] News

«Green New Deal europeo»: la riflessione sull’intervento pubblico in economia si fa trasversale

«Strade, autostrade, porti, interporti, alta velocità, energia, termovalorizzatori»: per chi deciderà di investire, il viceministro allo Sviluppo, Mario Ciaccia, suggerisce ci sia una «sterilizzazione totale dell'Iva con un impatto di 5-6 punti di Pil e la creazione di centinaia di posti di lavoro». La facilitazione verte su quelle opere i cui oneri sono valutati come eccessivi per una concreta realizzazione: senza aiuti, sarebbero destinati a non partire. Con una spintarella, la loro messa in cantiere permetterebbe comunque di «non sottrarre un euro all'erario», ma anzi di super compensare la mancata entrata dell'Iva con l'apporto dato da «stipendi e indotto e dall'opera stessa generatrice di Iva».

Un'idea niente male quella di Ciaccia, che però dovrà prima essere valutata nella sua «compatibilità finanziaria ed europea» per poter entrare effettivamente nella "fase due" dei provvedimenti per la crescita allo studio dell'esecutivo, che domani si riunirà in un Consiglio dei ministri per un primo punto della situazione dopo le vacanze estive. Nonostante tutti i "se" del caso (l'iniziativa di Ciaccia era già stata bocciata a maggio perché giudicata insostenibile dal punto di vista finanziario), lo stimolo pubblico alla macchina economica ha ottenuto l'entusiasta placet di Confindustria. Il presidente, Giorgio Squinzi, ha affermato che «le nuove misure, e in particolare gli interventi su semplificazione, agenda digitale, green economy rappresentano un tassello importante per la ripresa italiana. Puntare in modo deciso sulla fiscalità come leva per favorire gli investimenti in grandi opere è una scelta che condividiamo pienamente».

Più che una scelta, data l'emergenza del momento storico, questa appare ancor prima come una necessità, che tra l'altro - eterogenesi dei fini - impone una riflessione sul ruolo della cosa pubblica nella gestione economica. Una riflessione trasversale. Riprendendo le fila di quella lanciata sulle pagine de l'Unità da Susanna Camusso (che chiede un intervento statale, magari tramite la Cassa depositi e prestiti, per salvare settori e aziende in crisi), il responsabile economico Pd, Stefano Fassina, oggi risponde che la proposta della leader Cgil «è uno strumento nella cassetta degli attrezzi della politica industriale», e afferma sullo stesso quotidiano che non sono questi problemi la cui soluzione possa essere lasciata «al solo mercato».

«La risposta - continua Fassina - sta in parte nel programma Europa 2020 e, andando oltre, in un vero e grande Green New Deal continentale che punti a riconvertire l'industria verso produzioni innovative, tecnologiche e ambientalmente compatibili». La domanda, a questo punto, è come possa incastrarsi la proposta di Ciaccia nello scenario di questo puzzle. Ciaccia calcola per l'Italia «un fabbisogno di infrastrutture pari a 300 miliardi, da qui al 2020», immaginando una contribuzione da parte dei privati per circa la metà del bottino.

La sterilizzazione dell'Iva potrebbe dunque aiutare a smuovere somme ingenti, e creare un buon numero di nuovi posti di lavoro, che mancano come il pane. Ciò non toglie che la cosa pubblica dovrebbe a questo punto spingere ancora di più sul pedale dell'indirizzo di politica industriale. Non tutte le infrastrutture arenate, o le più o meno grandi opere convergono nell'indirizzo di un «Green New Deal continentale», che rimane proprio il metaobiettivo verso cui dirigersi. Se si pensa che la maggior parte di questi 300 miliardi vadano destinati alla realizzazione di nuove autostrade, ad esempio, c'è di che preoccuparsi. Le misure allo studio del Governo non possono quindi prescindere da una valutazione coordinata delle necessità più stringenti che davvero ci indirizzino sulla strada di uno sviluppo più sostenibile. E le «nuove misure sulla green economy», come le chiama Giorgio Squinzi, non convincono affatto.

Il ministro Passera sembra intenzionato a puntare ad un raddoppio della produzione nazionale di idrocarburi (dal 10 al 20% della soddisfazione dei consumi interni, mettendo in dubbio anche l'off limits alle trivellazioni in mare entro le 12 miglia dalla costa) e un'ulteriore riduzione degli incentivi alle fonti rinnovabili. Lo stesso giornale di Confindustria, Il Sole 24 Ore, fa uscire oggi in edicola il mensile "IL" con uno speciale di 16 pagine che assomiglia tanto ad una promozione in pompa magna della «nuova frontiera degli idrocarburi», ovvero quella dello sfruttamento di gas non convenzionale. Non proprio il massimo della sostenibilità, ecco.

Eppure, sul fronte delle concrete possibilità economiche offerte su altri fronti da catene industriali sostenibili non mancano segnali positivi ai quali guardare. Uno di questi è sempre il Sole 24 Ore a riportarlo, in un articolo dal titolo "L'industria del riciclo batte anche la recessione", a riportare la soddisfazione del presidente Conai (Consorzio nazionale imballaggi) il quale sottolinea come mentre nel 2011 «il Pil italiano è cresciuto solo dello 0,4%» il fatturato dell'industria del riciclo degli imballaggi ha toccato quota 9,5 miliardi, con un +8% rispetto all'anno precedente.

Ed è proprio sull'industria del riciclo, ad esempio, che il Governo dovrebbe "insistere" con un preciso afflusso di incentivi pubblici - anche reindirizzando quelli già esistenti - per rafforzare la filiera del settore.  Questa sì, sarebbe una scelta decisa. Una scelta che potrebbe essere allargata anche a livello europeo attraverso il sostegno all'idea della creazione degli EuroUnionBond. A rilanciarla, oggi sul Sole 24 Ore, Romano Prodi e Alberto Quadro Curzio, che hanno proposto di intraprendere il percorso delle obbligazioni europee «per la stabilità e la crescita di tutta l'Eurozona», con garanzie comuni. Se davvero desideriamo un «Green New Deal continentale», dei GreenEuroUnionBond non sarebbero un'idea peregrina.

 

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