[21/08/2012] News

La via delle bonifiche è lastricata di buone intenzioni

La notizia è arrivata, nei giorni, scorsi da Fukushima. Ed è stata considerata dai media italiani di quelle minori. Che non vale la pena di dare. A questa notizia, tuttavia, la rivista scientifica Nature ha dedicato addirittura un editoriale,  giudicandola  piuttosto significativa. La notizia riguarda cinque tra i lavoratori che si stanno occupando della bonifica del sito contaminato dalle fughe radioattive dopo che l'onda di tsunami ha investito il complesso nucleare nel marzo 2011. I cinque hanno coperto col piombo i loro dosimetri, in modo che non potessero registrare le radiazioni assorbite. Il motivo è evidente: lavorare più ore, anche a rischio di superare la soglia del pericolo.

La TEPCO, la società privata proprietaria del complesso nucleare, si è scusata, sostenendo che i cinque lavorano non alle sue dipendenze, ma per conto di una ditta che ha avuto alcuni incarichi in un sub-subappalto.

La TEPCO è stata accusata spesso di scarsa trasparenza. Persino dal primo ministro giapponese. Non a torto. Proprio una decina di giorni fa la società ha reso pubbliche 150 ore di videoregistrazioni successive all'incidente di Fukushima in cui sia la scarsa trasparenza sia la scarsa efficienza risultano lampanti.

Da quasi 18 mesi tutto il mondo ha gli occhi puntati su Fukushima e sulla TEPCO. Per cui ha ragione Nature: quel lavoro affidato a ditte in sub-subappalto che in maniera così poco trasparente, appunto, arruolano lavoratori disposti a sacrificare la propria salute pur di lavorare dimostra una coazione a ripetere sconvolgente.

C'è un'altra notizia che riguarda un sito da bonificare cui i media hanno prestato poca attenzione in questi giorni. Alcuni giornalisti a Napoli hanno riportato che nell'area ex Italsider di Bagnoli ci sono da anni sacchi di plastica contenenti amianto dislocati a cielo aperto. La società che controlla il sito sostiene che non ci sono pericoli. Tuttavia la notizia dimostra almeno una certa precarietà e fragilità delle condizioni di sicurezza. Tanto più in una regione in cui più volte - l'ultima nelle scorse ore -  sono scoppiati incendi in siti di stoccaggio delle cosiddette ecoballe (rifiuti solidi urbani vagliati) che dovrebbero essere in sicurezza e ben controllate.

Ora in Italia si parla molto di bonifiche. In particolare della bonifica delle aree contaminate da inquinanti industriali a Taranto, per la quale il governo ha stanziato alcune centinaia di milioni. Ma il problema non riguarda solo Taranto (e Bagnoli). In Italia ci sono ben 57 aree da bonificare classificate come Siti di interesse nazionale (SIN). In più ci sono centinaia di siti minori.

Coprono un'area enorme, pari ad alcuni punti percentuali del territorio nazionale. E producono effetti sanitari non desiderabili: secondo lo studio epidemiologico Sentieri in queste aree la mortalità per cause che possono essere associate alle esposizioni ambientali è del 15% superiore a quella nelle aree non contaminate.

Per queste aree esiste un programma di bonifica, che in genere stenta ad andare avanti. Sia perché spesso mancano i soldi, sia per un eccesso di scrupoli: si vuole conoscere troppo - più di quanto si fa in altre zone d'Europa - prima di procedere nelle operazioni di recupero ambientale.

Ma la vicenda di Fukushima e le altre infinite di analogo tenore che succedono in Italia pongono un problema non banale. Le modalità con cui verranno effettuate le bonifiche: a Taranto, ma anche a Bagnoli e negli altri SIN. Le modalità teoriche si conoscono. E i tecnici italiani sono forse più bravi di altri nel progettarle, tenendo conto delle condizioni peculiari di ogni singolo sito.

Il problema vero è la gestione. Che deve essere assolutamente trasparente e con controlli rigorosi. Non ci devono essere ditte che spingono i lavoratori a sacrificare la propria e l'altrui salute. Non ci deve essere il minimo dubbio che i progetti vengano fedelmente realizzati. Il che, se non è facile in Giappone, è difficilissimo in Italia, che molto più in alto del Giappone nella classifica dei paesi più esposti alla corruzione e  dove molti territori sono controllati criminalità organizzata.

Bonificare si deve. Ma serve solo se la bonifica è reale.

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