[13/08/2012] News

Ilva, il conflitto di attribuzioni non oscuri l'urgenza di una politica industriale sostenibile

Il governo ha intenzione di fare ricorso alla Consulta per contestare i provvedimenti della magistratura.

Il governo ha intenzione di fare ricorso alla Consulta per contestare i provvedimenti della magistratura che rischiano di portare alla chiusura degli impianti dell'Ilva di Taranto. Lo ha reso noto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà (nella foto) convinto che le prerogative e i poteri del Governo nelle decisioni di politica industriale non possano sottostare alle misure e ai sequestri dei giudici tarantini.

«Partiamo dal presupposto che la tutela della salute e dell'ambiente è un valore fondamentale che anche il governo vuole perseguire e anche dal presupposto che noi rispettiamo le sentenze dei giudici. Però, alcune volte queste sentenze - ha spiegato Catricalà - non sembrano proporzionate rispetto al fine legittimo che vogliono perseguire e quindi noi chiederemo alla Corte Costituzionale di verificare se non sia stato menomato un nostro potere: il potere di fare politica industriale».

A proposito del rischio di uno scontro con la magistratura, il sottosegretario ha replicato: «Noi contestiamo un singolo atto ritenendolo sproporzionato. Noi abbiamo stabilito con un decreto legge in linea con un orientamento preciso del Tribunale della Libertà di continuare le lavorazioni che non sono dannose, che non sono nocive e nel frattempo cominciare seriamente la politica di risanamento. E abbiamo stanziato centinaia di milioni proprio per questo. Questo decreto legge resterebbe privo di qualsiasi valore se l'industria dovesse smettere di lavorare, se il forno si dovesse spegnere. Sarebbe un fatto gravissimo per l'economia nazionale, sarebbe un fatto grave non solo per la Puglia ma per l'intera produzione dell'acciaio in Italia". Infine, Catricalà ha spiegato che i ministri che saranno in missione a Taranto il 17 agosto "dovranno parlare con il Presidente della Regione, con la Provincia, con il Comune. Speriamo che possano parlare anche con il Procuratore della Repubblica. E' chiaro che dovranno parlare anche con Ilva. La missione è molto importante e potrebbe anche servire a evitare il ricorso alla Corte Costituzionale».

E mentre si consuma un conflitto di attribuzione senza precedenti nella storia industriale italiana, dopo l'allarme per la salute della popolazione, la vera preoccupazione è che i temi da mettere sul tavolo scivolino via in fretta dall'agenda della politica. Qualcosa, con la programmazione dei primi interventi di bonifica, si sta facendo, ma la ferita patita dal territorio pugliese è profonda e l'inquinamento accumulato è solo l'ultimo segmento di una non-strategia che ha ignorato l'ambiente e la prospettiva di uno di sviluppo sostenibile, uno sviluppo reale, di cose da costruire e da fare in fabbriche che si devono dedicare a produzioni ambientalmente sostenibili. Un nuovo modello di sviluppo, insomma, che si sarebbe dovuto contrapporre a un'economia finanziarizzata che considera le materie prime solo titoli sui quali investire (o disinvestire).

Appare dunque di grande valore, sia per l'opportunità che per gli argomenti, la lettera che il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e il presidente della Provincia di Livorno Giorgio Kutufà hanno scritto nei giorni scorsi al premier Mario Monti e al ministro dello Sviluppo Corrado Passera. «Malgrado l'attenzione del Governo sia giustamente indirizzata in questi giorni sul caso Ilva di Taranto - si legge nel testo inviato a Monti e Passera - anche la realtà di Piombino non può tuttavia prescindere da un intervento di politica industriale. Quella di cui si parla - sottolineano Rossi, Kutufà e Anselmi - è infatti una realtà che coinvolge circa 6 mila lavoratori, con la presenza di gruppi industriali quali Lucchini, Magona e Tenarsi Dalmine. Ed è su questa realtà che Regione, Provincia e Comune si sono fortemente impegnati, sia seguendo da vicino le vertenze industriali che facendo convergere le rispettive politiche su progetti congiunti di intervento, relativi per esempio alle bonifiche, alle infrastrutture e al credito». La missiva si chiude con la proposta di candidatura del Polo Siderurgico di Piombino per «un progetto di riconversione e riqualificazione produttiva, capace di offrire una soluzione complessiva alle varie crisi aziendali, affrontando allo stesso tempo le  questioni infrastrutturali, ambientali ed energetiche».

Seppur in due situazioni diverse, Piombino e Taranto, vivono, e hanno vissuto, senza una politica industriale, e in ciò possono essere accomunate. Il conflitto di attribuzioni è materia per legali e per quanto importante, rimarrà confinato nei tribunali e nelle stanze dei giudici della Corte Costituzionale. Ora serve altro. Serve investire in ricerca e pensare a un progetto di sostenibilità ambientale dei processi industriali, serve una riconversione ecologica di alcuni settori di attività. Servono nuove fondamenta per un'economia che possa contare su norme chiare, su una politica industriale ben definita e che guardi a una gestione sostenibile dei flussi di materia e di energia.

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