[06/08/2012] News

Siria, verso la stretta finale: fame e diserzioni nel regime

Il premier Riad Hijab scappa in Giordania, subito sostituito da Omar Ghalawanji

Kofi Hannan aveva gettato la spugna come mediatore Onu proprio mentre la Fao annunciava che nei prossimi te mesi «circa tre milioni di persone avranno bisogno di assistenza urgente in derrate alimentari, colture e bestiame».  Secondo il rapporto Fao la Guerra civile e la siccità nel 2012 hanno provocato perdite al settore agricolo siriano per 1,8 miliardi di dollari e colture strategiche come il grano sono tra quelle più colpite. Una tragedia umanitaria che sta rendendo insostenibile la permanenza del regime nazionalsocialista di Bahir al Assad e del partito Baath e dell'esercito dominati dalla minoranza alauita.

E' chiaro che la maggioranza sunnita che ormai sembra egemonizzare l'opposizione grazie ai cospicui finanziamenti di Arabia Saudita e Qatar ed all'appoggio dichiarato di Turchia, Usa e Paesi Occidentali, sta sgretolando il regime dal suo interno. Oggi c'è stata forse la diserzione più illustre e clamorosa: quella del premier  Riad Hijab (nella foto) che aveva giurato fedeltà eterna ad Assad e trattava con Russi, Iraniani e cinesi per ricevere aiuti pèer cacciare i ribelli. Oggi l'opposizione ha annunciato la sua fuga in Giordania e che l'ormai ex premier ha denunciato «Il genocidio collettivo commesso dal regime». La ricostruzione fatta dall'Esercito siriano libero (Esl) tende a "santificare" a posteriore Hijab che non aveva battuto ciglio davanti ai massacri ed ai bombardamenti dell'esercito lealista e che aveva applaudito entusiasta il discorso del dittatore all'insediamento del nuovo Parlamento fantoccio a Damasco, ma come si dice, al nemico che fugge ponti d'oro, soprattutto e quell'ex nemico potrebbe essere uno tra quelli scelti dagli americani per guidare la transizione post-Assad  garantendo che i sunniti non scivolino ancora di più verso la vendetta settaria contro alauiti, cristiani e sciiti amici del regime.

Da quel che si capisce il precipitare della crisi siriana in un bagno di sangue ha provocato una defezione di massa di almeno 10 famiglie legate a Hijab e l'intera nomenklatura baathista si starebbe preparando alla fuga o al cambio di casacca prima del crollo che si annuncia sanguinoso e senza misericordia. Si dice che lo stesso Assad sia pronto per partire verso la Russia o l'Iran. Ed ora Hijab, immemore e ripulito ex premier della dittatura, parla attraverso l'Esl che fino a ieri lo aveva messo nella sua lista nera e dice allibito dagli schermi della qatariana Al Jazira: «Il regime sta commettendo un genocidio collettivo, si tratta dei peggiori crimini che possono essere commessi. Mi unisco alla rivoluzione, ma sono stato al suo fianco sin dall'inizio». Naturalmente quando invitava a non avere misericordia contro i "banditi" dell'Esl che ora inneggiano a lui lo faceva solo perché «ero minacciato di morte. Tutti i ministri vorrebbero disertare  ma non possono perché in Siria vige uno stato di polizia: chiunque osi opporsi rischia la morte e così i suoi familiari», peccato che quello Stato di polizia sia stato voluto ed organizzato dagli stessi ministri aspiranti disertori. A proposito di ministri vogliosi di disertare, nuovo premier è stato nominato subito Omar Ghalawanji, vice-premier e ministro delle amministrazioni locali, altri 3 ministri avrebbero disertato, mentre il ministro delle finanze Muhammad Jleilati ha sbagliato i tempi ed è stato arrestato prima di riuscire a fuggire.

Ora Hijab, ex ministro, l'ex governatore di Quneitra e Latakia e da sempre d esponente di spicco del Baath che era stato nominato premier di formare il governo dopo le elezioni del 7 maggio, dice che i sorrisi e la gratitudine con la quale aveva orgogliosamente accettato l'incarico erano tutta una finta: «Non avevo altra scelta e se avessi rifiutato mi avrebbero ucciso. Ma sin dall'inizio ho pensato a come disertare e a contribuire a far crollare il regime. Ho interrotto le comunicazioni ieri, solo quando sono stato sicuro che i miei familiari sarebbero stati tratti in salvo».

Ora il pericolo è che il regime, sempre più disperato e militarizzato, tenti il tutto per tutto e spinga le sue offensive in corso a Damasco e ad Aleppo fino alle ultime conseguenze, trasformando davvero la guerra civile in un genocidio.

Una cosa è certa, chiunque vincerà questa guerra civile in Siria si troverà a fare i conti con un Paese distrutto e pieno di odi religiosi e vendette etnico-tribali e con un nemico quasi sconosciuto in Siria: la fame che nei prossimi 12 mesi colpirà la parte più povera della popolazione. 

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