[26/07/2012] News

Verdi e Legambiente: a Taranto anni di politiche sbagliate

Turroni: «Nel corso degli anni colpevolmente non č stata data alcuna risposta».

«Quanto sta accadendo all'Ilva di Taranto è il frutto avvelenato di una politica sbagliata, di colpe gravissime ed omissioni che partono da lontano e arrivano fino ad oggi. Pesantissime le responsabilità dell'azienda e di chi la ha diretta.  Ma la chiusura dell'impianto non è una soluzione. È necessario che le istituzioni presentino con la massima urgenza un percorso immediato e credibile per una drastica riduzione dell'impatto ambientale dell'azienda e per la bonifica dell'area», ha affermato Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd, commentando il sequestro con relativo blocco della attività di tre aree degli impianti dell'Ilva di Taranto disposto oggi dal Tribunale di Taranto.

Sulla vicenda, Sauro Turroni dei Verdi pone una questione:  «Il provvedimento della magistratura sull'Ilva di Taranto è la diretta conseguenza di un disastro ambientale e sanitario di proporzioni enormi a cui nel corso degli anni colpevolmente non è stata data alcuna risposta».

Duro anche il commento del presidente dei Verdi Bonelli. «A Taranto si è consumato il più grave disastro ambientale e sanitario gravissimo: il provvedimento della magistratura sull'Ilva sancisce la sconfitta delle istituzioni e della politica che nonostante fossero perfettamente a conoscenza della tragedia sanitaria e del disastro ambientale legato all'inquinamento non hanno fatto nulla per avviare una conversione ecologica di un modello industriale diossino-centrico». Lo dichiara il Presidente dei Verdi Angelo Bonelli che aggiunge: "Per anni è stata nascosta la verità ai cittadini di Taranto e all'Italia: solo la perizia epidemiologica e chimica della Procura è stata in grado di squarciare la cortina di omertà e di disinformazione costruita intorno alla vicenda Taranto. La magistratura ha fatto semplicemente il proprio dovere in una città dove 2-3 persone al mese muoiono di inquinamento: 386 decessi negli ultimi 13 anni».

«A Taranto è caduta una quantità di diossina tre volte superiore a quella di Seveso, sono stati abbattuti migliaia di capi di bestiame. A Taranto non si possono coltivare i terreni entro un raggio di 20 chilometri dall'area industriale, la mitilicoltura e la maricultura, sono state fortemente danneggiate. La diossina è entrata nel latte materno e piombo e cadmio nelle urine. Stiamo parlando di una città dove l'inquinamento pesa 210 chilogrammi per ogni cittadino - continua il leader ecologista -. E' sconcertante, però, che quando si parla di bonifiche il Gruppo Riva che negli ultimi hanno ha avuto utili per oltre 3 miliardi non sia chiamato a contribuire. E' assurdo che il principio che è alla base della legislazione europea, ossia 'chi inquina paga' valga per tutto tranne che per la vicenda Taranto».

«Il futuro di Taranto è nella conversione industriale così come è stata realizzata a Pittsburgh, Bilbao, città dove si è abbandonato un modello economico basato alla diossina - conclude Bonelli -. I posti di lavoro dell'Ilva possono essere salvati avviando subito le bonifiche che devono essere finanziate attraverso il contributo dello Stato, dell'azienda e del Fondo sociale europeo. Gli operai devono diventare i tecnici delle bonifiche. E' necessario poi che Taranto venga dichiarata No-Tax Area  per almeno 5 anni, misura necessaria per per attrarre investimenti italiani e esteri per investimenti su nuove aziende basate sull'innovazione, la Green Economy e un modello economico non inquinante».

 

 

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