[26/07/2012] News

Confindustria rinnega l'efficienza energetica e preferisce tornare al passato

La crisi è un'occasione di cambiamento verso la sostenibilità ... ma non per gli industriali

Il 23 settembre 2010 Confindustria spiegava che «l'efficienza energetica è un'opportunità di crescita per l'Italia e può avere un impatto positivo sull'occupazione e sulla bolletta energetica». In particolare aveva calcolato che «un piano di efficienza decennale 2010-2020, fondato su certezza normativa e incentivi al consumo di beni ad alta efficienza energetica per circa 16 milioni, stimolerebbe un aumento della domanda di circa 130 miliardi, un aumento della produzione industriale di 238,4 miliardi e una crescita occupazionale di circa 1,6 milioni di nuovi occupati. Una strategia che consentirebbe, inoltre, una riduzione di emissioni di Co2 pari a oltre 207 milioni di tonnellate con un risparmio economico di circa 5,19 miliardi». Non solo: «Investire in efficienza avrebbe anche un impatto sul benessere complessivo del Paese con un guadagno netto di oltre 14 miliardi di euro: risultato che si ottiene confrontando i benefici del risparmio in bolletta pari a 25.616 milioni, più il risparmio in costi di emissioni per 5.190 milioni, dedotto il costo degli incentivi di 16.667 milioni».

A due anni di distanza, constatando che nulla è stato fatto, il presidente di Confindustria Energia, Pasquale De Vita, in un documento messo a punto insieme ad Assoelettrica e inviato al ministero dello Sviluppo economico, secondo il quotidiano di via dell'Astronomia ha «poche illusioni per l'auspicabile incremento dell'efficienza energetica» nonostante venga ancora definita «la migliore strada per risparmiare senza tagliare», «sapendo che il nostro paese è già messo bene e ulteriori passi avanti «sono assai impegnativi e costosi».

Un deciso passo indietro, almeno ai nostri occhi, anche perché se è un problema di costi, non si capisce come mai invece si rilancia «la produzione nazionale di petrolio e gas, legando la nuova disciplina ad un'azione di sostegno della raffinazione italiana». Un'operazione di cui si può anche discutere, ma come minimo non certo gratuita. Le energie fossili tra l'altro sono già ampiamente sovvenzionate e ulteriori sostegni per rilanciare la produzione nazionale di petrolio e gas come minimo sono contrari a ogni giusto processo di carbon free. Spiegare poi che «esistono "ampi margini" per un travaso di risorse dagli sprechi messi a segno sulle fonti rinnovabili alla promozione mirata dell'efficienza» perché «gli ultimi decreti che ridisegnano gli incentivi alle rinnovabili vanno nella direzione giusta, ma la razionalizzazione deve essere completata» pur avendo alcuni argomenti comprensibili, traccia una linea ben precisa su dove guardi Confindustria. Ovvero al passato proprio quando invece la crisi doveva essere l'occasione per ripensare la produzione e il consumo di energia. Nel 2012 bollare gli incentivi alle rinnovabili come spreco e auspicarne il riutilizzo per la produzione nazionale di petrolio e gas, oltre a puzzare di iniziativa protezionistica, come altro si può definire se non una scelta contraria alla sostenibilità ambientale?

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