[25/07/2012] News

Mentre i trader giocano d'azzardo, la politica si veste da croupier: in palio c'è la democrazia

«Queste èlite finanziarie hanno avuto un'educazione sbagliata, anche se hanno frequentato grandi università. È come se fossero state preparate all'avidità, un insegnamento che poi mettono in pratica nelle loro professioni». Giulio Sapelli, storico dell'economia all'università Statale di Milano, dalle pagine dell'Unità ci va giù duro sui manager della finanza. La sua è una verità scomoda, ma è suffragata da numerosi studi sul «comportamento distruttivo» dei trader professionisti: se non è valida per ogni singola personalità finanziaria, lo è certo per una buona fetta del totale.

Tranquillizza poco, dunque, l'intervento di Zachary Karabell - «uno degli analisti più ascoltati dal mercato, titolare della società di ricerca River Twice Research» - raccolto dal Corriere della Sera: «Qualche operazione speculativa ci sarà pure, fa parte della fisiologia del mercato, ma oggi Wall Street sta largamente a guardare: i grandi investitori non scommettono più sul debito sovrano europeo perché la vostra situazione è troppo complessa, indecifrabile, i rischi sono troppo numerosi».

Se lo spread sale, dunque, la colpa non sarebbe della speculazione, ma di una «fuga dal rischio» da parte degli investitori. Se la domanda di titoli pubblici cala, lo Stato è costretto ad offrirli a tassi di interesse maggiori per attirare i potenziali investitori: semplicemente la legge della domanda e dell'offerta. 

Nel mondo della finanza ci sarà pure un aumentato appetito per l'economia reale, ritenuta - e a ragione - ben più solida, ma finché l'interesse del fondo d'investimento rimarrà il ritorno economico in brevissimo tempo (sottoforma di dividendo per gli azionisti) i tanto auspicati investimenti nella green economy per un nuovo e sostenibile modello di sviluppo rimarranno un miraggio: verrebbe anzi alimentata una nuova bolla finanziaria, da gonfiare tanto fino a farla scoppiare, col seguente fuggi-fuggi come in un film già visto. Sarebbero piuttosto gli investimenti a lungo termine, meno redditizi sul breve ma socialmente ed ecologicamente responsabili, a restituire alla finanza il suo ruolo fondamentale per l'economia reale, e a realizzarne la redenzione dopo la fase della speculazione diabolica. 

Oltre le opinioni, i fatti parlano comunque di una febbre speculativa sempre molto alta. La Consob ha infatti temporaneamente bloccato le vendite allo scoperto su titoli azionari di 29 tra banche e compagnie assicurative, proprio per frenare la montante speculazione al ribasso. Quando non vengono attaccati direttamente i titoli di Stato, il loro andamento sul mercato è comunque condizionato mirando vicino, soffiando sull'instabilità finanziaria.

E la famosa razionalità dei mercati? Riassumendo con le parole dell'ex premier spagnolo, Felipe Gonzàlez, su La Repubblica, «è una grande stupidaggine» continuare questa «stupida discussione sul fatto che i mercati abbiano o no un comportamento razionale [...] Perché parlano di razionalità? Certo, se c'è una decisione della Bce, se per una volta fa da banca centrale e annuncia che "se lo spread supera i 200 punti di base, mi faccio carico del debito", la festa speculativa è finita». 

Dato che le intenzioni della Bce rimangono ancora avvolte in una nebbia, il timore che il party sia appena all'inizio e attenda proprio agosto per esplodere rimane molto alto. «Molti singoli investitori perdono parecchio scambiando titoli, un'impresa che uno scimpanzé che lancia freccette non riuscirebbe ad eguagliare», scrive in Pensieri lenti e veloci Daniel Kahneman, psicologo premio Nobel per l'economia. «Benchè i professionisti riescano a strappare una notevole quantità di ricchezza ai dilettanti, pochissimi trader se non nessuno, hanno la capacità di battere sempre, anno dopo anno, il mercato», che nel suo complesso sarebbe più efficiente nell'incorporare nella quotazione tutte le informazioni disponibili sull'oggetto scambiato. Kahneman chiama questo bias cognitivo «illusione di abilità»: i traders sarebbero in massima parte fortunati o sfortunati, piuttosto che abili o incapaci, nelle previsioni a lungo termine. Non a causa della loro preparazione, ma dell'imprevedibilità del mondo in cui si muovono.

Gli stessi mercati finanziari non sono però composti da altro che dall'insieme dei soggetti che vi lavorano: la loro interazione determina i prezzi, che in un mercato reale non sono mai perfetti. Il cerchio si chiude, e non ci resta che domandarci se vogliamo restituire alla democrazia il controllo del potere, o se concedere alla finanza dai tempi rapidi del gioco d'azzardo di scommettere sulla nostra pelle di cittadini.

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