[24/07/2012] News

Siria, l’Onu preoccupata per le armi chimiche. Uno scenario irakeno per la guerra civile

In pericolo la vita di 500.000 rifugiati palestinesi

Il segretario dell'Onu Ban Ki-moon si è detto molto preoccupato per un eventuale utilizzo di armi chimiche in Siria: «L'uso di armi di distruzione di massa in Siria, quali le armi chimiche, sarebbe riprovevole - ha detto Basn  durante la sua visita in Serbia - Spero  sinceramente che la comunità  internazionale resti vigile per evitare una cosa simile. Non ho potuto verificare l'informazione secondo la quale la Siria dispone di un arsenale considerevole di armi chimiche quale quelle che ha affermato di avere il regime siriano».

La Siria non fa parte dell'Organisation for the prohibition of chemical weapons (Opcw) che è responsabile dell'attuazione della Convenzione per l'interdizione delle armi chimiche che tenta di eliminare tutte queste armi. 

La disperazione del regime nazional-socialista siriano lo ha portato ha minacciare l'uso delle armi chimiche e biologiche contro un  eventuale attacco straniero, ma ha detto che non verranno usate contro cittadini siriani. Bisogna capire se questo vale anche per i ribelli ed i disertori dell'esercito che vengono considerati  "agenti stranieri" al soldo della Nato e di Arabia Saudita e Qatar.

Ban Ki-moon ha ricordato che  «l'Onu si coordina da vicino con gli Stati e le parti coinvolte interessate e consulta regolarmente il Segretario generale della Lega degli Stati arabi Nabil El-Araby sulla questione del rischio di utilizzo di armi di distruzione di massa. Esorto l'insieme delle parti coinvolte,  tutte le forze del governo siriano e l'opposizione armata a mettere fine ai combattimenti. Bisogna mettere fine all'uso di mezzi violenti per risolvere la situazione. Bisogna investire ogni sforzo per aiutare il popolo siriano a superare la crisi».

Per la verità  quanto fatto fino ad ora sembra aver spinto ancora di più  il popolo siriano in una guerra civile che sta sempre più prendendo i connotati di un regolamento di conti tribal-religioso. Anche la minaccia delle armi chimiche porta alla mente una deriva  di tipo irakeno, drammaticamente sottolineata dagli oltre 100 morti in attentati integralisti a Bagdad e dintorni.  L'occidente non  sembra aver imparato niente dalle terribili lezioni irachena ed afghana e sembra voler ripetere i n Siria gli stessi errori. Anche a Damasco la rivolta democratica contro il regime baathista è stata lasciata marcire in un estenuate gioco diplomatico con russi e cinesi, poi ha preso il sopravvento l'estremismo sunnita munificamente finanziato dai petrodollari sauditi e di altre monarchie petrolifere assolute del Golfo (proprio come successe con i talebani e Bin Laden in Afghanistan e con i tagliagole sunniti legati ad Al Qaeda in Iraq).

Mentre statunitensi, europei e turchi pensano alle loro strategie geopolitiche, sauditi e qatariani hanno messo in piedi la jiad sunnita che punta a liberare la Siria dal regime ateo del dittatore apostata alauita e a fare piazza pulita della comunità cristiana (e sciita) che appoggia per paura e convenienza Bashir al Assad. Proprio come in Iraq. Una situazione che sta già avendo terribili conseguenze in Libano, ormai diventato nuovamente una polveriera confessionale pronta ad esplodere, con i cattolici maroniti storicamente anti-siriani che sembrano disposti ad allearsi con i più fedeli alleati di Damasco e dell'Iran: il partito/armata sciita di Hezbollah.

Mentre tutto questo succede il mondo si è dimenticato (come sempre) dei profughi palestinesi che vivono in Siria da ultimi tra gli ultimi e da discriminati tra i discriminati. L'United Nations relief and works agency for palestine refugees in the near east (Unrwa) ha dichiarato tutta la sua preoccupazione  per la terribile situazione in cui versano i 500.000 rifugiati palestinesi in Siria. Secondo l'Unrwa, «la situazione attuale nel  quartiere Yarmouk di Damasco e nel governatorato di Rif Dimashq, che ospitano sia  comunità siriane che palestinesi, sono particolarmente difficili».

I palestinesi, in maggioranza sunniti (ma anche con una minoranza cristiana) sono accusati dall'opposizione siriana di aver appoggiato il regime di Assad. L'agenzia Onu ha chiesto a tutte le parti in  conflitto di «prendere le misure necessarie per assicurare la protezione dei rifugiati palestinesi nel contesto del conflitto armato e di prendere misure per preservare la vita umane, evitare i trasferimenti forzati e assicurare che i rifugiati abbiano accesso all'assistenza umanitaria, quale quella richiesta dal  diritto internazionale».

Anche qui siamo di fronte  ad una situazione molto simile a quella in Iraq, con i palestinesi accusati (non sempre a torto) di sostenere il regime di Saddam Hussein. Ma c'è anche un altro aspetto che ricorda Bagdad: l'Unrwa sottolinea che «l'insieme delle parti coinvolte devono rispettare la neutralità delle installazioni dell'Onu e delle zone abitate dai rifugiati e da altri civili».

L'Unrwa è preoccupata  per la sicurezza del suo stesso personale e chiede ai combattenti di dar prova di calma ed alle autorità siriane di «assicurare la sicurezza dei rifugiati palestinesi ovunque risiedano in Siria». Ma in un clima di crescente fanatismo religioso e di vendetta tribale sarà difficile fermare la mano dei volenterosi carnefici che vogliono sterminare i palestinesi "amici" dell'apostata Assad.  

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