[11/07/2012] News

In un ambiente ricco di Co2 il turnover di radici, funghi e microbi è più veloce ed anche il ciclo della CO2 e dell’azoto

Ecology Letters pubblica un preoccupante studio da quale emerge che c'è un protagonista molto sottovalutato nello stoccaggio del carbonio che invece dovrebbe essere incluso nei modelli del cambiamento climatico globale: la diminuzione dell'efficacia di un "pozzo di carbonio" come i suoli forestali.

In "Roots and fungi accelerate carbon and nitrogen cycling in forests exposed to elevated CO2", un team di ricercatori statunitense-tedesco con a capo Richard P. Phillips dell'Indiana University, spiega che «un risultato comune in molteplici esperimenti di arricchimento di CO2 nei boschi è la mancanza di accumulo di carbonio nel suolo (C) per accumulo microbico della "vecchia" soil organic matter (Som). Tuttavia, le perdite di suolo C possono anche derivare dall'accelerato turnover dei "giovani" tessuti microbici che sono ricchi di azoto (N) rispetto all'accumulo Som».  I ricercatori hanno misurato i cambiamenti indotti dalle radici nelle dinamiche del suolo C nel sito del "Forest Free Air Carbon Dioxide Enrichment" (Face) una foresta di pini lobolly del  North Carolina esposta da 14 anni ad un  elevato arricchimento di  CO2 N analizzando gli isotopi stabili, le caratterizzazioni molecolari del Som e campioni microbici. I ricercatori sono stati in grado di calcolare il tempo del ciclo del carbonio nel suolo attraverso la crescita di radici e funghi in sacchetti di rete, etichettati uno per uno, che contenevano terreno. Poi hanno analizzato la loro composizione organica. Dicono di aver trovato «Una forte evidenza che il turnover  accelerato del C derivato dalle radici all'interno di un'elevata CO2 è di sufficiente grandezza per l'offset degli input sotterranei Inoltre le perdite di C sono associate ad un accelerato ciclo N, suggerendo che gli alberi esposti ad elevata CO2 non solo migliorano la disponibilità di N stimolando la decomposizione microbica del  Som "Via priming" ma aumentano anche la velocità con cui i cicli N  attraversano i pools microbici».

In parole povere, elevati livelli di CO2 atmosferica accelerano il ciclo del carbonio e la perdita di CO2 del suolo nelle foreste. La ricerca quindi conferma la crescente convinzione che, anche se le foreste rimuovono una notevole quantità di CO2 dell'atmosfera, gran parte del  carbonio viene stoccata nella biomassa legnosa vivente, invece che nella materia organica "morta" nel suolo.

Phillips ha sottolineato che «Dopo quasi due decenni di ricerca sulle risposte degli ecosistemi forestali al cambiamento globale, sono state risolte alcune incertezze su come le foreste stoccano il carbonio sulla base dei livelli di biossido di carbonio. E' stato suggerito che, dato che gli alberi assorbono più anidride carbonica dall'atmosfera, una maggiore quantità di carbonio andrà alle radici ed ai funghi per acquisire sostanze nutritive, ma i nostri risultati dimostrano che poco di questo carbonio si accumula nel suolo perché è anche aumentata la decomposizione delle radici e dei detriti fungini».

Una brutta notizia, visto che la CO2 immagazzinata nel suolo, rispetto a quella stoccata nel legno degli alberi, è più "gestibile" perché i terreni sono più stabili nel tempo, imprigionando così il carbonio per centinaia di migliaia di anni e non contribuendo all'aumento di anidride carbonica atmosferica.

Gli autori evidenziano che nella "Forest Free Air Carbon Dioxide Enrichment" anche che il ciclo dell'azoto è più veloce, dato che la richiesta di nutrienti da parte di alberi e microbi è crescita con  livelli di CO2 elevati.

Phillips. Sottolinea che «In questo sito la crescita degli alberi è limitata dalla disponibilità di azoto, quindi ha senso che gli alberi utilizzino il carbonio 'extra' preso all'interno di CO2 elevate prima che i microbi rilascino  azoto legato alla materia organica.  Quel che sorprende è che gli alberi sembrano prendere molto del loro azoto dalla decomposizione delle radici e dei detriti fungini che hanno meno di un anno».

Il duplice effetto del "microbial priming", nel quale i microbi vengono stimolati a decomporre la vecchia materia organica del suolo, attraverso un aumento del nuovo carbonio e di altre fonti energetiche, ed il  veloce turnover  del carbonio fissato dalle  radici recenti e dai funghi, spiegano la rapida del ciclo del carbonio e dell'azoto in corso nel  ta verificando nel sito Face.

«Noi la chiamiamo l'ipotesi Ramp (Rhizo-Accelerated Mineralization and Priming) e stabilisce che le variazioni dei livelli di trasformazione microbica di carbonio e di azoto indotte dalle radici sono fra i mediatori chiave delle risposte a lungo termine degli ecosistemi ai cambiamenti globali - conclude Phillips - La maggior parte dei modelli ecosistemici danno rappresentazioni limitate delle radici, e nessuno di loro comprende processi quali il "priming". I nostri risultati dimostrano che le interazioni tra radici e microbi del suolo svolgono un ruolo sottovalutato nel determinare la quantità di carbonio che viene immagazzinato e quanto sia veloce il ciclo dell'azoto. Così l'inclusione anche di questi processi nei modelli delle proiezioni dovrebbe portare un miglioramento a lungo termine dello stoccaggio del carbonio nelle foreste, in risposta al cambiamento ambientale globale». 

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