[06/07/2012] News

Ennesima sforbiciata alla ricerca. Ad una manovra che non colpisca i soliti ci pensa Hollande

La spending review è stata approvata in un tour de force notturno e confusionario, che si trasmette ancora oggi nella nevrosi delle notizie: durante il rito mattutino dell'apertura dei quotidiani, gli italiani ancora non avevano modo di capire i dettagli dell'operazione. Saltando da un giornale all'altro, saltavano anche le conclusioni. In particolare, alcuni dei nodi più spinosi riguardavano i tagli all'università pubblica (corrispettivo a nuovi fondi per le scuole non statali) e la soppressione di tutti i piccoli ospedali, opzioni infine cadute nel dimenticatoio. Esche inizialmente gettate per far scompiglio, direbbero i malpensanti.

Rimane comunque un obiettivo di tagli a lungo termine che oscilla attorno ai venti miliardi, spalmati fino al 2014, declinati nello sfoltimento di 18.000 posti letto nella sanità, nella mobilità o il prepensionamento del 10% e 20% (rispettivamente per impiegati e dirigenti) nelle piante organiche del pubblico impiego, in ulteriori tagli alle Regioni per 1 miliardo e 700 milioni di euro in due anni - che andranno a ledere i servizi al cittadino -, nella soppressione di 60 Province su 110 totali. Risorse centellinate offerte alle università non statali (nella misura di 10 milioni, rispetto ai 20 del passato), o all'immancabile settore dell'autotrasporto (400 milioni).

Il mantra di riorientare le pur scarse risorse disponibili, tramite tagli mirati, è stato completamente disatteso. Procedere per decreto, come anche stavolta è stato fatto, evidentemente non è il mezzo più opportuno per facilitare la fermentazione nel Paese della cultura per un rinnovato modello di sviluppo, che possa dirsi sostenibile senza che l'affermazione si riduca alla mera propaganda. Si è preferito dedicare ancora una volta un'attenzione morbosa ai soliti capitoli di spesa, il tutto per posticipare soltanto l'incremento dell'Iva di due punti percentuali, spostato a metà del prossimo anno.

Lo stesso mondo della ricerca, che del cambiamento dovrebbe piuttosto essere uno dei motori più potenti, è stato nuovamente amputato. Maria Cristina Pedicchio, presidente dell'Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica sperimentale, nella sua lettera al ministro Profumo, fiutando l'aria aveva sbottato: «Ma il risparmio per il paese in questa manovra dove sta?». L'Istituto che presiede - insieme all'Istituto nazionale di astrofisica, al Museo storico della fisica e al Centro di studi Enrico Fermi - sparirà, accorpato all'Istituto nazionale di fisica nucleare.  «Sarebbe invece opportuno garantire certezze - precisa Pedicchio - rispetto di tempi e modi su tutto quanto in atto oggi e soprattutto ridare fiducia ad un comparto come quello dei lavoratori della conoscenza invece di mortificarlo ulteriormente».

Intanto, mentre la Bce taglia i tassi allo 0,75% a parziale compensazione dell'allarme di Draghi («siamo a crescita zero»), l'Istat certifica l'ennesimo crollo dei consumi: il 35,8% delle famiglie italiane nel 2011 (anno peraltro double-face, visto che fino al giugno-luglio si era in crescita - anche se fiacca - e solo dopo si è entrati in recessione) arriva a tagliare quelle alimentari (e nel 2012 le cose stanno andando pure peggio). Stiamo parlando di più di un terzo della popolazione italiana totale, 20 milioni di persone: un numero enorme. «L'Italia e tanti altri sono in recessione», avverte l'economista Fitoussi, «una situazione dalla quale non si vede una via d'uscita a breve»: e, se non migliora, tutto lascia pensare ad un filotto di riduzioni di spesa che ancora ci attende. Eppure, anche in materia di tagli, vale la regola resa celebre da Keynes: «Le idee degli economisti e dei filosofi politici, tanto quelle giuste quanto quelle sbagliate, sono più potenti di quanto comunemente si creda». Tutto dipende da quale si sceglie di implementare.

Oltralpe, François Hollande prova ad imboccare un'altra via, almeno improntata alla maggiore giustizia sociale. Per recuperare i 33 miliardi che separano la Francia dall'obiettivo del deficit pubblico al 34% nel 2013, il presidente francese - come riporta la Repubblica - spinge ancora il suo cavallo di battaglia, l'aliquota Irpef al 75% per la parte dei redditi eccedente il milione di euro, accompagnato ad un tetto per gli stipendi dei manager pubblici, un innalzamento delle aliquote patrimoniali, e forse un aumento (discutibile) della Csgl, «un contributo sociale che colpisce tutti i redditi». Non sarà molto, ma se in questo caso anche le idee di Hollande non brillano per sostenibilità economica ed ecologica, almeno al lato della sostenibilità sociale sono molto più attente di quelle contenute nella nostrana spending review. Tanto per ricordare che non è affatto vero che "non abbiamo alternative": dobbiamo soltanto avere il coraggio di proporle.

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