[21/06/2012] News toscana

Mare Mostrum in Toscana: settimo posto ed aumento dei reati sule coste e in mare

Nella classifica del mare illegale stilata dal dossier "Mare Mostrum" di Legambiente, frutto dell'elaborazione dei  dati di  forze dell'ordine e Capitanerie di porto, la Toscana occupa un non esaltante settimo posto con un aumento dei reati sulle coste e in mare: 837 infrazioni accertate, il 6,4% del totale nazionale, 997 denunce e arresti, 125 sequestri.

Va meglio per quanto riguarda la classifica del mare illegale per numero di infrazioni per km di costa (comunque in aumento), dove la Toscana si piazza al 12esimo posto con 1,4 infrazioni accertate su ognuno dei 601,1 km delle sue coste. La Toscana risale invece nella classifica dell'abusivismo sul Demanio Marittimo: è sesta con 178 infrazioni accertate (5,6% del totale nazionale) e con 207 denunce e arresti e 36 sequestri.

Mare Mostrum sottolinea che «Le coste toscane sono da sempre ambitissime dalle lobby del cemento, sia autoctone che provenienti da fuori regione. A farne le spese sono principalmente l'Arcipelago Toscano, l'Argentario e la Versilia. Nel 2011 in questa regione sono stati accertati 178 reati urbanistici e edilizi (in netto aumento rispetto all'anno prima, quando erano 104), con 188 persone denunciate.  Numeri che fanno guadagnare alla Toscana il sesto posto nella classifica regionale per le illegalità  nel ciclo del cemento registrate in questa edizione di "Mare monstrum". A rendere ancora più preoccupante la situazione è l'interesse, già manifestato dalle organizzazioni mafiose, di investire in questa regione, sia nel settore immobiliare che in  quello turistico, i proventi delle loro attività illecite. Un indicatore di questa presenza è rappresentato dal numero di beni confiscati con sentenza definitiva: al 3 maggio 2012, secondo i dati dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, erano 62, tra immobili e aziende. I rischi maggiori per la salvaguardia del litorale  toscano, anche quest'anno, arrivano però dalle operazioni legali e in particolare degli interventi adottati sulla base di Piani urbanistici e scelte politico-amministrative dettate da esigenze (magari solo apparenti) di rilanciare il settore turistico, di élite e di massa. E la minaccia che tratti importanti del litorale toscano posso finire sotto l'onda d'urto di progetti di cementificazione forzata, seppure con le carte a posto, è sempre dietro l'angolo».

Il dossier prende ad esempio l'Isola d'Elba, presentando  vertenze vinte e nuovo cemento, partendo da "Elbopoli", lo scandalo giudiziario che nell'estate del 2003 ha portato alla luce una holding affaristica ramificata anche dentro le Amministrazioni locali e che ha visto coinvolti un giudice, un prefetto, due costruttori pistoiesi, un tecnico e un ex amministratore comunale del Comune di Marciana. A questa vicenda è legato l'ormai famoso ecomostro di Procchio, nel Comune di Marciana. «I lavori iniziarono ignorando il chiaro rischio idrogeologico in una zona attraversata da diversi fossi, subito dopo l'alluvione del 2002, evento che già allora mandò l'intera area sott'acqua - ricorda  Legambiente - Così vennero tirati su 7.500 metri cubi di cemento grezzo, che tali rimasero. Dopo l'ultima alluvione che ha colpito l'Elba nel novembre del 2011, provocando ingenti danni a Marina di Campo e allagando completamente la zona dell'ecomostro e la Piana di Procchio, il sindaco di Marciana, Anna Bulgaresi, e l'assessore all'ambiente della Regione toscana, Anna Rita Bramerini, si sono convinti che fosse arrivato il momento per abbattere definitivamente l'ecomostro e riqualificare l'intera area.

Anche perché è lo stesso scheletro a essere causa dei frequenti allagamenti, avendo sconvolto un'area dal punto di  vista idrogeologico assai fragile. Era stata stabilita anche una data: maggio 2012. Ma mentre in tanti - compresa Legambiente - si  preparavano a festeggiare l'arrivo delle ruspe e la liberazione del territorio da quell'obbrobrio, è arrivato l'annuncio del sindaco: l'ecomostro verrà  abbattuto ma solo a partire dalla fine di settembre. Il 13 giugno scorso, infatti, Regione, Comune e Provincia hanno firmato l'accordo per gli interventi di mitigazione del rischio idraulico a Procchio, per i quali la Regione ha stanziato risorse per oltre 5 milioni di euro. In base a questo accordo, si dovrà procedere alla completa ricostruzione di circa 3 km di corso d'acqua, cancellati dalle urbanizzazioni degli ultimi 30 anni (tra cui, appunto l'ecomostro di Procchio), ripristinando un reticolo idraulico oggi scomparso».

Legambiente dice che non sarebbero invece tollerabili  "compensazioni" o "trattamenti di favore" verso coloro che hanno commesso gli abusi edilizi» e per questo chiede che «Gli interventi (che verranno realizzati con soldi pubblici) servano davvero a mettere in sicurezza Procchio, non un pezzo della speculazione edilizia bloccata dalla magistratura. Se comunque una compensazione ci dovrà essere, si dovrà tenere conto del danno inferto al territorio da questa scellerata speculazione. Chi ha realizzato l'ecomostro non deve trarne nessun vantaggio, insomma: è la comunità che deve essere risarcita, non altri».

Il dossier ricorda anche una sconfitta, quella delle Paffe, al Cavo, nel comune di Rio Marina dove probabilmente al posto delle antiche tremogge nascerà un albergo sulla costa.  «Si tratta dalla riconversione a fini turistico-abitativi di strutture che non hanno mai svolto questo tipo di funzione, essendo le tramogge in questione dei depositi completamente prive di copertura, cioè semplici contenitori per immagazzinare calcare - denuncia Legambiente -  e non si capisce davvero come si possa parlare di recupero».

La Regione bloccò le parti del regolamento urbanistico più contestate e costrinse il Comune ad una seria revisione di alcune previsioni  fortemente cementificatorie. Sul piano di recupero delle Paffe era stata aperta anche un'inchiesta, ma  lo scorso 27 ottobre c'è stato il proscioglimento dei  10 indagati  in quanto non ci  sarebbe stata violazione delle norme perché successivamente all'intervento della Regione i progetti sono stati ritirati, come aveva chiesto Legambiente, per poi essere ripresentati nel regolamento rivisto.

A Rio Marina c'è anche il "Villaggio Paese" di Rio Marina che nessuno vuole più fare, «Una gigantesca speculazione edilizia da 47.500 metri cubi a Vigneria - spiega il Dossier - sorta sulle ceneri delle vecchie miniere. Dopo una serie di aste con offerte irrisorie o andate a vuoto è ormai chiaro che «L'affare del "Villaggio Paese" non sia così invitante: un modello di turismo chiuso, autosufficiente e separato da un paese di 2 mila abitanti, Rio Marina, dove ha chiuso anche l'ultimo albergo. Eppure il Comune di Rio Marina, attualmente commissariato, ha tentato inutilmente di "rilanciare" il catastrofico progetto, ma il mercato non ha nemmeno fatto finta di rispondere. Secondo Legambiente, «E' quindi arrivato il momento che gli enti locali intervengano direttamente nella vicenda, per chiudere una volta per tutte la  farsa delle aste per il "Villaggio paese" e scongiurare il pericolo di nuove inutili cementificazioni».

Invece per lo Spalmatoio di Giannutri, che fa parte del Comune del Giglio (Gr) «Tutto tace rispetto all'ecomostro sull'isola di Giannutri che Legambiente da anni a messo nel mirino di Mare Monstrum. A novembre del 2009 un articolo del quotidiano La Nazione riportò in luce la vicenda. Il sindaco, secondo il quotidiano, sarebbe stato intenzionato a definire con la società titolare degli immobili la pratica di condono dell'ecomostro, la cui vicenda giudiziaria si trascina, stancamente, da oltre 35  anni». Si tratta di immobili fatiscenti immobili in cemento armato, per circa 11 mila metri cubi, nell'insenatura dello Spalmatoio e nel Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano. «Delle costruzioni, iniziate negli anni '80 senza regolare concessione edilizia dalla società Val di Sol e poi interrotte, rimangono oggi alcuni scheletri in cemento e qualche villetta in completo stato di abbandono - spiega Legambiente - Essendo all'interno di un Parco nazionale, più che  di condono al massimo si potrebbe parlare di "recupero", anche se i manufatti in questione sono  e restano abusivi. Attualmente la proposta di accordo del Comune con i proprietari sarebbe quella di abbattere tutte le costruzioni singole non ancora completate e realizzate sulla punta posizionata a nord est della cala Spalmatoio. A questo punto, però, resterebbe in piedi ben poco: si potrà completare solo la costruzione di alcune unità immobiliari a schiera, parte delle quali andrà ceduta al Comune per insediare uffici comunali e altre strutture di pubblico interesse».

 

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