[06/06/2012] News

Le farfalle nella tempesta del global warming. Previste estinzioni locali per un terzo delle specie

Gli allarmi sugli effetti dei cambiamenti climatici sui lepidotteri si susseguono e sono confermati anche dal recente rapporto"LIFE and invertebrate conservation" del programma Life dell'Unione europea e dal Wider Countryside Butterfly Survey che rivela un preoccupante declino delle farfalle in Gran Bretagna. Ora uno studio dell'Oregon State University e dell'Universidad Rey Juan Carlos di Madrid sull'impatto dei cambiamenti climatici sulle farfalle suggerisce che alcune specie possono adattarsi molto meglio di altre, con implicazioni per l'impollinazione e le specie erbivore associate a questi ed altri insetti.

La ricerca, pubblicata su Ecological Entomology, esaminato i cambiamenti nei cicli di vita delle farfalle ad altezze differenti in una catena montuosa nella Spagna centrale e sviluppa un modello valido per alcuni dei prossimi cambiamenti provocati dall'aumento delle temperature, in particolare nei territori montani.

E' diffusa la credenza popolare che le farfalle abbiano una durata di vita molto breve, invece i lepidotteri, nel loro stadio adulto possono vivere da una settimana a quasi un anno a seconda delle specie. Molte specie hanno stadi larvali di lunga durata, mentre altre possono rimanere "dormienti" nelle loro fasi che vanno dall'uovo di uovo alla i pupa e quindi sopravvivere anche l'inverno.

Il team di ricercatori statunitensi e spagnoli ha scoperto che le specie di farfalle che tendono già ad uscire dal bozzolo in brevi periodi dell'anno, o che volano in ambienti ad altitudini più elevate nelle montagne, si sono evolute per affrontare con una finestra di opportunità di riproduzione più breve e quindi reagiscono peggio ad un clima sempre più caldo, rispetto a quelli che si trasformano in farfalle nel corso di un periodo di tempo più lungo. Lo studio ha esaminato per 5 anni 32 specie di farfalle a quote diverse in una catena montuosa del Mediterraneo ed i ritardi nella date dell'involo si sono verificati seguendo il dislivello.

Javier G. Illan, del Department of forest ecosystems and society dell'Oregon State University, spiega che «Gli insetti e le piante sono alla base della piramide alimentare e sono estremamente importanti, ma spesso ricevono meno attenzione quando studiamo gli impatti ecologici dei cambiamenti climatici. Ci stiamo già aspettando estinzioni localizzate di circa un terzo delle specie di farfalle, per questo abbiamo bisogno di capire come i cambiamenti climatici colpiranno quelle che sopravvivono. Questa ricerca mette in chiaro che alcune lo faranno molto meglio di altre. Le farfalle possono essere particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici e rappresentano un buon modello per studiare la più ampia gamma di effetti ecologici legati agli insetti. Le loro date di volo sono un indicatore rilevante delle risposte ai cambiamenti climatici futuri».

Gli effetti del riscaldamento globale non sono sempre negativi per le farfalle: il global warming sta salvando l'Aricia agestis (nella foto), diventata rara nell'Europa continentale, dove non riusciva più a trovare più il suo cibo, ma nel corso degli ultimi 20 anni questa farfalla è passato da specie in pericolo a una che sta ampliando il suo areale a nord, in Gran Bretagna, dove ha trovato un vero e proprio banchetto imbandito per lei dalla b natura. Ora, secondo un recente studio pubblicato su "Science", questa farfalla vive in un'area due volte più grande del suo areale originario e non è più a rischio di estinzione , secondo un recente studio della rivista Science.

Leonardo Dapporto, lo specialista di farfalle a cui si deve l'ideazione del Santuario delle farfalle "Ornella Casnati" dell'Isola d'Elba, spiega che «L'Aricia agestis è una piccola farfalla molto comune nell'area mediterranea e nelle isole toscane dove è segnalata per Elba, Giglio, Pianosa, Gorgona e Giannutri. I due sessi sono simili ed entrambi somigliano alla femmina di Polyommatus icarus. Per questa somiglianza, per le sue piccole dimensioni e per i colori poco vivaci, rischia di passare spesso inosservata. Si può però distinguerla abbastanza agevolmente da Polyommatus icarus per la maggiore intensità delle macchie arancio e per l'assenza di una macchia nera sulla pagina inferiore delle ali anteriori, che è invece sempre presente in Polyommatus icarus. La larva si nutre di varie piante del genere Helianthemium, Erodium e Geranium, la larva è mirmecofila ed è accudita da svariate formiche del genere Lasius e Myrmica. Vola da primavera ad autunno con due o tre generazioni. E' abbastanza comune sui pratelli del santuario».

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