[06/06/2012] News

Le centrali nucleari e a carbone vulnerabili ai cambiamenti climatici

Sempre meno acqua per raffreddarle

Nature Climate Change pubblica lo studio "Vulnerability of US and European electricity supply to climate change" nel quale un team di ricercatori provenienti da Austria, Germania, Olanda ed Usa ricordano che «Negli Stati Uniti e in Europa, allo stato attuale il 91% e il 78 del totale dell'energia elettrica è prodotto dal centrali elettriche termoelettriche (nucleare e combustibili fossili), che dipendono direttamente dalla disponibilità e dalla temperatura delle risorse idriche per il loro raffreddamento. Durante le recenti estati calde e secche diverse centrali termoelettriche in Europa e negli Stati Uniti del sud-est sono state costrette a ridurre la produzione a causa della scarsità delle acque di raffreddamento». 

Nello studio si dimostra che l'energia termoelettrica in Europa e negli Usa «E' vulnerabile al cambiamento climatico a causa degli effetti combinati delle portate estive più basse dei fiumi e dell'aumento delle temperature delle acque dei fiumi».

Utilizzando un "physically based hydrological and water temperature modelling frame work" in combinazione con un modello di produzione di energia elettrica, l ricercatori evidenziano «A seconda del tipo di sistema di raffreddamento e dello scenario climatico 2031-2060, una diminuzione media estiva della capacità delle centrali del 6,3 - 19 % in Europa e del 4,4 -16% negli Stati Uniti. Inoltre, le probabilità di riduzioni estreme (>90%) della produzione di energia termoelettrica sarà in aumento mediamente di un fattore tre. Considerando l'aumento della domanda futura di energia elettrica, c'è una forte necessità di migliori strategie di adattamento climatico nel settore termoelettrico per garantire la sicurezza futura dell'energia».

Il riscaldamento dell'acqua dei fiumi negli ultimi anni hanno portato ad una riduzione della produzione di elettricità o ad un arresto temporaneo di alcune centrali termoelettriche, come ad esempio la centrale nucleare di Browns Ferry in Alabama, che ha dovuto fermarsi più di una volta nell'estate 2011 perché l'acqua del fiume Tennessee era troppo calda per utilizzarla nel raffreddamento, riduzioni di attività e fermi si sono registrati negli anni recenti in centrali francesi ed europee.

Lo studio euro-statunitense prevede che nei prossimi 50 anni il riscaldamento dei corpi idrici e la diminuzione della loro portata renderà molto più frequenti queste interruzioni di attività, con arresti totali delle centrali che praticamente triplicheranno. Secondo uno degli autori, Dennis Lettenmaier, professore di ingegneria civile ed ambientale dell'Università di Washington, «Questo studio suggerisce che la nostra dipendenza dal raffreddamento termico è qualcosa che dovremo riverificare».

Le centrali termoelettriche, che utilizzano combustibili nucleari o fossili per trasformare l'acqua in vapore che aziona le turbine, consumano il 40% dell'acqua dolce utilizzata negli Usa, una cifra che in Europa arriva a circa la metà. L'università di Washington sottolinea che «Anche se gran parte di questa acqua viene "riciclata," le centrali contano su volumi consistenti di acqua, ad una temperatura particolare, per evitare che le turbine si surriscaldino. La ridotta disponibilità di acqua e di acqua calda, causata dall'aumento della temperatura dell'aria associata al cambiamento climatico, la media dei costi dell'energia elettrica sale e l'affidabilità diminuisce».

Anche le centrali con torri di raffreddamento avranno problemi, ma i risultati dello studio «Dimostrano che i vecchi impianti che si basano sull'"once-through cooling" sono i più vulnerabili». Queste centrali pompano l'acqua direttamente dai fiumi o dai laghi per raffreddare le turbine, per poi riscaricarla nei corpi idrici e richiedono elevati flussi d'acqua. Lo studio prevede gli effetti più significativi nelle centrali elettriche Usa situate all'interno e lungo i fiumi più importanti del sud-est che utilizzano la tecnologia "once-through cooling", come Browns Ferry e la centrale a carbone di New Madrid nel Missouri.

Lettenmaier evidenzia che «Gli scenari del caso peggiore nel sud-est provengono da ondate di calore durante le quali è necessaria energia per l'aria condizionata. Se hai una domanda di energia molto elevata e la temperatura del fiume è troppo alta, quindi è necessario chiudere l'impianto o tagliare al ribasso l'alimentazione verso il basso, hai un problema».

Lo studio ha utilizzato i modelli idrologici e delle temperatura dell'acqua, e hanno preso in considerazione due scenari di cambiamento climatico: uno con modesti cambiamenti tecnologici e uno che presume una rapida transizione verso le energie rinnovabili. Gli Usa e l'Unione europea hanno entrambi rigorosi standard ambientali per i volumi di acqua prelevati dalle centrali e per la temperatura delle acque scaricate. Periodi caldi unito ad una ridotta portata dei fiumi potrebbero quindi portare a ulteriori conflitti tra gli obiettivi ambientali e la produzione di energia. Scaricare l'acqua a temperature elevate provoca ancora un altro problema: l'inquinamento termico a valle.
Il principale autore dello studio, Michelle van Vliet, dell'università olandese di Wageningen, spiega che «I prezzi dell'energia elettrica e una perturbazione delle forniture sono notevoli preoccupazioni per il settore energetico e i consumatori, ma un'altra crescente preoccupazione è l'impatto ambientale delle temperature in aumento sugli ecosistemi fluviali, che interessano, ad esempio, i cicli di vita degli organismi acquatici».

Lo studio evidenzia che «Dati gli elevati costi e la lunga durata delle centrali, tali proiezioni a lungo raggio sono importanti per fare in modo che il settore dell'energia elettrica si adatti ai cambiamenti nella disponibilità dell'acqua di raffreddamento e conseguentemente di un piano di investimenti nelle infrastrutture».

Secondo Pavel Kabat, direttore dell'International institute for applied systems analysis austriaco, «Una strategia di adattamento potrebbe essere quella di ridurre la dipendenza dalle fonti d'acqua dolce e posizionare le centrali vicino a mare. Tuttavia, data l'aspettativa di vita delle centrali e l'incapacità di trasferirle verso una fonte d'acqua alternativa, questa non è una soluzione immediata, ma dovrebbe essere presa in considerazione nella pianificazione delle infrastrutture. Un'altra opzione è quella di passare a nuove centrali a gas che siano più efficienti centrali nucleari o a combustibili fossili e che utilizzino anche meno acqua».

 

Torna all'archivio