[31/05/2012] News

Ma quali grandi programmi pubblici europei? Un esempio sostenibile

Settima puntata dell'importante documento dei due storici ambientalisti in esclusiva per greenreport.it

Particolarmente degna di attenzione è - e non solo dal punto di vista del contributo energetico - la prospettiva di un'ampia produzione di energia elettrica da fonte solare proveniente dai Paesi della costa meridionale del Mediterraneo.

Basti pensare che il 5 per mille della superficie del Sahara è in grado di coprire i consumi di energia elettrica dell'Africa e della Ue al 2030 con le tecnologie solari oggi disponibili. Di questa potenzialità si sono accorte varie imprese europee che hanno dato vita a  Desertec, un progetto con l'obiettivo di realizzare entro il 2050, in aggiunta alla copertura del fabbisogno dei paesi della regione MENA (Middle-East, North Africa)  una capacità di esportazione pari a 100 GW di solare termodinamico (e non solo).

Abbiamo auspicato più volte che questa potenzialità suggerisse alla Ue di patrocinare colossali progetti comunitari - attraverso la Bei, con finanziamenti che la Bce potrebbe ad essi vincolare -  per "raccogliere" il sole del Sahara non certo solo per l'Europa, ma per dare, tramite progetti condivisi dall'altra sponda del Mediterraneo, energia, acqua e cibo ad alleviare le condizioni inaccettabili di tanti popoli africani. Ognuno può rilevare l'enorme differenza tra Desertec e un tale impegno, che costituirebbe il risveglio dell'Europa dal suo ibernamento tedesco per assumere finalmente una dimensione economica e politica.

E' ben evidente che anche a depotenziarne al massimo la dimensione politica, puntando soprattutto sulla valenza tecnica, economica e sociale di un tale progetto, grandi sarebbero le difficoltà politiche. A partire dai conti che la Ue dovrebbe fare col tipo di presenza di vari suoi Paesi membri nel contesto africano, col suo rapporto con la "primavera" araba del 2011 e con quel che ne resta - fra l'altro la rivendicazione Touareg di mezzo Sahara - e col ruolo di maggior responsabilità e ascolto da assumere, finalmente, nell'area medio-orientale.  E' esattamente questo tipo di capacità, di ruolo e di sintesi tra le diverse spinte e i diversi interessi nazionali, che, crediamo, è quel che si intende quando si richiede una dimensione e una presenza politica dell'Europa.

Altre gigantesche aree desertiche nel mondo, dal Gobi al deserto australiano, possono essere terreno di attuazione delle politiche globali di mitigazione dei cambiamenti climatici, con una valenza energetica, economica e sociale del tutto analoga.

Vale poi la pena di annotare che impegni di queste dimensioni e di questo impatto economico potrebbero svolgere una funzione correttiva del "nuovo squilibrio economico", come ha definito Giorgio Ruffolo alcune grandi distorsioni del mercato globale prendendo ad esempio la "Cina che si compra l'America". Infatti la Cina ha eseguito enormi spostamenti di capitale per comprare attività patrimoniali del mercato americano, "per un valore corrispondente al 20% del debito totale americano", a danno di quel miliardo di operai, contadini e minatori "che non sono stati investiti dall'onda dello sviluppo" come a Shangai o a Pechino. E la Cina concorre, in modo così rilevante e con conseguenze deprecabili sul terreno etico-sociale, al più generale squilibrio economico rappresentato dal fatto che i due terzi del risparmio mondiale affluiscono "nel Paese più indebitato del Mondo", cioè gli Stati Uniti. Invece, interventi di dimensioni gigantesche e con un imprinting politico come quello delineato, raddrizzerebbero in modo significativo le distorsioni indirizzando il risparmio non sulla rendita e sulla finanza, ma sulla produzione di un modello socio-economico globale e sostenibile. Globale non solo per le ripercussioni economiche e sociali ma anche per la produzione di energie rinnovabili, sostitutive dei combustibili fossili, a scongiurare  lo sconvolgimento climatico.

Sin qui una rassegna sintetica di percorsi possibili di uscita dalla situazione di crisi. Ingenue petizioni di principio? Ribadiamo che il clima sta cambiando: che il percorso della austerità stia portando al baratro della recessione comincia ad improntare pubbliche riflessioni, anche sotto la spinta delle vicende elettorali in Francia o in Germania o in Grecia. E anche in Italia la svolta verso la crescita viene annunciata da Monti anche se, poi, come già ricordavamo, c'è il vuoto di programmi innovativi e efficaci. Noi avanziamo qualche suggerimento.

7.continua

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