[30/05/2012] News

“Il Mundial dimenticato” del 1942 e i diritti dei popoli indigeni

Survival International, l'organizzazione che difende i diritti dei popoli indigeni, ha partecipato alla  campagna di lancio del film "Il Mundial dimenticato" con un video nel quale si chiedeva di «Assegnare alla Patagonia l'organizzazione dei mondiali di calcio del 2026. Una palese provocazione, subito raccolta da chi conosce gli obiettivi e le finalità di Survival - sottolinea l'Ong - lanciata per portare l'attenzione del pubblico sui popoli dimenticati del pianeta, che ancora oggi devono lottare per veder riconosciuto il proprio diritto a esistere e a essere ricordati». 

Il film di Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni, che domani esce nelle sale italiane, è ispirato a un'opera di Osvaldo Soriano; ricostruisce le pagine mancanti di una storia considerata "minore", cancellata dalla memoria del mondo. Infatti il film ricostruisce le fantomatiche vicende dei Mondiali di Calcio di Patagonia 1942, mai riconosciuti dagli organi ufficiali dello sport e rimasti per decenni avvolti nella leggenda senza che se ne conoscesse il vincitore. Il campionato fu organizzato grazie all'accanito impegno del Conte Vladimir Otz, stravagante e visionario mecenate illuminista di origini balcaniche, emigrato in Argentina negli anni ‘30.

La storia si apre con il ritrovamento di un misterioso scheletro con la macchina da presa negli scavi paleontologici di Villa El Chocon, nella Patagonia Argentina. Le indagini svelano che i resti umani appartengono a Guillermo Sandrini, cineoperatore argentino di origini italiane, ex fotografo di matrimoni e inventore per hobby, ingaggiato per "filmare i Mondiali in modo memorabile e rivoluzionario" (da una lettera del Conte Otz a Jules Rimet). La bobina contenuta nella macchina da presa di Sandrini promette di svelare la verità sul risultato della finale del Mundial dimenticato.

Francesca Casella, direttrice della sede italiana di Survival spiega così l'adesione dell'Ong al progetto: «Un film divertente, ironico, decisamente originale... La sua trama non ha legami apparenti con la missione di Survival, ma quando la produzione Verdeoro ci ha proposto di partecipare a questa campagna virale, abbiamo accettato con entusiasmo. Il Mundial dimenticato ci offriva l'opportunità di parlare a un pubblico del tutto nuovo e di richiamare, in modo originale e provocatorio, la sua attenzione sui popoli dimenticati del pianeta e sui pregiudizi che li affliggono». Survival ricorda che «I popoli indigeni contano almeno 370 milioni di persone, circa il 6% dell'umanità. Abitano in ogni continente e hanno culture diverse, ma l'unica esperienza che tragicamente li accomuna tutti è l'invasione delle loro terre, iniziata secoli fa in un bagno di sangue e condotta ancora oggi con determinazione e cieca brutalità. Le tribù della valle dell'Omo in Etiopia, i Papuasi in Nuova Guinea, i Nukak della Colombia, gli Innu del Canada e i Boscimani del Kalahari sono solo alcuni dei popoli costretti a confrontarsi quotidianamente con la minaccia di estinzione fisica o culturale. Particolarmente vulnerabili sono i popoli incontattati esposti alle violenze degli invasori illegali e alle malattie introdotte dall'esterno». 

Girato tra Argentina, Italia, Inghilterra, Germania e Brasile, il film è un racconto corale condotto nello stile di un documentario classico. Il più esperto ricercatore sul tema, il giornalista argentino Sergio Levinsky, guida un'inchiesta che attraversa l'America Latina e l'Europa, fino agli archivi di CinecittàLuce, dove sono state trovate alcune delle sequenze inedite più significative.

Le suggestioni di archivi inediti e spettacolari e di una ricca documentazione (fotografie, giornali locali, lettere, diari privati) si alternano a numerose interviste che coinvolgono sia i pochi testimoni viventi delle vicende, sia grandi personalità della cultura e del calcio (Roberto  Baggio, Osvaldo Bayer, Titì Fernandez, Joao Havelange, Pierre Lanfranchi, Gary Lineker, Victor Hugo Morales, Darwin Pastorin, Peter Tramp, Jorge Valdano).

Nella realtà, i diritti fondamentali di tutti i popoli indigeni della terra continuano a restare in fondo all'agenda politica dei governi nonostante i moniti delle stesse Nazioni Unite, che definiscono le loro sofferenze come "i più silenziosi olocausti della storia dell'umanità". Qualche giorno fa, in un appello di Survival a difesa degli Awá del Brasile, l'attore Colin Firth disse: «Quando i taglialegna li vedono, li uccidono. Archi e frecce non hanno chance contro i fucili...»

Ma, secondo Francesca Casella, «Ad uccidere i popoli tribali sono anche gli stereotipi che, dipingendo gli indigeni come "primitivi", "arretrati" o "selvaggi", continuano inconsapevolmente a perpetuare i pregiudizi razzisti tipici dell'epoca coloniale e a giustificare alcune delle più gravi violazioni dei loro diritti: lo sfratto dalle terre ancestrali, la sedentarizzazione forzata, la negazione dei loro stili di vita e la cancellazione delle loro lingue, culture e identità. Discriminazioni razziali che per i Mapuche si traducono anche in una gravissima incidenza di arresti arbitrari.

L'arma più efficace che abbiamo per contrastare con successo l'avidità e il razzismo che privano i popoli indigeni dei loro mezzi di sussistenza, delle loro terre e spesso anche della vita, è la pressione dell'opinione pubblica. Portare alla luce le violazioni inflitte ai popoli indigeni e garantire loro l'attenzione dei mezzi di comunicazione è il primo passo da compiere per costringere governi e aziende corrotti a rispettare la legge e la giustizia. Ci auguriamo che tutti i fan di Mundial dimenticato e del gioco del calcio decidano di scendere in campo al nostro fianco, per assicurare la sopravvivenza dei popoli indigeni e garantire loro il legittimo posto nel mondo moderno».

 

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