[16/05/2012] News

L'Europe de l'énergie di François Hollande

No al programma nucleare iraniano e difesa di Areva nel Sahel

Dopo aver nominato abbastanza a sorpresa primo ministro il sindaco di Nantes, Jean-Marc Ayrault, e l'incontro problematico (anche per motivi meteorologici) con la cancelliera tedesca Angela Merkel, il neo presidente francese François Hollande  traccia il profilo del suo governo  e lo fa richiamando continuità con il ruolo della Francia e scatti in avanti rispetto al "sarkosismo". 

In un'intervista a Slate.fr risponde così ad una domanda sul crescente disamore verso l'Europa e su come rilanciare il ruolo dell'Ue:  «L'ho detto nettamente. E l'elezione presidenziale ha inviato un nuovo segnale: se non c'è un ristabilimento della fiducia tra i popoli e l'Europa, assisteremo ad una crescita dei populisti che finirà per ostacolare il progetto europeo e, un giorno, per far fallire la zona euro. E' necessario un nuovo inizio per fissare nuove prospettive, aprire nuovi cantieri, proteggere i cittadini». 

Ma è da dove Hollande vuole far ripartire l'Ue che è interessante: «Piuttosto che ricercare dei nuovi progressi sull'Europa politica, propongo di cogliere una nuova sfida: dopo l'Europa dell'acciaio o del carbone o dell'Europa agricola all'inizio degli anni ‘60, il grande mercato degli anni ‘80, è "l'Europe de l'énergie" (l'Europa dell'energia), con obiettivi comuni in materia di risparmio energetico, di aumento delle energie rinnovabili, di sicurezza degli impianti...». 

Al  giornalista che gli chiede se scarta l'ipotesi di nuovi trattati europei, Hollande risponde: «Sì, oggi  ogni trattato istituzionale sarebbe difficile da far ratificare senza il ristabilimento della fiducia tra i popoli e l'Unione. Al contrario, un trattato sulla crescita, il lavoro e l'energia potrebbe mobilitare le opinioni. La Francia e la Germania possono così mostrare il cammino 50 anni dopo il trattato dell'Eliseo (1963), in particolare sugli aspetti educativi, universitari e culturali».

Dopo aver criticato la politica estera di Sarkozy e la sua impreparazione che ha condotto al fallimento dell'Union pour la Méditerranée, Hollande ha confermato di non condividere la posizione del presidente Usa Barack Obama sull'utilizzo delle riserve strategiche di petrolio per far calare i prezzi alla pompa: «Le rispetto, so quanto la questione dei prezzi dei carburanti pesi nel dibattito politico americano. In Francia, l'aumento continuo dei prezzi dell'energia non è privo di collegamenti con i voti populisti che hanno potuto esprimersi. Immagino che negli Stati Uniti esista la stessa esasperazione»

Poi il nuovo presidente socialista francese ha affrontato una delle questioni politico-energetiche più scottanti e imbarazzanti, soprattutto per una potenza atomica come la Francia: la crisi  legata al programma nucleare iraniano, ma qui Hollande ha confermato la linea Usa-Ue: «Non ho criticato la posizione ferma di Nicolas Sarkozy in rapporto ai rischi di proliferazione nucleare. La confermerò con la stessa forza e la stessa volontà E non ammetterò che l'Iran, che ha perfettamente diritto di accedere al nucleare civile, possa utilizzare questa tecnologia a fini militari». Come del resto ha sempre fatto la Francia...

Slate.fr  fa  notare a Hollande che Obama sembra più incline al negoziato del precedente governo francese, ma il presidente socialista non molla: «Gli iraniani devono fornire tutte le informazioni che sono loro richieste e finirla con le false pretese. Le sanzioni  devono essere rafforzate fintanto che sarà necessario. Ma io credo ancora possibile il negoziato per raggiungere l'obiettivo ricercato».

Ma sul nucleare Hollande ha un altro problema internazionale molto più "interno" l'esplosiva situazione del Sahel e delle sue ex colonie: «Sono molto preoccupato per quel che succede - ha detto Hollande -  Ho approvato l'intervento in Libia,  ma sono dispiaciuto che non sia seguito un "accompagnamento" e che oggi una parte dei relitti dell'esercito libico e delle forze che lo hanno sostenuto si ritrovi in questa zona  e destabilizzi il Niger ed il Mali. Non è la sola causa di disordini. La l'Europa deve comprendere che avrebbe un vantaggio ad accompagnare più fortemente lo sviluppo dei Paesi interessati». Ma Hollande si rende conto che nei Paesi del Sahel centro-occidentale , tutti ex colonie di Parigi, il neocolonialismo francese non ha certamente dato il meglio di sé, soprattutto per quanto riguarda lo sfruttamento dell'uranio da parte del colosso nucleare statale Areva, tuttavia non sembra pronto a trarne le conseguenze: «Noi abbiamo il problema specifico di Areva, che è per il Niger una fonte di ritorno economico molto significativa: vediamo bene l'interesse delle forze dell'Aqmi (Al Qaida del Maghreb islamico, ndr)  o legate a questa rete di impedire lo sviluppo del Niger», che d'altronde non ha certo  garantito a Areva, amica-padrona di tutti i dittatori e regimi autoritari che  si sono succeduti a Niamey. 

Ma la Nato non dormirà sogni tranquilli con Hollande che non è mai stato d'accordo con l'entrata a pieno titolo della Francia nell'Alleanza atlantica: «Rimpiango questa decisione, nelle condizioni  in cui è stata presa nel 2008. Gli obiettivi che erano stati posti,  soprattutto  il rafforzamento del pilastro europeo di difesa, non sono stati raggiunti. Non intendo però ritornare alla situazione anteriore, chiederò una valutazione sul campo  della Francia e  delle responsabilità  che ci sono state conferite nel comando militare». 

Per Hollande arriva una stroncatura da Réseau "Sortir du nucléaire": «Nonostante un probabile cambiamento di stile, l'elezione di François Hollande non innescherà una rivoluzione. Le promesse a geometria variabile di François Hollande testimoniano una spiacevole mancanza di ambizione e sono incompatibili con la transizione energetica», inoltre «Quando era candidato, François Hollande ha chiaramente affermato che non aveva alcuna intenzione di rimettere in discussione l'arma nucleare, il che costituisce una minaccia permanente, sia costosa che geopoliticamente inutile». 

Nell'immediato, "Sortir du nucléaire" «attende la messa in opera, senza ritardi, delle due promesse di minima di François Hollande: chiusura di Fessenheim ed abbandono effettivo del progetto di reattore a Penly» e avverte che «Durante tutto il quinquennato si mobiliterà più che mai per ottenere l'arresto totale ed immediate del programma Epr, la chiusura dell'insieme dei reattori, iniziando dai più anziani, la fine della produzione di Mox e l'abbandono dei  progetti di interramento delle scorie radioattive».

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