[15/05/2012] News toscana

Recepito la legislazione comunitaria in tema di tutela penale dell'ambiente, un convegno promosso da Arrr

Il nuovo decreto (recepisce le direttive 2009/123/Ce e 2005/35/Ce) ha esteso agli enti con personalità  giuridica (esclusi lo Stato, gli enti pubblici territoriali non economici e gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale), alle società  e alle associazioni anche prive di responsabilità  giuridica, la responsabilità  per una serie di reati contro l'ambiente - previsti dal dlg 152/2006 - come la gestione di rifiuti non autorizzata, il traffico illecito di rifiuti, lo scarico industriale non autorizzato, l'inquinamento causato da navi. Il decreto ha introdotto anche due nuovi reati nel Codice penale ossia l'uccisione, cattura o possesso,  fuori dai casi consentiti, di specie vegetali o animali protette e il danneggiamento significativo di habitat all'interno di un sito protetto.

Di tutto questo se ne è parlato nel convegno  "I nuovi reati per gli enti ai sensi del decreto legislativo 231 del 2001 e la relazione con i reati ambientali di cui al decreto legislativo 121/2011". L'iniziativa organizzata nell'ambito del ciclo di conferenze tenute annualmente dallo Sportello Informambiente di Arrr Spa.

Il decreto 231 ha introdotto nel nostro ordinamento il principio della responsabilità  dell'impresa per i reati commessi da propri dipendenti. In un primo momento la responsabilità  è stata circoscritta agli illeciti commessi nei rapporti tra le aziende e l'amministrazione pubblica, successivamente è stata estesa ai reati societari, a quelli finanziari, alla sicurezza del lavoro fino ai reati ambientali, Con il decreto 121 il legislatore ha esteso l'applicazione del decreto 231 comportando novità  e responsabilità  per gli enti. Ecco perché il convegno di Arrr si è rivolto a soggetti pubblici, enti, aziende, società  e soggetti che tutelano il territorio e svolgono attività  di controllo e accertamento, anche di carattere penale.

La responsabilità  dell'ente è presunta per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione  o di una sua unità  organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso (soggetti apicali), e da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno di tali soggetti. La responsabilità  dell'ente è autonoma rispetto al soggetto che ha commesso il fatto, tanto che sussiste anche quando l'autore non è stato identificato o non è imputabile.

Ma, - così come hanno sottolineato i molti interventi fatti durante il convegno - la responsabilità  dell'ente, viene meno se in sede giudiziale l'ente dimostra sia di aver adottato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire il reato, sia di aver in concreto attuato il modello organizzativo. Sarà  il pubblico ministero - in fase dibattimentale - a dover dimostrare il vantaggio o l'interesse dell'ente e la condotta cosciente del comportamento illecito. Il Sostituto Procuratore della Repubblica, Giulio Monferini, nel suo intervento al convegno di Arrr ha specificato che è «la polizia giudiziaria, quando effettua i controlli, deve verificare quali sono le prassi reali ossia se i dipendenti sono a conoscenza dei modelli e se questi sono effettivamente applicati perché in tal modo risulta più semplice per il Pubblico Ministero in fase dibattimentale dimostrare la responsabilità  dell'ente».

Sempre durante il convegno, inoltre si è parlato dei principali reati in materia ambientale, inclusi nell'alveo applicativo del D.lgs. 231/01, come il traffico illecito dei rifiuti, la raccolta, il trasporto e lo smaltimento senza autorizzazioni e di come tali reati vengono posti in essere al fine di ottenere un risparmio di costi. A tale proposito l'assessore regionale all'ambiente, Anna Rita Bramerini, ha sottolineato che «bisognerebbe potenziare gli impianti sul territorio onde evitare la circolazione dei rifiuti perché spesso, a causa anche delle forti contrapposizioni che sui territori ostacolano la realizzazione degli impianti, si rischia di favorire l'import export tra regioni o tra paesi confinanti, aggravando cosi il bilancio ambientale e, indirettamente, aprendo spazi alla criminalità  organizzata che opera illecitamente non rispettando le leggi, l'ambiente e la salute dei cittadini».

Nell'ambito del congresso sono anche emerse alcune criticità  tra le quali: la mancanza, nell'elenco dei reati ambientali, delle fattispecie più gravi di reato, come il disastro ambientale, e la necessità  di inasprire le pene (attualmente sono solo interdittive e pecuniarie) per disincentivare la commissione dei reati. 

Torna all'archivio