[11/05/2012] News

Economia finanziaria e azzardi: rotolando nella tana di un Bianconiglio con la ventiquattrore

La fiaba, lo sappiamo, ha una riconosciuta funzione pedagogica, terapeutica ed esorcizzante. Nella nostra società dominata dalla paura del futuro, la lucida metafora di Giorgio Ruffolo - oggi sulle pagine dell'Unità - riesce a far vibrare corde particolarmente sensibili: «La finanza permette di "anticipare", principalmente attraverso il credito, situazioni future: letteralmente, di speculare. Su queste speculazioni si può scommettere. E la scommessa, ove si realizzi, può cambiare il corso delle cose "reali". In altri termini, come nello specchio di Alice, l'immagine della realtà si rovescia. Ed è Alice che guarda lo spettatore».

Il filo conduttore sul quale Ruffolo dipana la sua analisi è altrettanto efficace: la "modernità liquida" di Bauman (altra, azzeccatissima metafora) ci sta affogando. L'efficienza nell'allocazione delle risorse per indirizzare lo sviluppo economico, in teoria prerogativa della finanza, ha progressivamente abbandonato il campo per quella che avrebbe dovuto essere la figlia minore parto dei mezzi finanziari, ossia la speculazione indiscriminata.  «Ciò che, nelle condizioni normali, rappresenta la realtà, finisce per modificarla - continua Ruffolo. Si inserisce allora nella economia un fattore altamente soggettivo: appunto, la "speculazione" nel senso peggiorativo. L'economia diventa sempre più dipendente da un futuro "anticipato" che può comportare forti guadagni realizzati per scommessa. O non realizzati, nel qual caso si incorre in perdite che si trasferiscono nel settore "reale" dell'economia. Una economia che dipende dal futuro incide a sua volta sul futuro».

Ci muoviamo sul terreno dei riferimenti favolistici e delle profezie autoavverantesi, quel concreto fenomeno sociologico per cui "se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze". Si scivola quasi nel metempirico, tanto che Ruffolo scrive che «Non è un caso che "i mercati" assumano sembianze quasi "metafisiche"». Il che, ecco, la dice lunga sulla patina di perfetta razionalità della quale le teorie economiche che hanno fatto scuola negli ultimi trent'anni ancora vorrebbero ammantare il mondo finanziario. Mondo peraltro regolato con e dai tempi ultraveloci delle macchine incompatibili con quelli della democrazia, tema anche questo ricordato da Ruffolo e anche questo già presente da tempo nelle analisi della crisi di greenreport.it

Gli stessi trent'anni protagonisti, appunto, dell'ideologia neoliberista che «Con la creazione del mercato finanziario mondiale integrato (capitalisti di tutti i paesi unitevi!) i rapporti tra capitale e lavoro e quelli tra capitalismo e democrazia››. È la forma mentis data alla struttura e ai mezzi di produzione, ossia l'organizzazione economica sulla quale una società sceglie di progredire, che prende il sopravvento sulla società stessa (e dunque delegata più o meno consapevolmente dalla politica), sopraffacendo le sue regole con le proprie. Siamo oggi all'apoteosi del delitto: è solo la fetta più "liquida" dell'economia, quella finanziaria, che detta legge. Come valore fondante, la democrazia tende ad annullarsi: «Liquefacendo i movimenti mondiali del capitale, li si è sottratti a ogni forma di controllo politico. Il modo più pratico di nientificare i poteri dei governi e dei lavoratori è quello di abbandonarli. La più efficace minaccia non è quella di contrastarli con le armi, ma quella di partire con la valigia».

La vecchia teoria de "una testa, un voto" sopravvive principalmente nel mondo platonico delle idee, mentre tra i comuni mortali solitamente vince la ben più pragmatica regola "un dollaro, un voto". Il progressivo intorpidimento dei rapporti sociali - dove l'individuo ed il cittadino contano in modo direttamente proporzionale al peso del portafogli posseduto, e si pretende che tutti abbiano un prezzo - «genera spersonalizzazione».

Ecco che l'accorato appello del presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, che ieri ha detto «Chi è in difficoltà non deve sentirsi solo, perché c'è chi è in grado di aiutare, di assistere, di confortare» deve trovare il modo di concretizzarsi. La sensibilità a scoppio ritardato dell'italico governo tecnico di fronte al dramma sociale della crisi, esplicata ieri dal ministro Passera - ‹‹Il disagio sociale e diffuso legato alla mancanza di lavoro in Italia è più ampio di quello che le statistiche dicono. È a rischio la tenuta sociale del Paese›› - non è particolarmente incoraggiante, dato che proviene da coloro che dovrebbero agire per far si che il disagio si allievi, invece di prenderne atto e affrontarlo tramite surrogati.

«È chiaro che un processo alternativo, di sviluppo della personalità, non può essere il risultato di un'analisi individuale, ma solo di una passione politica. Il suo luogo è l'agorà», chiosa Giorgio Ruffolo. La democrazia è la leva aristotelica sulla quale far forza perché le cose possano cambiare, come ha sostenuto anche il premio Nobel per l'economia Amartya Sen, ieri ad un convegno alla Bocconi, affermando che «il problema fondamentale del malessere europeo è la marginalizzazione della democrazia, che lascia i cittadini fuori dalla discussione pubblica, costringendoli a subire enormi e indiscriminati programmi di austerità».

Alla democrazia si deve essere educati, però. Esercitandola, certo, ma anche affrontando il percorso con un bagaglio culturale che è minacciato da un'istruzione pubblica debole e male attrezzata alle sfide moderne, che lascia il passo a una mercificata - e quindi frivola - cultura dell'acquisto e del consumo. Democrazia e cultura, invece, insieme costituiscono la chiave di volta per una sostenibilità non solo sociale, ma anche economica ed ecologica.

Una redistribuzione dei saperi, dei poteri e delle competenze è infatti propedeutica ad una diminuzione della diseguaglianza economica, causa prima della crisi finanziaria, ed una conseguente ripresa della propensione media al consumo, che è imperativo però indirizzare e guidare, senza cadere nell'errore di lasciarla di nuovo preda degli spiriti animali del mercato, ecco che torna il ruolo dell'agorà e il ruolo della politica, per uno sviluppo sostenibile che sia declinato nell'attività e nel lavoro quotidiani: a servizio dell'efficiente governo dei flussi di materia ed energia, dell'industria del riciclo, delle energie rinnovabili, del miglioramento ed ampliamento dei servizi al cittadino, del paesaggio, della biodiversità, della tutela del territorio.

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