[09/05/2012] News

L'Unione europea al guado: federalismo o morte

Un nuovo appello, firmato anche da Romano Prodi, compatta gli europeisti

«L'Unione europea non potrà uscire da questa crisi senza un cambio di paradigma. Un'altra via di uscita è possibile. Essa consiste nel correggere gli squilibri dell'Unione economica e monetaria  superando le insufficienze del trattato di Lisbona per andare al di là del coordinamento fra Stati membri. Essa consiste nel denunciare, ridurre e progressivamente annullare i costi della non-Europa». Firmato da Romano Prodi, Giuliano Amato, Jacques Attali, Emma Bonino, Barbara Spinelli ed altri numerosi ed illustri europeisti sparsi per il Vecchio Mondo, l'appello pubblicato oggi sulle pagine de la Repubblica si inserisce con forza nel varco aperto dai risultati delle ultime consultazioni politiche in Francia, Italia, Germania e Grecia.

Il nostro Stivale appare non solo geograficamente, ma anche politicamente, in una situazione per certi aspetti intermedia a quella di Francia e Grecia: tastato il polso dei cittadini con le elezioni amministrative, i numeri seguiti allo spoglio delle schede ci regalano un quadro preoccupante. Da una parte, il partito di larga maggioranza rimane quello degli astensionisti, che raccoglie nuovi adepti ad ogni tornata elettorale, in un crescendo di disaffezione verso la politica tout court che gonfia anche un problema di deficit democratico. Dall'altra, al progressivo sgretolamento di Pdl e Lega si accompagna una radicalizzazione del voto che mette le ali alle agli estremismi di destra e di sinistra, mentre il boom del Movimento 5 Stelle si è effettivamente sentito (al contrario di quanto afferma il presidente Napolitano), e il centrosinistra tiene botta ma non trova lo slancio.

L'Italia si trova così a galleggiare in una situazione intermedia, dove non si sente ancora nell'aria lo stesso, forte vento di cambiamento che in Francia ha sollevato Hollande sino alla soglia dell'Eliseo, ma neppure la brezza gelida che sferza il viso dei greci, dove i movimenti estremisti hanno raccolto ancora più consensi che altrove: su tutti l'allarmante successo del partito di ispirazione nazi-fascista "Alba dorata".

Risultano oggi quanto mai profetiche le parole che Romano Prodi scrisse nel dicembre 2001 al Financial Times, alle porte dell'ingresso ufficiale della nuova moneta nelle tasche dei cittadini europei: «Sono sicuro che l'euro ci obbligherà a introdurre nuovi strumenti di politica economica. Attualmente è politicamente impossibile farlo. Ma un giorno ci sarà una crisi e nuovi strumenti saranno creati». Queste stesse parole, ricordate da Linkiesta, ci trovano ora sospesi a camminare su di un filo. La crisi è arrivata, morde e si sente, ma ancora questi "nuovi strumenti" ipotizzati dal Professore non sono ancora arrivati.

Eppure, proprio in questi giorni, dopo quella sorta di election-day europeo che è stata la scorsa domenica, si ricomincia a sperare di nuovo con forza in un loro varo, o almeno in un inizio del lungo e gravoso percorso che porterà ad una loro definitiva implementazione. Con grande decisione e impegno, le forze progressiste d'Europa, italiane comprese, dovranno convergere verso questo obiettivo - con maggior lena che mai, ora che si intravede un nuovo spiraglio di luce - se non vorranno avere sulle spalle responsabilità delle quali presto potremmo altrimenti pentirci tutti. Perché, se questi "nuovi strumenti" non inizieranno ad arrivare presto, come avvertono Prodi&co «La fine dell'Euro sarà allora solo questione di tempo», e con essa traballerà seriamente anche il progetto stesso di Unione europea.

Per evitare un simile risultato, continua l'appello, «è urgente creare dei project bonds, cioè del debito buono, finanziando esclusivamente progetti generatori di futuri redditi. La Bei potrà senza difficoltà assumere a proprio carico questi progetti», da finanziarsi in un contesto di bilancio federale ricorrendo «a un punto in percentuale dell'Iva, a una carbon tax e a una tassa sulle transazioni finanziarie», e raggranellando così un'ipotetica potenza di fuoco di 1000 miliardi di euro. Ancor prima di raccogliere le necessarie risorse, è decisivo procedere sin da subito nel declinare con precisione lo sviluppo desiderato, e le azioni per raggiungerlo. Rincorrere la crescita per la crescita sarebbe uno stupido errore che non ci allontanerebbe dai binari insostenibili dell'attuale paradigma socio-economico, ma ci legherebbe ad esso con maggior forza ancora. L'attenzione ai flussi di materia ed energia che attraversano un'economia aperta alla società ed all'ecosistema nel quale è immersa è e sarà prioritaria.

«Nessuna imposta potrà essere tuttavia decisa senza legittimità democratica e senza risolvere la crisi di fiducia fra l'Unione europea e i suoi cittadini, offrendo agli Europei una nuova prospettiva - prosegue l'appello. L'Euro non potrà sopravvivere senza un progresso politico democratico decisivo. Noi chiediamo che i deputati europei della zona Euro si riuniscano immediatamente  -  aperti alla partecipazione di altri deputati europei che lo vorranno  -  per precisare il cammino che dovrà essere intrapreso da oggi alle elezioni europee nel 2014 [...] Questo federalismo di necessità darà vita ad una vera Europa politica e sociale, le cui istituzioni garantiranno un giusto equilibrio fra politiche monetarie e di bilancio, la stimolazione dell'attività economica, le riforme strutturali della competitività e la coesione sociale rafforzata».

L'Europa federalista, sostenibile e solidale è l'unica strada, in un mondo globalizzato, perché il Vecchio mondo possa continuare ad esistere come polo per il progresso umano, ed avere una voce abbastanza vigorosa da non relegarlo a meta turistica per i cittadini dei Paesi emergenti, inframezzato da isole ancora industrializzate ed esportatrici come la Germania. Il progetto di un'Unione europea davvero coesa e solidale rimane uno scoglio al quale possiamo aggrapparci per risollevarci, per collaborare tra pari col resto del mondo nelle acque agitate del cambiamento che stiamo attraversando, che non possiamo evitare ma che possiamo ancora scegliere di guidare.

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