[08/05/2012] News

Amazzonia a rischio

Con 274 voti a favore e solo 184 contro, il parlamento di Brasilia ha votato lo scorso 25 aprile una legge che apre le porte a un nuovo assalto all'Amazzonia e, più in generale, alle foreste del più grande paese del Sud America. Questo è, almeno, ciò che pensano i gruppi ambientalisti brasiliani e molti osservatori indipendenti.

Il processo di deforestazione del «polmone del mondo», come viene definita l'Amazzonia, ha subito una drastica e benefica frenata negli ultimi anni. Dopo il picco del 2004, quando furono tagliati gli alberi su una superficie di quasi 30.000 km2 il processo di deforestazione è progressivamente e nettamente diminuito. Tanto che nel 2011, con meno di 7.000 km2 di aree deforestate, si è toccato il minimo assoluto nell'abbattimento degli alberi amazzonici degli ultimi 25 anni.

Una svolta salutata con soddisfazione in Brasile e nel mondo intero, ottenuta grazie sia a una nuova consapevolezza dell'importanza strategica della foresta sia ad apposite leggi restrittive, che impongono, per esempio, ai proprietari di conservare intonse le foreste native sulle proprie terre per almeno il 20% nelle aree atlantiche e per almeno l'80% in Amazzonia. La legge, voluta dall'ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, impone la riforestazione a proprie spese a coloro che abbattano gli alberi in maniera illegale.

La nuova legge passata in Parlamento, applaudita dalle potenti lobbies dei latifondisti, rischia di mettere in discussione tutto questo. Intanto prevede un allentamento della protezione della foresta lungo le sponde di fiumi e acquitrini; il passaggio di molte competenze alle autorità locali, più esposte alle pressioni degli agricoltori; il ritiro dell'obbligo di riforestazione a carico di coloro che hanno tagliato gli alberi in maniera illegale.

Ma la partita, prima ancora che nei dettagli, si combatte sul piano culturale. Da un lato c'è chi, in Brasile, considera la foresta amazzonia un patrimonio strategico per il paese e per l'umanità da tutelare a ogni costo. Dall'altro ci sono le lobbies degli agricoltori che fanno notare come il 61% degli 851 milioni di ettari del territorio brasiliano sia coperto da foreste e solo il 28% sia dedicato all'agricoltura. Un rapporto, sostengono, senza pari negli altri grandi paesi del mondo.

Secondo molti analisti, la nuova pressione sulle foreste brasiliane non nasce tanto dal bisogno di coltivare terre per ottenere cibo, ma dai per la produzione delle più remunerative biomasse.
Sia come sia - sostiene Steve Schwartzman, direttore del settore politica delle foreste tropicali dell' Environmental Defense Fund di Washington - la nuova legge votata in Parlamento rappresenta una nuova inversione di tendenza.

Ora la speranza, come sostiene la rivista scientifica inglese Nature, è tutta riposta nel presidente del Brasile, signora Dilma Rousseff. Si spera che opponga il veto alla nuova legge. In realtà Dilma Rousseff ha già annunciato che firmerà la legge. Ma la pressione internazionale, alla vigilia di Rio + 20, è talmente forte che il presidente potrebbe essere indotto a rivedere la sua posizione.

 

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