[26/04/2012] News

I gamberetti e gli ananas della Walmart prodotti dai migranti schiavi in Thailandia

Una società thailandese, la Phatthana Seafood, che rifornisce di gamberetti la multinazionale americana della  distribuzione Walmart, è accusata di abusi sui lavoratori e di farli lavorare in condizioni simili alla schiavitù. La Phatthana Seafood fa parte del Ptn Group, i cui prodotti sono distribuiti dalla Rubicon, che rifornisce di gamberi la Walmart.  Oltre a vendere un prodotto scadente, la Phatthana Seafood ha pensato bene di confiscare i passaporti ai suoi lavoratori-schiavi, violando non solo la legge thailandese ma anche le politiche di sostenibilità sociale ed ambientale sbandierate sempre più spesso dal gigante della distribuzione Walmart. 

Making Change at Walmart, un progetto del sindacato United food and  commercial workers, ha protestato con la Walmart perché prema su Rubicon e Phatthana Seafood per far migliorare le condizioni di lavoro. Intanto dalla Thailandia stanno arrivando dettagliate accuse di abuso di antibiotici negli allevamenti dei gamberi, ormai diventato dannoso per l'ambiente, e i lavoratori di una fabbrica thailandese hanno protestato per le loro condizioni di lavoro disumane e  Making Change at Walmart  ha deciso di appoggiarli e di assumersi la loro difesa.

La Phatthana Seafood è accusata anche di pagare salari da fame e addirittura di trattenere una parte della paga come "debito" dei lavoratori per il semplice fatto di lavorare nella fabbrica, una pratica descritta nella comunità dei diritti umani come "servitù per debiti", per far questo sequestra i passaporti dei lavoratori e li rende solo in cambio di un (rapido) pagamento del "debito", cioè del viaggio dalla Cambogia e dal Myamar, delle spese per ottenere il passaporto, del cibo e dell'alloggio che dovevano essere compresi nel contratto. Circa 300 lavoratori immigrati che lavorano negli impianti di gamberetti sopravvivono solo grazie a razioni di cibo donate da organizzazioni non governative, perche non possono più permettersi di comprare da mangiare a caro prezzo dalla stessa Phatthana Seafood, che fa pagare loro anche il giaciglio dove dormono. Molti dei lavoratori-schiavi sono malnutriti e un "sindacalista" cambogiano ventenne, Sok Sŏrng, ha detto al Phnom Penh Post: «Hanno bisogno così tanto del cibo perché non hanno ricevuto soldi per il loro lavoro».

Infatti i lavoratori-schiavi della Phatthana Seafood che lavorano a Songkhla sono stati reclutati in Cambogia e Myanmar e, attratti dalla speranza di guadagnare denaro per sostenere le loro famiglie, hanno firmato un contratto che garantiva un salario decente, alloggi e trasporti. Ma al loro arrivo nella fabbrica, la Phatthana Seafood ha illegalmente confiscato i passaporti a ben 2.000 lavoratori migranti, mettendoli in uno  stato di schiavitù per debiti e nell'impossibilità di lasciare la Thailandia. Nelle fabbriche che riforniscono la Walmart ci sono migliaia di esseri umani appena in grado di sopravvivere, che vengono pagati per metà delle ore lavorate e che sono senza l'alloggio e i trasporti promessi. 

Sok Sŏrng è emigrato dalla Cambogia in Thailandia per lavorare nella grande fabbrica ma ora rimpiange la sua scelta. Ha detto al Bangkok Post: «Dovevo avere il lavoro per due anni e ricevere mezzi di sussistenza ed un'indennità alimentare. Ma quando sono arrivato ho trovato che i corrispettivi per entrambe le spese di soggiorno e i passaporti che erano menzionati nei contratti originari erano stati detratti dal salario dei lavoratori». Gli immigrati cambogiani e birmani lavorano 26 giorni al mese, ma quando hanno preso il primo stipendio bisettimanale hanno scoperto che la metà era stato "trattenuto" dalla Phatthana Seafood per assicurarsi che non fuggano. «La maggior parte dei lavoratori voleva tornare a casa - spiega Sok Sŏrng - ma ci eravamo indebitati per la preparazione del viaggio e per un ammontare imprecisato da pagare per ottenere il passaporto e per il viaggio». Alla fine Sŏrng è diventato uno dei portavoce della protesta degli schiavi dei gamberetti e le agenzie di stampa asiatiche hanno cominciato a parlare della storia dell'inaudita schiavitù globalizzata dei migranti in Thailandia che finisce nei banchi frigo della Walmart in tutto il mondo.

Ma non ci sono solo i gamberetti.  Nella Vita Food Factory (nella provincia thailandese di Kanchanaburi) che confeziona prodotti di ananas ed altri frutti esotici per la Walmart, oltre 4.000 operai  vivono in condizioni che sono definibili come tratta di esseri umani e schiavitù per debiti, e migliaia di loro sono scesi in sciopero per protestare contro il trattamento disumano che subiscono nella fabbrica e gli ispettori del lavoro thailandesi corrotti. I primi rapporti parlano di un pessimo comportamento di Vita Food, comprese minacce, violenza, coercizione e estorsione a danno dei suoi lavoratori. 

Negli Usa i gamberi sono i "frutti di mare" più venduti e la Walmart è il più grande rivenditore di generi alimentari: le due cose insieme fanno capire l'enorme afflusso di gamberetti cotti e congelati che si riversa sulle tavole delle famiglie americane. Queste terribili condizioni dei lavoratori asiatici (e non solo) spiega anche come un piatto di questi crostacei, che prima erano considerati una rara e costosa prelibatezza, sia venduto a 1,99 dollari nei fast-food. Negli Usa ci sono ormai poche aree dove si pescano gamberetti (una delle più grandi è quella del Golfo del Messico, in crisi dopo la marea nera Bp), ma circa il 90% dei gamberetti che mangiano gli americani viene dall'estero e la maggior parte da Thailandia, Vietnam e Sud America. Anche la Cina è un grande produttore, ma i cinesi si mangiano quasi tutti i gamberi che allevano. Mentre Walmart si vanta della sostenibilità dei  suoi prodotti, viene fuori che i gamberetti a basso prezzo spesso sono allevati in stagni affollati che sono una  miscela di liquami e antibiotici o in aree costiere dove sono state disboscate le mangrovie per far posto agli allevamenti di gamberi.

L'United food and commercial workers international union sta aiutando i lavoratori-schiavi della Seafood a far conoscere le loro condizioni ed a mettere sotto pressione il rivenditore multinazionale. Il sindacato recentemente ha inviato una lettera alla Walmart  che denuncia dettagliatamente gli abusi nella fabbrica di gamberetti e  alla Vita Food, che produce oltre il 70% degli ananas in scatola della Walmart, e nella quale si legge: «Ai lavoratori deve essere permesso di mantenere il controllo sui loro documenti di identità» e «Tutto il lavoro deve essere volontario». 

Un brutto colpo per l'enorme operazione di greenwashing che nelle ultime settimane Walmart aveva messo in piedi, con un meeting sfavillante trasmesso in webcast in tutto il mondo, che descrive così gli obiettivi della multinazionale: «Rifornirsi al 100% da energie rinnovabili; produrre rifiuti zero, vendere prodotti che sostengono le persone e l'ambiente».

Bisognerebbe informare che esiste questo paradiso in terra anche i migranti schiavi che sopravvivono nelle fabbriche thailandesi di gamberetti ed ananas.

 

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