[04/04/2012] News

L’invasione delle orche nel mare che si riscalda

Quando,  nell'agosto del 2011,  gli abitanti della città canadese di Churchill, ai margini della Baia di Hudson, hanno visto un branco di orche nuotare nel loro mare non credevano ai loro occhi. La notizia si  diffuse in un baleno e questi splendidi cetacei sono diventati un'attrazione turistica. Le orche erano  visitatrici estremamente rare dell'Hudson Bay: gli esploratori europei che navigarono nell'area agli inizi del 1600 non le citano e non esiste nessuna menzione della presenza di orche prima del 1900, con solo una manciata di avvistamenti nei seguenti 60 anni.

Dagli anni '60 c'è stato un aumento modesto ma costante, con un picco di 40 avvistamenti negli ultimi 5  anni, sollevando molte domande da parte degli scienziati e dei cacciatori Inuit. «Ci stiamo chiedendo cosa stia succedendo - ha detto a New Scientist  Noah Nakoolak, un cacciatore Inuit di Coral Harbour, della provincia di Nunavut - E' emozionante vederle, ma perché sono qui e che cosa stanno mangiando?»

Uno che cerca di trovare qualche risposta è il biologo Steve Ferguson, di Fisheries and Oceans Canada, secondo il quale sono in gioco diversi fattori: «Sembrerebbe che la orche, una popolazione a rischio di estinzione in questa parte del mondo, siano a caccia di altri mammiferi marini in via di estinzione. Cosa che metterebbe a rischio i mezzi di  sussistenza dei cacciatori Inuit». Ferguson è convinto che il cambiamento climatico sia la vera ragione della presenza di questi enormi carnivori. L'Artico canadese è ricoperto di ghiaccio per la maggior parte dell'anno e le orche, con le loro lunghe pinne dorsali, evitano il mare ghiacciato, dove possono facilmente rimanere intrappolate o subire danni. «Ma le recenti diminuzioni dell'estensione del ghiaccio marino estivo nello stretto di Hudson hanno aperto la strada verso la Baia di Hudson - spiega Ferguson - il che potrebbe spiegare come le orche nord-occidentali finiscono in queste acque».

In un articolo pubblicato nel 2009 su "Ecological Applications" insieme a Jeff Higdon concludeva che «lo Stretto di Hudson sembra essere stato un significativo punto di strozzatura per il ghiaccio del mare che si è aperto circa 50 anni fa, consentendo un transito inizialmente puntiforme di orche seguito da una distribuzione graduale e da un avanzamento all'interno dell'intera regione della Baia di Hudson». 

Gli ultimi dati forniti da Stats Canada lo confermano: negli ultimi 40 anni il ghiaccio marino estivo nello stretto di Hudson è diminuito di 5.000 km2, del 16% ogni 10 anni. Nella Baia di Hudson, la copertura di ghiaccio è calata di  16.500 km2 ogni decennio, l'11% ogni 10 anni, e la banchisa comincia a fratturarsi 3 settimane prima di quanto non facesse negli anni '70. «Dato che il periodo dei ghiacci aperti continua ad espandersi, le orche hanno imparato ad utilizzare l'area per catturare le prede e riescono a rimanere più a lungo - sottolinea Ferguson - Non pensavamo alla predazione delle orche quando stavamo analizzando il  riscaldamento e la perdita del ghiaccio marino».

Ma l'arrivo di un super-predatore come l'orca  potrebbe avere un grande impatto sull'ecosistema della Baia: secondo ricerche preliminari di Cory Matthews, dell'università del Manitoba, nel menù delle orche ci sono già balene della Groenlandia, narvali e beluga e un nuovo ed inaspettato predatore non è proprio quello di cui avevano bisogno questi cetacei minacciati di estinzione. Ferguson è preoccupato soprattutto per i narvali che nella Baia di Hudson hanno una popolazione che si aggira sui 5.000 esemplari.

Tutte e tre le specie di cetacei sono abituate a trattare con le orche, ma la loro tattica è quella di utilizzare il ghiaccio per nascondersi dai predatori, ma con meno ghiaccio estivo questo sta diventando sempre più difficile. Quindi hanno dovuto adottare un nuovo approccio: alle orche immigrate nella Hudson Bay piace l'acqua profonda, così gli altri cetacei, quando le vedono, si accostano più a riva possibile. Ma hanno di fronte un nemico formidabile, un predatore opportunista che si adatta alle prede a seconda della disponibilità e degli ecosistemi: «Le orche possono apprendere comportamenti molto complessi che permettono loro di cacciare e catturare le prede di grandi dimensioni, pericolose e difficili - dice John Durban della National oceanic and atmospheric administration Usa - Forse l'esempio più estremo si è visto in Antartide, dove le orche utilizzano il loro corpo per fare le onde che fanno scivolare le foche dalle lastre di ghiaccio di piccole dimensioni. Si avvicina a quello che fanno i primati in termini di utilizzo di strumenti».

I cacciatori Inuit hanno osservato lo stesso comportamento nella Hudson Bay e questa non è l'unica tecnica di caccia utilizzata dalle orche, che si è vista anche in altri gruppi: per esempio le enormi balene della Groenlandia vengono letteralmente soffocate "chiudendo" i loro sfiatatoi. Quando cacciano in gruppo, alcune di loro mordono la preda sulla coda o su una pinna, mentre altre sferrano il colpo finale, ma la loro tecnica preferita rimane il metodo collaudato di speronare la loro preda dal basso.

Ferguson dice che «E' difficile sapere quale impatto avrà la predazione delle orche sui mammiferi marini dell'Hudson Bay» e Mads Peter Heide-Jørgensen, dell' Institute of natural resources della Groenlandia di Nuuk, è convinto che «Potrebbe non essere cosi forte come alcuni temono. Un aumento degli avvistamenti di orche non significa necessariamente un aumento nei numeri. Non c'è  bisogno di un sacco di orche nell'Hudson Bay per farlo sembrare come un sacco. Questi sono animali che si notano. C'è una orca-fobia che credo non sia ingiustificata. Dieci anni fa, la comunità scientifica ha sostenuto che le orche erano responsabili del fallimento del recupero elle balene della Groenlandia nella parte orientale del Canada, ma le balene della Groenlandia hanno recuperato».

Le orche non sono gli unici mammiferi marini che sembrano trarre vantaggio dal global warming: lungo la costa occidentale della Groenlandia sono aumentate fortemente le focene che arrivano l'estate per  nutrirsi di merluzzo dell'Atlantico e ora restano più a lungo che in passato. 

Anche le balene sembrano  beneficiare del riscaldamento globale: nell'agosto 2010, il team di Heide-Jørgensen ha utilizzato il controllo satellitare per seguire due individui, uno dall'Oceano Atlantico, l'altro dall'Oceano Pacifico, che si sono incontrati nel Passaggio a Nord Ovest, dove prima il ghiaccio bloccava il loro percorso, questo nuovo collegamento spiegherebbe anche perché la popolazione di balene della Groenlandia si sia ripresa così rapidamente dalle devastazioni della caccia commerciale ai cetacei.

Inoltre, lo scongelamento del Passaggio a Nord-Ovest potrebbe anche consentire alle balene grigie di ricolonizzare gli habitat dove vivevano prima: erano estinte nell'Oceano Atlantico da oltre 200 anni, ma nel maggio 2010 una di loro è stata avvistata mentre nuotava addirittura in Mediterraneo, al  largo della costa di Israele. Probabilmente era passata dalla nuova apertura dei  ghiacci che collega il Pacifico nord all'Atlantico.

E i biologi non sono gli unici a tenere d'occhio le orche: «Loro sono a caccia delle stesse specie che stiamo cacciando», ha detto a New Scientist l'inuit Nirlungayuk. Gli Inuit sono le uniche persone ammesse in Canada alla caccia di beluga e narvali e balene della Groenlandia nell'ambito di un sistema di quote inteso a mantenere le popolazioni di cetacei "sane". Ma Ferguson avverte che «L'ecosistema marino locale si sta spostando da uno con i cacciatori Inuit al vertice, ad uno in cui orche regnano sovrane. Potrebbe essere un problema in futuro per la cultura tradizionale di sussistenza».

 

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