[04/04/2012] News

General Motors ritira i finanziamenti ad Heartland, il think tank climate sceptic

Car-sharing e servizi, il nuovo orizzonte verde delle case automobilistiche

Dopo 20 anni il gigante automobilistico General Motors (GM) ha interrotto ogni rapporto con l'Heartland Institute a causa del ruolo svolto da questo think tank ultra-conservatore e negazionista nel mettere in discussione il global  warming. La decisione della  GM di interrompere il suo sostegno ad Heartland è stata presa per rafforzare la nuova immagine che la casa automobilistica Usa vuole costruirsi come azienda socialmente responsabile ed attenta all'ambiente. Una bella svolta, visto che in passato la più grande industria automobilistica del mondo aveva munificamente finanziato i tentativi di screditare la scienza del cambiamento climatico, ma ora il vento è cambiato e negli ultimi anni la GM ha investito molto in tecnologie e automobili "verdi", come la  Chevy Volt, una ibrida elettrico/benzina. In una nota la GM ha spiegato: «Dato che il cambiamento climatico è reale crediamo di  avere un ruolo da svolgere nello sviluppo di nuove auto, camion e tecnologie che possono fare la differenza».

Il taglio dei fondi è di soli 15.000 dollari l'anno, una piccola cosa per l'Heartland Institute che ha un fatturato di svariati milioni di dollari, che gli  arrivano in gran parte da un singolo donatore anonimo, ma è un duro colpo per il prestigio del think tank che guida le milizie degli scettici del cambiamento climatico, un vero e proprio incubatore di idee contro l'evidenza del contributo antropico all'aumento delle temperature, resta famoso la conferenza che organizzò a New York nel 2009 intitolata "Global warming: was it ever really a crisis?". Il finanziamento della GM ad Heartland era venuto fuori  in una serie di documenti interni dell'istituto ecoscettico che erano stati  messi in rete qualche settimana fa da Peter Gleick, uno scienziato che in seguito al successivo scandalo si è dimesso da presidente del Pacific Institute. In realtà le donazione della GM non riguardavano  il global warming, ma un'area di attività di Eartland completamene diversa, tuttavia anche così il rapporto con il think tank ultra-liberista era diventato troppo compromettente per il colosso automobilistico che vuole dare di sé un'immagine più "green", quindi a Detroit hanno preferito dare un taglio netto, annunciato qualche giorno fa dall'amministratore delegato della GM, Dan Akerson,  in un discorso  a San Francisco, nel quale ha detto: «Credo che il  global warming sia reale», per poi annunciare che appena tornato a Detroit avrebbe dato un'occhiata al finanziamento ad Heartland dalla Fondazione GM.

Greenpeace Usa si è subito complimentata con la mossa della GM: «E' un ulteriore indizio che la disinformazione dell'Heartland Institute riguardo il cambiamento climatico è una cosa con la quale le corporation  non vogliono avere nulla a che fare. E' diventata tossica».  Heartland ha accusato la botta mediatica della perdita del sostegno della  GM , ma contrattacca accusando i "liberal" come Greenpeace e l'Huffington Post e chiede che la smettano di «Attaccare gli scienziati che mettono in dubbio la teoria del "man-made global warming" e le corporation e fondazioni che sono disposte a finanziare un dibattito aperto su questa importante questione di politica pubblica».

Ma la svolta  "verde" della Gm si vede soprattutto da altre iniziative che fanno parte delle nuove politiche di car-sharing intraprese da altre multinazionali. La Bmw collabora con ParkAtMyHouse.com, la Ford ha una partnership con Zipcar, Hertz ha iniziato un proprio servizio di car sharing,  Hertz on Demand, e la GM ha investito nella RelayRides. 

Le grandi imprese automobilistiche stanno dimostrando un crescente interesse per lo sharing space, alternativo al modello economico sul quale si sono basate fino ad ora le loro vendite. Proprio il caso della GM sembra  il più eclatante:  a differenza di Bmw, Ford ed Hertz, GM ha investito in una società che mette in connessione chi ha bisogno di un'auto con i proprietari dei veicoli. Insomma la sua elayRides crea un mercato "peer-to-peer" che massimizza l'utilizzo delle auto esistenti, riducendo così la necessità di altre auto. E la GM non solo nel 2011 ha investito in RelayRides una cifra così grande da essere segreta, ma la sua divisione OnStar sta anche lavorando con RelayRides per rendere l'incontro tra proprietari e finanziatori più facile. Il concetto è che ogni proprietario di auto GM che inserisca la  sua auto sul mercato RelayRides possa linkare il suo OnStar agli accounts RelayRides. Questo permette di prenotare e sbloccare una macchina GM con nient'altro che un telefono cellulare.

La domanda che viene spontanea è: perché la  GM lo sta facendo? Si è scordata che i dollari si fanno vendendo più auto e non meno? Come direbbe Marchionne.  

In  realtà la partnership con RelayRides è uno strumento di marketing per raggiungere i 3 diversi tipi di consumatori più automobilisti GM che offrono la loro auto attraverso RelayRides, che ha in programma di promuovere i suoi servizi ai 6 milioni di proprietari di auto GM che si iscriveranno ad OnStar, un ottimo modo per ricordare un vantaggio di essere un proprietario di un'auto GM, se più proprietari GM aderiranno al programma. Quindi i finanziatori dei RelayRides useranno le auto prodotte dalla GM più frequentemente e i consumatori tenderanno ad acquistare vetture con le quali hanno familiarità. La cosa può essere un modo per raggiungere altri potenziali clienti, non necessariamente clienti di RelayRides, ma persone che dai media scoprono la storia virtuosa di  RelayRides, o vedono un vicino di casa o un amico che noleggiare auto attraverso il servizio, insomma pubblicità diffusa e diretta.

La Chevy Volt non è diventato uno status symbol ma la GM la utilizza come mezzo per  migliorare la propria immagine e punta sempre più alla "access economy"  che in questo momento negli Usa è molto trendy. RelayRides diventerà probabilmente un buon investimento: l'industria del car sharing si sta espandendo rapidamente, mostrando una crescita annua del 44% e uno studio del 2010 di Frost and Sullivan  prevede che le entrate del car-sharing nel solo Nord America supereranno i 3 miliardi di dollari all'anno entro il 2016, con 4,4 milioni di utenti. Come dice l'insospettabile Forbes: «Il car sharing è un business ad alta intensità di capitale in cui i costi del parco macchine  costituiscono la spesa maggiore. Una società come RelayRides che non ha parco macchine ha un sostanziale vantaggio competitivo in questo mercato». 

"Se non puoi batterli, unisciti a loro" è il motto di  Bob Tiderington , a capo delle business development initiatives della GM: «Potremmo stare in disparte a guardare - ha detto  o potremmo scegliere di partecipare e provare a farne  un modello di business favorevole che è quel abbiamo in questo caso particolare». E il fondatore RelayRides dei Clark ha aggiunto:  «Si potrebbe sostenere che il car-sharing stia distruggendo il core business della GM e che, invece di combattere la distruzione, GM partecipa alla distruzione, contribuendo a indirizzare il discorso in modo che alla fine aiuterà la sua attività. Se questa rivoluzione avrà successo, sarà certamente a vantaggio di coloro che facevano parte della sua avanguardia Anche della GM».

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