[20/03/2012] News

"Panni Sporchi 3": il bucato delle grandi marche minaccia le risorse idriche

A due giorni  dal World water day Greenpeace pubblica il rapporto "Panni Sporchi 3" secondo il quale «Alcune sostanze pericolose usate per la produzione di abiti e tessuti, come i nonilfenoli etossilati (Npe), vengono rilasciate nell'ambiente dopo il lavaggio degli abiti in casa. Queste sostanze si disperdono nei fiumi, nei laghi e in mare dove si trasformano in un composto più pericoloso, il nonilfenolo (Np). Il nonilfenolo è persistente perché non si degrada facilmente, bioaccumulante perché si accumula lungo la catena alimentare e può alterare il sistema ormonale dell'uomo anche a livelli molto bassi. Questo avviene ovunque gli articoli di abbigliamento sono sottoposti a lavaggio in  casa. In un certo senso, le aziende che usano queste  sostanze chimiche nella loro filiera produttiva rendono i consumatori complici dell'inquinamento delle risorse  idriche senza che questi ne siano consapevoli».

L'indagine, commissionata da Greenpeace International, è stata condotta su quattordici prodotti tessili di vari marchi (Abercrombie & Fitch, Adidas, Calvin Klein, Converse, G-Star RAW, H&M, Kappa, Lacoste, Li Ning, Nike, Puma, Ralph Lauren, Uniqlo e Youngor) e «Per la prima volta è stata misurata la variazione delle quantità di nonilfenoli etossilati presenti nel tessuto prima e dopo il lavaggio domestico. In quasi la metà dei campioni, oltre l'80% dei nonilfenoli etossilati presenti nel tessuto appena comprato sono fuoriusciti dopo un solo lavaggio».

Nel rapporto si legge: «I risultati dimostrano che un singolo lavaggio, realizzato in condizioni che simulano quelle di lavaggio domestico,  può estrarre anche oltre l'80 per cento di nonilfenoli etossilati presenti in origine, come accaduto per la metà dei campioni testati in questa indagine (6 sui 12 campioni in tessuto). Per arrivare a questo dato si è partiti dall'ipotesi che le porzioni  lavate e quelle non lavate estratte dallo stesso campione contengano inizialmente la stessa quantità di Npe. Questo studio suggerisce che i nonilfenoli etossilati impiegati per la produzione dei prodotti tessili e presenti nei prodotti finiti saranno rilasciati durante il lavaggio, e nella maggior parte  dei casi questo accadrà nei primi cicli di lavaggio. Una volta entrate negli scarichi, queste  sostanze non sono trattenute dagli impianti di trattamento delle acque, da dove fuoriescono  con le acque trattate sotto la nuova veste di nonilfenolo, un composto più tossico di quelli  di partenza.  Anche se gli scarichi tossici delle fabbriche tessili si riversano direttamente nei fiumi dei Paesi di produzione come Cina, Vietnam, Filippine, Thailandia, Sri Lanka e Turchia, la loro filiera produttiva ha un grave impatto anche sulle risorse idriche dei Paesi occidentali attraverso il lavaggio dei capi, anche laddove esistono restrizioni sull'uso industriale dei nonilfenoli etossilati».

Già nel 2011 ricerche condotte da Greenpeace avevano evidenziato gli effetti degli scarichi inquinanti dell'industria tessile nei fiumi cinesi e poi avevano  trovato tracce di nonilfenoli etossilati negli abiti di grandi firme dell'abbigliamento prodotti nei Paesi emergenti e venduti in occidente. La campagna "Detox" di Greenpeace ha convinto prima i leader dell'abbigliamento sportivo Puma, Nike, Adidas e poi H&M, Li-Ning e C&A a impegnarsi ad eliminare tutti gli scarichi tossici nella catena di fornitura e nei prodotti in commercio, entro il 2020.

Vittoria Polidori responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace, evidenzia che «I risultati di questa indagine dimostrano che l'impatto dell'industria dell'abbigliamento non si ferma al Paese di produzione ma arriva ai Paesi consumatori creando un ciclo globale dell'inquinamento tossico. Le aziende tessili devono affrontare il problema e impegnarsi per l'eliminazione delle sostanze pericolose nell'intera filiera. Anche se l'uso di nonilfenoli etossilati nell'industria tessile è bandito nell'Unione europea, queste sostanze pericolose continuano ad arrivare tramite canali di mercato».

Secondo quanto emerge da una ricerca svedese del 2008 (Sources of Alkylphenols and Alkylphenol Ethoxylates in Wastewater-A Substance Flow Analysis in Stockholm, Sweden. Water Air Soil Pollution) ogni anno nelle acque europee verrebbero sversate tonnellate di prodotti nocivi da parte di consumatori.

«Alcuni dei più grandi marchi, nell'ambito dei propri programmi sulla sicurezza del prodotto, hanno fissato i limiti delle quantità permesse di certe sostanze negli articoli finiti - spiega il rapporto -  Il limite identificato dalle aziende per gli alchilfenoli (Ap) e alchilfenoli etossilati (Ape) - gruppo a cui appartengono i nonilfenoli - è troppo alto e consente la perdita di queste sostanze ovunque, dai Paesi produttori a quelli dove gli articoli sono in vendita.   Questi limiti poco restrittivi - riconosciuti anche dallo standard Oeko-tex vi  - permettono  l'ingresso di molte tonnellate di alchilfenoli che successivamente si disperdono nell'ambiente.  Ad esempio, stimiamo che l'attuale limite adottato  da H&M, pari a 100 ppmvii, possa permettere la fuoriuscita a livello globale di  15-20 tonnellate di nonilfenoli etossilati dai prodotti tessili a marchio venduti annualmente. Allo stesso modo, se l'Europa adottasse questo stesso limite, di 100 ppm, potrebbe aprire le porte a oltre 88 tonnellate di Npe derivanti dai prodotti tessili importati in Germania e a più di  103 tonnellate per quelli che entrano in Spagna».

Greenpeace  è convinta che «Misure urgenti e concrete sono necessarie per fermare le immissioni di Npe e Np nel nostro ambiente. Dal momento che l'industria tessile in Nord America e in Europa, non usa più gli Ape dovrebbe essere fattibile per gran parte delle aziende aderire alla Roadmap congiunta nell'ottica di eliminare l'uso almeno parziale di queste sostanze  (pulitura, sgrassamento e detergenza) entro la fine del 2012. A questa prima scadenza potrebbe seguirne una seconda con la completa eliminazione degli alchilfenoli in tutte le fasi produttive entro il 2013. Per  raggiungere questo obiettivo, i brand dovranno richiedere (e verificare) le  informazioni  fornite dai propri fornitori sulle quantità di Ape impiegati nella catena di produzione,  con l'intenzione di rendere pubbliche queste informazioni».

Per  questo Greenpeace chiede: «A tutte le aziende, incluse quelle che sono parte di quest'ultima indagine, di diventare campioni di un futuro senza sostanze tossiche azzerando tutte le emissioni e  applicazioni dei composti pericolosi dalle catene di fornitura e dai prodotti finiti.   Ad aziende e governi di promuovere e identificare limiti sempre più restrittivi per gli  alchilfenoli (Ape), sia nei processi produttivi che negli articoli finiti, per garantire una eliminazione totale dell'uso di queste sostanze e prevenire la loro dispersione  nell'ecosistema acquatico. Ai governi di adottare il prima possibile una restrizione sul mercato europeo dei prodotti  tessili contenenti Ape  e di vietare globalmente l'uso di questi composti nei processi di produzione. Nei Paesi produttori, Greenpeace chiede di promuovere il  principio di precauzione nella definizione degli assetti normativi  regolatori al fine di  restringere l'uso di tutte le sostanze pericolose».  

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