[15/03/2012] News

Classifica "Rompiscatole": per Greenpeace la filiera produttiva del tonno in scatola non è ancora sostenibile

Greenpeace torna ad accendere i riflettori sul tonno in scatola la cui filiera di produzione, nonostante qualche passo in avanti, ancora è lontana dalla sostenibilità almeno per alcuni marchi. La terza edizione della classifica "Rompiscatole" mette in evidenza come alcune aziende italiane prendono impegni precisi sulla sostenibilità ma nessuna raggiunge ancora la fascia verde.

«La campagna "Tonno in trappola" dimostra che quando sono i consumatori a chiederlo, il mercato si muove- ha dichiarato Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace -Dopo aver denunciato la mancanza di trasparenza del settore, lo scorso novembre, migliaia di persone hanno chiesto più informazioni in etichetta, e le aziende si sono decise a farlo. Adesso sempre più marchi devono garantire ai consumatori metodi di pesca sostenibili».

Infatti tra i risultati più significativi registrati dall'associazione ambientalista l'impegno di molte aziende verso una maggiore trasparenza. Entro la fine del 2012, al posto della semplice scritta "Ingredienti: tonno", ben dieci aziende delle quattordici in classifica riporteranno in etichetta nome della specie e area di pesca, e di queste, tre inseriranno anche il metodo di pesca.

Nel merito della classifica, hanno spiegato da Greenpeace, risultato di rilievo per Asdomar che rimane in vetta alla graduatoria migliorando gli impegni e mettendogli in pratica: il marchio offre una parte dei propri prodotti costituiti da tonnetto striato pescato con canna (metodo più sostenibile) e fornendo tutte le informazioni in etichetta.

Ma per entrare in fascia verde deve adottare gli stessi criteri in tutta la produzione. Lo segue Mareblu, per la decisione annunciata una settimana fa di utilizzare solo metodi di pesca sostenibili per il 100 per cento dei propri prodotti entro il 2016. Purtroppo Rio Mare, il tonno più venduto in Italia, latita in quanto a impegni per l'adozione di una pesca sostenibile, quindi rimane molto indietro nella classifica stilata dall'associazione ambientalista.

«Se vuole essere davvero il primo- hanno sottolineato da Greenpeace- deve eliminare dall'intera produzione metodi di pesca distruttivi, come le reti a circuizione con sistemi di aggregazione per pesci (FAD), responsabili della cattura di esemplari giovani di tonno, e di numerose specie marine, tra cui squali, mante e tartarughe».

Greenpeace mette poi in evidenza come la grande distribuzione, che sul mercato inglese è stata la prima a offrire prodotti sostenibili, in Italia fa pochi passi avanti. «Grandi supermercati come Auchan, Carrefour e Conad non hanno ancora adottato precisi criteri di sostenibilità nella scelta del tonno e le loro scatolette sono tra le meno trasparenti».

Per quanto riguarda i marchi inseriti in fondo classifica l'associazione sottolinea come la sostenibilità vada praticata con impegni concreti e non solo annunciata. Per questo Callipo scende in graduatoria: nonostante dica di vendere nel 75 per cento dei propri prodotti tonno pescato senza FAD, non fornisce la sufficiente certificazione per garantirlo. Idem Nostromo, MareAperto STAR, e Maruzzella che ancora non hanno adottato alcun criterio per garantire ai consumatori che il proprio tonno non arrivi da una pesca distruttiva.

«Le decisioni delle aziende possono davvero trasformare il mercato- ha aggiunto Monti-. È necessario impegnarsi a vendere solo tonno pescato in modo sostenibile, favorire il recupero degli stock evitando quelli a rischio e incentivare una migliore gestione della pesca. Alcuni marchi hanno dimostrato che cambiare è possibile. Cosa aspetta Rio Mare e gli altri grandi attori del mercato italiano?»

 

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