[08/03/2012] News

Il sonno dell’equilibrio genera mostri

A proposito dei rischi che minano alla base quel favoloso e incompiuto costrutto che chiamiamo democrazia, Paul A. Ginsborg (nella foto tratta da controradio.it), noto storico inglese naturalizzato italiano, ebbe a scrivere che ‹‹questa ha molti nemici in attesa tra le quinte, politici e movimenti per il momento costretti a giocare secondo le sue regole ma il cui intento reale è tutt'altro - populista, di manipolazione mediatica, intollerante e autoritario. Conquisteranno molto spazio, se non riformeremo rapidamente le nostre democrazie. E non c'è ambito in cui questa riforma sia più necessaria che in seno alla stessa Unione europea››.

È più facile immaginare le democrazie minacciate da forze esterne, che rischiano di comprimerne gli spazi vitali fino a condurle alla soglia dell'implosione, per poi spingersi oltre e completare l'opera di disgregazione. Si può parlare delle minacce di guerra da parte di una forza dittatoriale. Oppure, percorrendo vie più sottili, un esempio di tale immagine ce lo affidano le cronache quotidiane, sibilando tra le righe che un potere altro dalla democrazia guida governi democraticamente eletti: la forza avvolgente della gestione globale e sregolata di titaniche masse di capitali guidate dall'interesse immediato ne è il feticcio perfetto.

Continuando sulla stessa traccia, è possibile però riuscire ad osservare come, in particolare, il rischio rappresentato dal predominio della finanza speculativa non sia nato affatto come forza esterna all'ambito democratico, ma vi sia anzi potenziata ed accresciuta all'interno. Dall'iniziale idea del progresso al delirio di un progresso personale, esponenziale ed esponenzialmente rapido, a questa sorta di virus è stato offerto un terreno di coltura accogliente all'interno delle moderne democrazie, fino a quando non ha ottenuto un dichiarato sopravvento. E quel che era inizialmente un valore, infine, si trasforma in un nuovo dittatore.

‹‹I pericoli che minacciano l'idea democratica nascono perché uno dei suoi elementi costitutivi viene isolato e assolutizzato - spiega oggi su la Repubblica il filosofo del linguaggio Tzvetan Todorov. Ad accomunare questi diversi pericoli è la presenza di una forma di dismisura. Questo accade perché il regime democratico si fonda su una pluralità di principi che devono coesistere: dunque l'ipertrofia di uno di essi a scapito degli altri li minaccia nel loro insieme.

Il popolo, la libertà, il progresso sono elementi costitutivi della democrazia, ma se uno di essi si emancipa dal proprio rapporto con gli altri, sfuggendo così a qualunque tentativo di dargli un limite ed erigendosi a unico assoluto, diventa una minaccia. Così, assicurare il benessere materiale della popolazione è un obiettivo desiderabile. Ma se questo obiettivo viene perseguito a scapito di tutti gli altri, si finisce per creare un mondo votato al culto del denaro, del consumo e del divertimento››. Quel che viene a mancare, dunque, è proprio la sostenibilità del modello democratico, dovuta a uno squilibrio tra i suoi valori fondanti. Tale insostenibilità si riflette poi nelle manifestazioni concrete dell'ente astratto "democrazia", attraverso una teoria economica incentrata sull'individuo e sprezzante dei limiti sociali ed ecologici che l'individuo invece non solo circondano, ma anzi contribuiscono in modo determinante a definire.

Traendo spunto da Ginsborg, e volgendo lo sguardo specificatamente all'Unione europea, le criticità del sistema democratico vigente appaiono inaspriti oltre il dovuto dall'emergenza della crisi, a causa delle risposte essenzialmente nazionali che si cerca di offrire ad un'emergenza che coinvolge l'Unione nel suo complesso, e le cui conseguenze ricadono sull'intero organismo. Da qui l'esigenza di una risposta globale, al momento stentata, da parte delle forze dell'Unione, che è necessario plasmare all'interno di un governo federale.

Di fronte ad un giorno critico (uno dei tanti, a dire il vero) per sventare il possibile fallimento della Grecia, con la fibrillazione per l'accettazione dell'operazione di swap da parte dei creditori privati di Atene, Bastasin sul Sole24Ore fa giustamente notare che ‹‹i cittadini tedeschi sono enormemente irritati dalla richiesta di aiuto della Grecia, ma il fatto è che finora da quanto hanno prestato ci hanno guadagnato››, per la precisione 380 milioni di euro di interessi (con tassi compresi tra il 3,4% e il 4,5%) che, se la Grecia non fallirà, continuerà a erogare, rimpinguando la controparte teutonica: un buon motivo per convincere i tedeschi a continuare a tener aperti i cordoni della borsa, ma pur sempre un motivo da contabile. Se l'Europa desidera iniziare a sentirsi davvero Unione, il ribaltamento del piano culturale necessario per compiere questa svolta non può non comprendere un riequilibrio dei valori in gioco, come suggerito da Todorov, e dell'economicismo duro e puro possiamo dovremmo davvero iniziare a farne a meno.

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