[06/03/2012] News

La Cina a caccia di uranio in Africa, approfittando del post-Fukushima e degli scandali di Areva

In un altro articolo del giornale parliamo della decisione del governo cinese di rilanciare il nucleare dopo la "pausa" post-Fukushima Daiichi, ma dove prenderà la Cina l'uranio per mandare avanti il suo programma di 27 reattori nucleari che sembrano in grado di non deprimere l'industria mineraria uranifera ma anzi di far aumentare la domanda? 

Nel settore serpeggiava il panico dopo il disastro nucleare giapponese: fine del programma nucleare in Germania, referendum in Italia, uscita dal nucleare della Svizzera e del Belgio, chiusura dei reattori giapponesi... Colpi da Ko che avevano fatto scendere il prezzo dell'uranio dai 70 dollari la libbra di prima della catastrofe a 50 dollari a fine 2011.

Il gigante francese Areva, coinvolto nello scandalo dell'acquistio dell'uranio in Namibia, ha deciso di sospendere i suoi progetti nel Paese dell'Africa australe (che sta pensando di inasprire pene, regolamenti e royalties per le sue risorse naturali) e nella Repubblica Centrafricana per almeno due anni e la sua miniera di Imouraren, in Niger, una delle più grandi del mondo, potrebbe entrare in attività prima del 2016... Intanto nell'area è ripresa la rivolta tuaregh, che ha nell'ingiusta ripartizione delle entrate dello sfruttamento dell'uranio una delle sue ragioni, ed Al Qaeda impazza e rapisce.

Il settore dell'uranio ha vissuto il suo dramma con Fukushima e la sua farsa con lo scandalo di Areva. Nel 2007 l'impresa nucleare statale francese aveva comperato per 1,8 miliardi di euro la canadese Uramin, proprietaria di tre siti minerari in Sudafrica, Repubblica Centrafricana e Namibia, facendo quello che è stato definito il più cattivo affare della sua storia: le miniere eranoi state sopravvalutate e si sono rivelate troppo costose da sfruttare. Un rapporto del 2010 indicò il disastroso acquisto come «Operazione dubbiosa» e «Potenzialmente fraudolenta». L'ex zarina di Areva, quell'Anne Lauvergeon che innalzava sul trono i dittatori africani e li faceva cadere a suo piacimento, perse molta della sua credibilità ed una nuova inchiesta dovrà determinare che ruolo ha svolto lungo la catena delle responsabilità.

Ma il vento per l'uranio sembra di nuovo cambiato e soffia dalla Cina: la Repubblica popolare vuole costruire 27 reattori nucleari e qualcuno prevede una scarsità di uranio a medio termine Steve Kidd, direttore generale aggiunto della World nuclear association che ha spiegato sul giornale di Kinshasa "Le Potentiel": «L'impatto sull'approvvigionamento si farà sentire entro 5 anni. La produzione di energia nucleare dovrebbe così raggiungere I 777,8 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Tep) nel 2020 e più di un miliardo di Tep nel 2030». Secondo la Bp «La maggior parte della crescita della produzione nucleare verrà dalla regione Asia-Pacifico».

Mentre il nucleare europeo e quello statunitense sembrano destinati al declino ed alla sostituzione delle centrali obsolete, la Cina cin il più grande programma nucleare del mondo deve assicurarsi gli approvvigionamenti in uranio. La Areva cinese si chiama China Guangdong nuclear power corporation (Cgnpc) e nel dicembre 2011, dopo un anno di trattative, ha acquisito la multinazionale britannica Kalahari Minerals, quotata alla borsa di Londra, per 989 milioni di dollari. Le Potentiel sottolinea: «la pazienza del gruppo cinese ha pagato: prima di Fukushima, la Cgnpc aveva fatto una proposta di 1,23 miliardi di dollari».

Ma Pechino, attraverso questa acquisizione ha messo anche le mani sul 42,5% di Extract Resources, una società australiana che gestisce la miniera di uranio di Husab, in Namibia, stringendo così un'altra alleanza con un altro gigante minerario: l'onnipotente Rio Tinto, che ha il 14% delle quote di Husab Probabilmente la Cgnpc, che è prima di tutto un produttore di energia, data la sua scarsa esperienza in campo minerario designerà la Rio Tinto come suo operatore in Namibia. L'ennesimo matrimonio di interessi tra il regime comunista cinese e le grandi multinazionali del capitalismo globalizzato delle risorse.

Secondo il giornale della Repubblica democratica del Congo, «Extract Resources potrebbe essere la chance di veder arrivare i cinesi. Quest'ultimi potrebbero davvero essere, in questo periodo di incertezza, i soli a voler ancora investire a lungo termine». Jonathan Leslie, presidente di Extract Resources, non nascondeva il suo pessimismo all'indomani della catastrofe nucleare di Fukushima Daiichi: «I nuovi progetti avranno difficoltà a trovare dei finanziamenti», poi sono arrivati i "maoisti-capitalisti" con le tasche piene di yuan, dollari ed euro freschi per comprare l'uranio e rilanciare il nucleare che sembrava in coma.

 

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