[06/03/2012] News

Ecologia dei patogeni: dal nuovo virus di Schmallenberg una nuova epidemia?

Thomas Mettenleiter, direttore del Friedrich Loeffler Institute, il maggiore laboratorio di ricerca veterinaria della Germania, ne è convinto: queste sono solo le prime avanguardie. L'apice dell'epidemia deve ancora arrivare. Tra alcuni mesi saliranno a migliaia gli agnelli, i capretti e i vitelli che verranno alla luce nelle fattorie di mezza Europa già morti o comunque gravemente malati. La colpa è di un nuovo virus, appartenente a un ceppo finora sconosciuto in Europa e già battezzato "virus di Schmallenberg", dal nome della cittadina tedesca dove l'agente patogeno è stato isolato per la prima volta.

E dire che tutto nasce da una banale infezione accusata alla fine della scorsa estate da alcune mucche in una fattoria di Schmallenberg. Banale, ma difficile da spiegare. Le analisi, prontamente effettuate, hanno portato i ricercatori del Friedrich Loeffler Institute a isolare un virus finora sconosciuto. Un nuovo virus.

Nulla di clamoroso. Ce ne sono tanti, in giro, di virus sconosciuti. E alcuni sono anche nuovi. Cosicché la notizia non avrebbe superato la cerchia ristretta di pochi esperti se nel medesimo villaggio prima le pecore e poi le mucche non avessero iniziato a partorire agnelli e vitelli morti o gravemente deformi, sia nel corpo sia nel cervello. Alcuni sono nati con gambe rigide e contorte. Altri senza cervello.

In breve il nuovo virus è stato isolato tra i capi di 1.400 fattorie in Germania, Francia, Belgio, Lussemburgo, Gran Bretagna e, di recente, in Italia. Gli scienziati sanno poco di questo patogeno. Ma ritengono probabile uno sviluppo dell'epidemia.

Dalle prime analisi sembra che il "virus di Schmallenberg" appartenga a un ceppo noto, quello degli ortobuniavirus, diffuso tra i ruminanti di Asia, Africa e Australia. In particolare sembra che il "virus di Schmallenberg" appartenga al sottogruppo di Shamonda, Akabane, e Aino: tre virus isolati nelle mucche in Giappone.

Gli scienziati sono sorpresi non tanto dalla virulenza del nuovo virus, che ovviamente preoccupa veterinari e allevatori, ma da almeno quattro sue caratteristiche per così dire ecologiche.
Primo: si è manifestato, contemporaneamente, in un'area molto estesa. Perché? Probabilmente è presente da diverse stagioni e solo ora ha trovato le condizioni adatte per manifestare la sua virulenza.

Secondo: l'area di diffusione del "virus di Schmallenberg" è la medesima che nel 2006 fu investita dalla bluetongue, una nota malattia dei ruminanti. C'è un nesso e quale tra i due fenomeni?
Terzo: il nuovo virus attacca i feti, ma non li uccide, provocando un immediato aborto. Perché? Questa domanda resta, per ora, senza risposta alcuna. 
Quarto: il ceppo è sconosciuto in Europa. Come ha fatto il "virus di Schmallenberg" ad arrivare nel nostro continente? Si sospetta che esso sia stato portato qui da noi da insetti, giunti in Europa con aerei o annidati in fiori importati.

Insomma, all'origine del nuovo virus ci sono le condizioni ecologiche mutate a causa di un sistema di trasporti di merci e uomini sempre più capillare e sempre più veloce. Il guaio è che in nessun tipo di insetto, per così dire, di importazione è stato isolato il "virus di Schmallenberg". Cosicché il modo attraverso cui è penetrato in Europa resta un mistero.

In attesa di un vaccino, che non potrà arrivare prima di molti mesi, resta un'altra domanda cui rispondere: è pericoloso per l'uomo? Sappiamo che alcuni ortobuniavirus infettano l'uomo. Ma non c'è evidenza alcuna che il "virus di Schmallenberg" lo abbia fatto. Insomma, in merito a questa domanda non possiamo dire nulla.

Ma allora perché molti scienziati si interessano del nuovo virus? Il motivo è evidente. Da alcuni lustri assistiamo a un ritorno delle malattie infettive, che da mezzo secolo pensavamo di poter sconfiggere per sempre.

Uno dei motivi del ritorno delle malattie infettive sono i mutamenti dell'ambiente: l'inasprimento dell'effetto serra, l'erosione della biodiversità, l'esplorazione da parte dell'uomo di nuovi territori, la quantità e la rapidità dei viaggi da un continente all'altro.

È quindi necessario imparare a riconoscere le nuove fonti di pericolo, a capire come si generano, quali vie i patogeni percorrono, come evolvono. Insomma abbiamo bisogno di una nuova cultura ecologica: la conoscenza dell'ecologia dei patogeni.

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