[02/03/2012] News

Materie prime e riciclo, luci e ombre sulla proposta di "azione incisiva" della Commissione Ue

Ci sono luci ed ombre nella recente "azione incisiva" proposta dalla Commissione europea per affrontare le «tre sfide principali della nostra società, in settori di cruciale importanza per la crescita e l'occupazione: fornitura di materie prime, agricoltura sostenibile e invecchiamento attivo e in buona salute della popolazione».

Il punto non è il richiesto «maggior sforzo innovativo e di collaborazione tra settore pubblico e privato per migliorare la qualità della vita e la posizione dell'Europa quale leader mondiale» attraverso i due nuovi partenariati europei (Pei) avviati dalla Commissione per l'innovazione, scelta condivisibile, ma le valutazioni che si fanno nel merito. E' infatti senz'altro vero che la «fornitura di materie prime, vitale per l'industria di punta moderna, è un aspetto sempre più problematico», tuttavia lascia molto perplessi l'esempio che viene portato quale possibile obiettivo: «si stima che il valore delle risorse minerali europee non sfruttate a una profondità di 500-1.000 metri sia di circa 100 miliardi di euro. Sviluppando nuove tecnologie si potrà estrarre più in profondità, nelle zone più remote e in condizioni estreme».

Una soluzione diciamo autarchica che dovrebbe essere molto più discussa a livello di costi/benefici.

Dati per buoni i 100 miliardi d euro potenziali, quanti sono i costi di impatto ambientale conseguente? Teoricamente è giusto che ognuno faccia la sua parte e le estrazioni di questi materiali nel mondo piuttosto che in Europa non sono affatto garanzia di migliore sostenibilità ambientale e sociale.

Certo è che quanto accaduto con le esplorazioni petrolifere profonde negli Usa dovrebbero essere un buon monito per non agire in modo troppo semplicistico. L'altro aspetto, forse più preoccupante, è che tutto questo ci pare alluda a uno scenario già reale e non di prospettiva di un esaurimento evidente delle risorse del Pianeta.

Siamo dunque già a raschiare il fondo? Nella strategia inoltre non si parla mai di una cosa fondamentale: ridurre i consumi di materie prime perché il futuro non può essere scovare tutte le risorse disponibili ma cercare di fare di più con meno, magari tenendo presente - questo è un auspicio - quell'idea che molto bene ha riassunto Giorgio Ruffolo alcuni giorni fa con queste parole:
«promuovere lo sviluppo dell'essere piuttosto che la crescita dell'avere».

Se così è ci pare molto più interessante l'altra proposta, già presente nella genesi della comunicazione della Commissione, di sviluppare i sostituti di materie prime essenziali e migliorare il riciclaggio delle attrezzature elettriche, elettroniche e di altri rifiuti. Ma anche qui sembra tutto molto più spostato sui Raee che sul riciclo dei rifiuti in generale.

Nella declinazione delle proposte della Commissione per raggiungere alcuni obiettivi concreti entro il 2020 si legge infatti: avviare sino a dieci azioni pilota innovative (ad es. impianti di dimostrazione) per la prospezione, l'estrazione e il trattamento, la raccolta e il riciclaggio; elaborare prodotti di sostituzione per almeno tre applicazioni fondamentali delle materie prime essenziali e rare; migliorare l'efficacia nell'utilizzazione dei materiali e nella prevenzione, nella riutilizzazione e nel riciclaggio dei rifiuti di materie prime pregiate provenienti dai flussi di rifiuti, mettendo in particolare l'accento sui materiali che hanno un impatto potenzialmente negativo sull'ambiente; sviluppare una rete di centri di ricerca, d'insegnamento e di formazione sulla gestione sostenibile dell'attività mineraria e dei materiali (M³); elaborare strumenti statistici europei normalizzati ai fini delle inchieste sullo stato delle risorse e delle riserve, nonché una carta geologica 3-D; adottare un sistema di modellizzazione dinamica che correli l'evoluzione dell'offerta e della domanda, realizzando un'analisi del ciclo di vita completo; fare adottare all'Unione europea una strategia proattiva nelle organizzazioni multilaterali e nei rapporti bilaterali, ad esempio con gli Stati Uniti, il Giappone o l'Australia, nei vari settori coperti dal partenariato.

Ma per il riciclo dei riifiuti l'unico esempio che viene posto è il seguente: attualmente ogni cittadino dell'UE produce circa 17 kg di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) all'anno, una cifra che secondo le stime dovrebbe salire a 24 kg entro il 2020. Nuove tecniche di riciclaggio efficaci sotto il profilo dei costi e rispettose dell'ambiente e migliori prassi per quanto riguarda la raccolta e il trattamento dei rifiuti offrono la possibilità di migliorare il riciclaggio delle materie prime essenziali quali rame, argento, oro, palladio o cobalto.

Dispiace constatare che per essenziali non si indichino tutte le materie derivate dai rifiuti, che invece avrebbero da una proposta come questa un grande aiuto, anche se cercheremo di capire se non siano sottointese nella proposta. Cosa che, se anche fosse, sarebbe stato meglio comunque esplicitare.

Non è molto chiaro, poi, quest'altro passaggio: il Pei riguarderà tutta la catena di creazione del valore delle materie prime, indipendentemente dal fatto che queste siano primarie (materie vergini) o secondarie (materie riciclate) e che si trovino in giacimenti terrestri o sottomarini. Quali sarebbero le materie seconde che si trovano nei giacimenti terrestri o sottomarini? Forse per materie secondarie in giacimenti terrestri e sottomarini si intende nel primo caso le discariche e nel secondo i materiali di dragaggio? Detto così ci pare troppo vago.

Resta il fatto che al di là delle estrazioni in profondità che non convincono appieno come detto, i vantaggi considerati dalla Commissione sono pure questi in chiaro/scuro se relativi ai soli Raee (che sono certamente voluminosi, ma non per questo più importanti degli altri se l'orizzonte è quello dello sviluppo sostenibile e non solo delle materie prime utili a una parte della green economy...).

Si sostiene infatti che con questa strategia si garantirà l'attuazione e la diffusione di soluzioni innovative in Europa e offrirà i seguenti vantaggi: le imprese, in particolare le PMI, che operano nel rispetto di norme ambientali e sociali elevate beneficeranno di una più rapida diffusione delle innovazioni e di condizioni di investimento più favorevoli; i consumatori europei beneficeranno di vantaggi indiretti legati alla diminuzione dei costi di produzione, grazie ad esempio alla sostituzione di materie prime costose e di difficile reperimento con prodotti alternativi; l'ambiente beneficerà della riduzione dei flussi di rifiuti e del miglior uso che i consumatori faranno dei prodotti riciclati; i ricercatori e le organizzazioni avranno l'opportunità di mettere in comune le loro conoscenze e di beneficiare della nuova rete; la collaborazione tra imprese, università e autorità pubbliche dovrebbe intensificarsi; le autorità nazionali, regionali e locali saranno coinvolte nelle primissime fasi del processo di ricerca e sviluppo in modo da sviluppare nuove tecnologie di riciclaggio ed estrazione che soddisfino le esigenze dei loro cittadini, soprattutto per quanto riguarda il riciclaggio e la gestione dei rifiuti urbani; il ruolo geopolitico dell'Unione europea sarà rafforzato in quanto l'UE aumenterà la sua indipendenza dalle importazioni di materie prime e sarà in grado di accelerare l'esportazione delle nuove tecnologie.

Come dice giustamente Pietro Colucci ex presidente dal 2006 al 2011 di Assoambiente, oltre alla necessità sacrosanta di un piano energetico nazionale (ma questa è un'altra storia) «il tema dell'industrializzazione del ciclo dei rifiuti va inserito dentro a una politica industriale organica» e se questa, aggiungiamo noi, ha un respiro Europeo dove il riciclo di tutti i materiali si considera la risposta alla carenza di materie prime, è un conto, altrimenti come minimo non si dà alcuna risposta ad esempio a quelle 102 discariche abusive sparse per l'Italia. Oppure si pensa che basti una recrudescenza di qualche legge ambientale?

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