[02/03/2012] News

Il vaso di Pandora è già aperto: il land grabbing estrattivo, le risorse e il destino del pianeta Terra

Il rapporto "Opening pandoras box - the new wave of land grabbing by the extractive industries and the devastating impact on earth" pubblicato da The Gaia Fundation analizza l'impatto delle industrie estrattive minerarie, del gas e del petrolio che stanno sollevando sempre maggiori preoccupazioni ambientali.

Lo studio lancia un forte allarme: «Oggi il livello, l'espansione e l'accelerazione di queste industrie sono di gran lunga maggiori rispetto a quello di cui si rende conto la maggioranza di noi. Non stiamo più parlando di sacche isolate di distruzione e inquinamento. Al giorno d'oggi, è probabile che, non importa dove si viva sulla Terra, le acquisizioni dei terreni da parte dell'industria mineraria, del petrolio e del gas potrebbe presto essere alla nostra porta. Questa tendenza è oggi una delle principali cause di land grabbing a livello mondiale, e rappresenta una minaccia significativa per le comunità indigene del mondo, per gli agricoltori ed i sistemi di produzione alimentare locali, nonché per la preziosa acqua, le foreste, la biodiversità, ecosistemi essenziali e per i cambiamenti climatici»
Il rapporto vuole informare i cittadini del mondo globalizzato delle dinamiche complessive delle industrie estrattive e mostra il livello allarmante di questa tendenza generale. «Proprio come nel mito greco, quando Pandora aprì il vaso e lasciò uscire fuori tutti i problemi conosciuti dai comuni mortali, così anche questa nuova ondata di land grabbing minerario sta portando ad una distruzione inimmaginabile. Se vogliamo che resti una speranza resta, dobbiamo svegliarci ed agire subito».

L'ampiezza ed i livelli di aumento delle attività estrattive durante gli ultimi 10 anni che presenta "Opening pandoras box" sono davvero scioccanti: «Ad esempio, la produzione di minerale di ferro è aumentata del 180%; di cobalto del 165%; di litio del 125%, e di carbone del 44%». La prospettiva è ancora peggiore:la prospezione mineraria e per gli idrocarburi è cresciuta in modo esponenziale, «Il che significa che questa accelerazione della massiccia estrazione continuerà se le concessioni verranno concesse liberamente come avviene ora».

Tra il 2005 e il 2010 in Cina l'industria mineraria è aumentata di quasi un terzo. In Perù, le esportazioni minerarie nel 2011 sono aumentate di un terzo in un solo anno e nella regione meridionale di Puno le concessioni minerarie sono quasi triplicate tra il 2002 e il 2010. In Sud Africa un consorzio di investitori internazionali ha chiesto i diritti per trivellare petrolio e gas shale in un'area che interessa circa il 10% della superficie dell'intero Paese. In America Latina, Asia e Africa, sempre più terre comunitarie, bacini fluviali ed interi ecosistemi vengono spogliati, le comunità sfollate, le terre divorate dalle attività minerarie. Le grandi miniere all'aperto trasformano il territorio in enormi aree industriali dismesse, rimuovono le cime delle montagne, fanno un uso vorace dei bacini idrici ed avvelenano fiumi e falde sotterranee, la deforestazione, la contaminazione dell'humus prezioso; l'inquinamento atmosferico; la lisciviazione acida; l'insorgere di tumori tra i lavoratori e la popolazione dei dintorni... è questo il macabro catalogo della devastazione in inarrestabile crescita che presenta il rapporto di The Gaia Fundation.

Secondo "Opening pandoras box" «I diritti degli allevatori e delle comunità indigene sono sempre più ignorati nella corsa al "grab land and water". Ogni ondata di nuove tecnologie estrattive richiede sempre più acqua per strappare il materiale dalla sua fonte. La fame di questi materiali è una minaccia crescente per quel che è necessario alla vita: acqua, suolo fertile e cibo. Le implicazioni sono evidenti».

Le attività estrattive non rappresentano una sfida solo per il Sud del mondo, per i Paesi in via di sviluppo. Nei Paesi ricchi ed industrializzati il "fracking", che comporta l'iniezione ad alta pressione di una miscela di sostanze chimiche tossiche in depositi di scisti perché rilascino il gas naturale intrappolato all'interno, è la prova che l'industria petrolifera e gasiera è lanciata nello sfruttamento del petrolio e del gas degli scisti dei grandi depositi del Nord America ma anche in Europa. «Con la difficoltà intrinseca per la sicurezza dell'acqua che contiene sostanze chimiche che vengono iniettate nel terreno - dice il rapporto - questi cocktail tossici inevitabilmente lisciviano nelle falde acquifere e nei sistemi idrici locali e li inquinano». Ad esempio, in Gran Bretagna sono già in corso diversi progetti per gli scisti bituminosi ed il gas shale, che probabilmente, come ha ammesso la stessa azienda che sta attuando i progetti, due terremoti nel Lancashire sono stati causati dalle operazioni fracking.

«Questo drammatico dalle ambizioni, scopi e devastazioni delle industrie estrattive del mondo è il risultato di una serie di fattori contemporaneamente convergenti - sottolinea il rapporto - L'aumento dei prezzi di metalli, minerali, petrolio e gas hanno agito come un incentivo a sfruttare nuovi territori e depositi "'meno puri". Le tecnologie stanno diventando sempre più sofisticate per estrarre materiali da zone che prima erano inaccessibili, antieconomiche, o designate come di "bassa qualità". Una tendenza generale è quella che i depositi con la più alta qualità o concentrazione sono già esauriti. Ciò significa che l'estrazione dai giacimenti meno accessibili richiede più rimozione di terra, sabbia e roccia, e quindi lo "scorticamento" di aree sempre più grandi di terra ed acqua, come si è visto con le vaste sabbie bituminose dell'Alberta in Canada».

All'inizio di tutto questo c'è stata una forte accelerazione degli investimenti globali nelle industrie estrattive negli ultimi 3 anni: «Nel 2008 crollo dei mercati finanziari ha indotto gli investitori degli hedge fund e dei fondi pensione a puntare sempre più sulle commodities di metalli, minerali, petrolio e gas ed i derivati finanziari loro connessi, al fine di recuperare le loro perdite e diffondendo i loro rischi. Questo ha avuto l'effetto di un ulteriore "driving" per l'estrazione».

Da questo quadro emerge un problema di democrazia, di governo delle risorse ed anche di percezione che governi ei cittadini non hanno ancora affrontare in modo adeguato, perché alla base c'è la spinosa questione del consumo e del modello di sviluppo. Secondo il Mineral information institute, un americano medio nato oggi, durante la sua vita userà quasi 3 milioni di libbre di minerali, metalli e combustibili, cioè quasi 20 tonnellate all'anno. Il Programma per l'ambiente dell'Onu (Unep) dice che uno sviluppo del settore estrattivo che segua uno scenario business-as-usual porterebbe entro il 2050 ad un aumento del 300% del sistema globale di estrazione delle risorse annuale, uno scenario che il pianeta Terra semplicemente non può sostenere.

Il rapporto "Opening pandoras box" ammette: «Non ci sono risposte facili. Gli impatti ambientali dell'estrazione e della combustione dei combustibili fossili sono ben documentati, mentre l'estrazione dell'uranio e l'energia nucleare sono già fortemente controversi. Mentre molti hanno riposto le loro speranze sulle potenzialità delle soluzioni della "green energy", come auto elettriche, pannelli solari e turbine eoliche, anche tutte queste richiedono una notevole quantità di tecnologia e minerali: in primo luogo terre rare. Poiché l'utilizzo di tecnologie sta aumentando fortemente, inevitabilmente, si traduce anche in un massiccio aumento di un'attività mineraria ancora più devastante».

E qui il rapporto ritorna al punto centrale e che si cerca sempre di mettere da parte, come se riguardasse un lontano e evitabile futuro e non un'urgenza dell'oggi: «Come sappiamo il modello economico industriale si fonda sulla "crescita" infinita, sfidando le leggi della vita. Alla fine le opzioni sono brutalmente chiare: o un numero sufficiente di noi è in grado di invertire la tendenza, basandosi su un modello economico che supporta i processi viventi, o saremo costretti a farlo, con molte sofferenze inutili. Nel frattempo, attualmente ci sono pochi incentivi o disposizioni volti ad assicurare che i vari protagonisti nella catena produttiva limitino lo spreco vergognoso e l'obsolescenza. Per il riutilizzo, il riciclo , il design per riciclabilità, o per sviluppare sistemi che utilizzino i materiali in modo efficiente ed economico, bisognerebbe almeno chiudere il ciclo dei rifiuti e ridurre il nostro impatto, alcuni dicono che con questo si avrebbe un guadagno significativo. Viviamo su un pianeta bellissimo e meraviglioso, l'unico che conosciamo nel nostro cosmo. Lo sentiamo improvvisamente molto piccolo e vulnerabile di fronte al momentum della distruzione che abbiamo scatenato su di lui, attraverso le nostre azioni consce e inconsce. Dobbiamo riconoscere questa realtà: se continuiamo nella nostra attuale direzione, i nostri figli saranno lasciati a bonificare un pianeta sempre più sterile e instabile, disseminato di aree tossiche abbandonate e con una carenza enorme di acqua, che avremo lasciato lungo la nostro scia».

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