[01/03/2012] News

L'idea trasversale della sostenibilità per capire la crisi, dalla Chiesa fino al Financial Times

La trasformazione culturale inizia a prendere forma, aspettando di condensarsi in politica

«I flussi del capitale finanziario si sottraggono sempre più al controllo degli stati nazionali e, liberi da ogni vincolo, moltiplicano a dismisura la propria forza. La politica invece rimane ancorata alla vecchia casa dello stato nazionale, costretta a fronteggiare, con budget sempre più ridotti e contestati, le pressioni che vengono dai cittadini. Nel nuovo quadro dell´economia globalizzata il suo compito principale non è più quello di dirigere, ma di garantire un certo grado di coesione sociale; essa non può più coltivare disegni ambiziosi, ma solo rattoppare e tamponare. È allora che la politica e i suoi interpreti iniziano a perdere autorità e qualità›».

Il sociologo Franco Cassano, oggi sulle pagine de la Repubblica, riprende la riflessione attorno "l'anatomia della crisi", inaugurata dal quotidiano romano ed oggi alla seconda puntata - sulla scia degli speciali dedicati da fogli del calibro del Financial Times o l'Economist, tra le più autorevoli voci in campo economico che provengano direttamente dalla tana del lupo, proprio da quella Gran Bretagna che è culla del liberismo.

Oltre alle osservazioni in merito alla bontà o meno delle analisi proposte, questa convergenza sui generis (alla quale, con modestia, anche greenreport.it da tempo è ormai affiliato) offre un interessante indizio sulla temperatura della percezione della crisi. Sdoganato dalla polarizzazione che lo vedeva confinato e all'interno delle sale dei bottoni (finanziarie prima ancora che politiche), e nelle piazze occupate dalla protesta degli strati sociali più deboli, tale metatema è ormai affrontato in pianta stabile all'interno di centri di produzione e diffusione culturale di massa, che se ne cibano in abbondanza per produrne letture con lo scopo di cercare un'altra e più ampia prospettiva dalla quale osservare le esclamazioni di chi, dall'alto e ancora in maggioranza, fa giungere altrimenti un'unica e lapidaria conclusione: la crisi c'è, va pagata, ed è necessario che a farlo sia tutto ciò che è visto come ostacolo al turboliberismo - ovvero, e in prima fila, democrazia, stato sociale, tutele dei lavoratori, consumo sostenibile e attento delle risorse naturali e delle merci.

A questa rielaborazione e digestione culturale, necessaria per non abbandonarsi a semplicistiche e travianti demagogie, collaborano - quasi guidate da una insospettabile "mano invisibile", per citare il filosofo morale Adam Smith - in modo indipendente le più varie fonti e istituzioni. Non ultima la Chiesa cattolica, certo non nuova in materia di difesa del welfare state, che col Presidente della conferenza episcopale italiana, Angelo Bagnasco, ieri ha tenuto una lezione su "un'economia per l'uomo e la società" - anche questa in diretta dal mondo anglosassone, dalla London school of economics. Il porporato, come riporta l'Avvenire, ha affermato che «la cupidigia, facilitata e sollecitata da meccanismi finanziari e speculativi internazionali ha creato voragini e illusioni, ha avvelenato il modo di pensare e di fare non solo di singoli ma anche di economie e nazioni; ha spinto in un vortice virtuale che non poteva e non doveva durare [...]L'utile è uno scopo legittimo, ma se diventa fine a se stesso va contro l'uomo», per poi rilanciare «il ruolo insostituibile della politica che ha la responsabilità imprescindibile di visione ideale ed etica - etica razionale - al fine di garantire non solamente il quadro giuridico più adeguato per orientare lo sviluppo e regolare i rapporti di tipo economico, ma innanzitutto di progetto di società che risponda a quell'umanesimo integrale e aperto alla trascendenza e agli altri che ha fatto l'Europa».

La trasversalità - che va a nozze con la complessità crescente del mondo che recita davanti ai nostri occhi - sembra essere l'arma in più di coloro che potrebbero essere definiti come i "dissidenti" dell'attuale paradigma socioeconomico. La loro debolezza consiste però nel presentarsi come poco più che punti disgiunti che vanno a comporre un panorama critico diviso e, per questo, debole.

Prendendo di nuovo a prestito dalla riflessione di Cassano, la politica democratica «deve tornare ad avere potere, costruire meccanismi di controllo sui movimenti del capitale finanziario, porre fine alla latitanza di quest´ultimo rispetto alle sofferenze di quel pianeta in cui si aggira come un uccello predatore. Essa deve mutare il proprio rapporto di forza con l´economia, ri-costruire un rapporto equilibrato tra capitalismo e democrazia, tra consumatori e cittadini, tra libertà ed uguaglianza, tra il presente e il futuro. Si tratta di un passo tutt´altro che semplice: un paradigma in declino, si sa, continua ad avere influenza e ad essere popolare mentre quello in gestazione è visibile solo a pochi, che è facile scambiare per visionari. Ma la direzione di marcia è tracciata».

Rimane dunque una sola variabile, ma non da poco: la variabile temporale. La stessa che risulta decisiva per la sopraffazione della finanza sulla democrazia, con i tempi della prima fulminei rispetto a quelli della seconda, ci conduce sempre più vicini alla possibilità di un fallimento. Un fallimento ecologico, con la nostra impronta sul pianeta sempre crescente; un fallimento sociale, con l'esacerbazione delle disuguaglianze economiche e di status che diverranno man mano più incandescenti, se non vi si porrà freno; e infine un fallimento economico, perché senza una società stabile e risorse naturali da poter trasformare e da poter commerciare, non si potrà che recedere di secoli nella scalata umana verso il benessere materiale. L'unica cosa certa è che il cambiamento non potrà essere evitato, mentre è necessario saperlo pilotare, per non lasciarlo in balia delle pericolose leggi del caos. Il tempo è tiranno, ma non resta che continuare a soffiare sul fuoco del cambiamento, finché le tante fiammelle, maturando, non diverranno un'unica pira.

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