[22/02/2012] News

Crescita interna, servizi e ceti medi nel futuro dell'economia cinese

Come già nel recente passato, è "Qiushi", la rivista teorica del Partito comunista cinese, che ospita le riflessioni di Li Keqiang (Nella foto), vice-primoministro cinese e, a detta dei più, candidato alla successione del premier. Sono riflessioni che, insieme ad altri interventi di Li, prefigurano il programma di politica economica della nuova leadership cinese.

Due sono le parole d'ordine: crescita e ristrutturazione dell'economia. La crescita, in un contesto internazionale ancora incerto e tentato dal protezionismo, è affidata sempre più all'espansione della domanda interna, il cui potenziale, ancora enorme, è legato ai processi di urbanizzazione, ritenuti ancora insufficienti rispetto agli standard occidentali.

La questione cruciale è allora come gestire quest'accelerazione del trasferimento di ulteriori fasce di popolazione dai contesti rurali a quelli urbani, sia in termini di coesione sociale che con riferimento ai vincoli energetici e di sostenibilità ambientale. Rispetto al passato, vari accenti appaiono diversi. Si parla di una pianificazione territoriale che distribuisca i flussi tra le città di diverse dimensioni (e non solo verso le megalopoli) e tra diverse aree della Cina (con interventi di sviluppo differenziati a favore di alcune zone occidentali di rilevanza nazionale). Inoltre sono ritenute necessarie politiche che offrano ai nuovi migranti stabilità economica ed inclusione sociale.

Il secondo tema è quello della ristrutturazione del sistema economico, esigenza strettamente connessa all'imperativo della crescita. Sinora la priorità è stata data alla costruzione di una potenza manifatturiera senza eguali al mondo. La nuova enfasi sarà invece sul settore dei servizi, riconosciuto come il vero punto debole dello sviluppo socio-economico della Cina, laddove - sostiene con forza Li - la qualità e la competitività dello sviluppo dipende proprio dalla integrazione tra manifattura e servizi. Puntare sui servizi significa accelerare la crescita di settori quali la logistica, l'e-commerce, la ricerca scientifica, il design, il turismo, i servizi alla persona (a cominciare da quelli sanitari e per gli anziani), i servizi alle piccole e medie imprese. Il tema dell'innovazione tecnologica (anche attraverso crescenti importazioni di tecnologie avanzate) assume in questo contesto una priorità assoluta.

Alla fine quello che conta, sostiene Li, è, accanto alla stabilità del ritmo di investimenti, la domanda finale dei consumatori, anch'essa con potenziali di crescita straordinari prima di potersi confrontare coi livelli di Usa, Europa e Giappone. Per Li è essenziale una politica di distribuzione dei redditi, che permetta la sincronizzazione tra crescita del Pil e crescita del reddito disponibile delle famiglie e tra aumenti di produttività e remunerazione del lavoro, oltre ad un aumento della quota di famiglie a medio reddito. D'altronde, in un Paese che prova una crescente insofferenza verso "l'arroganza dei ricchi", la crescita del consumo interno non può essere realizzata ignorando le aperte critiche dell'ala "sinistra" del Partito, che ha in Bo Xilai e nel "modello Chongqing" le sue icone (oggi per altro in seria difficoltà).

Questo - con chiarezza invero invidiabile - il programma. Molte sono le considerazioni che dovrebbero suggerire ad un paese come il nostro, a cominciare dal consolidarsi di nuove aree di collaborazione proprio nel settore dei servizi. Tra queste la collaborazione nella ricerca e nella tecnologia assume ancor maggiore rilevanza, ma con tutta l'attenzione ad una collaborazione che, se non presidiata e mantenuta su basi paritarie, ha la pericolosa (e dichiarata!) tendenza a trasformarsi in shopping tecnologico. La crescita dei consumi interni significa anche ottime opportunità per le nostre esportazioni, a patto che le imprese italiane modifichino alcuni loro atteggiamenti, abbiano una visione più articolata e sofisticata del mercato cinese e sappiano parlare non solo alla sete di lusso dei nuovi ricchi, ma anche alla voglia di qualità di vita degli emergenti ceti medi.

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