[20/02/2012] News toscana

Fusti tossici, dal vertice al ministero la conferma: visibili limitate quantità di materiale sfuso sul fondo

Legambiente: Arpat conferma tutte le nostre preoccupazioni

in serata arriva l'esito del vertice di Roma al ministero dell'ambiente e non è rassicurante, questo il comunicato dell'Arpat: «Nel corso della riunione sono state illustrate da ISPRA le fotografie riprese dal robot sottomarino (ROV)  nell'area  del ritrovamento del carico disperso. Le immagini hanno confermato i risultati delle precedenti analisi fisiche (sonar e magnetometro) in quanto sono stati individuati i semirimorchi e gran parte dei circa 200 fusti dispersi. Tuttavia risultano ancora mancanti all'appello alcune decine di fusti.

Dei fusti individuati alcuni sono vuoti  o danneggiati. Sono visibili inoltre limitate quantità di materiale sfuso sul fondo.

Il tavolo tecnico ha approvato il piano di monitoraggio proposto da Grimaldi, con alcune prescrizioni. Saranno campionati sedimenti, colonna d'acqua, e organismi pescati nella zona. I campioni raccolti saranno analizzati anche nei laboratori degli enti pubblici di controllo (ARPAT, ISPRA, IZS).

La nave oceanografica - conclude la nota dell'Arpat - Minerva Uno riprenderà da subito le ricerche per individuare la parte restante del carico e successivamente sarà predisposto il piano di recupero».

Dal comune e dalla provincia di Livorno arriva un comunicato congiunto: «Secondo quanto affermato dalla Compagnia, dai primi dati rilevati si ritiene che ci siano stati degli sversamenti (di cui non è possibile stabilire l'entità) e per questo motivo nei prossimi giorni i tecnici della Grimaldi effettueranno dei campionamenti di sedimento marino, delle acque e del pescato, per determinare la presenza di contaminazioni e/o dispersione di sostanze tossiche nell'area interessata. Da tutti i partecipanti all'incontro, che si è protratto fino al tardo pomeriggio, è stata, inoltre, avanzata alla Compagnia Grimaldi la richiesta di presentare un piano dettagliato per la rimozione dei bidoni. Dagli enti locali e dalla Regione  la rimozione dei bidoni viene considerata in assoluto l'unica possibilità per la soluzione del problema».

«Al tavolo - sottolineano il presidente della Provincia Giorgio Kutufà  e il sindaco di Livorno Alessandro Cosimi - sono presenti  i tecnici e gli esperti di tutte le istituzioni e dei soggetti di controllo che garantiscono un qualificato supporto alla Capitaneria di Porto di Livorno nella gestione di questo delicato problema. Le amministrazioni livornesi vigileranno con la massima attenzione su tutte le procedure di controllo ambientale e di recupero del materiale, con l'auspicio che la situazione trovi al più presto una definitiva e positiva conclusione».

«Il piano di recupero dei fusti tossici dispersi in mare il 17 dicembre scorso deve essere presentato nel più breve trempo possibile e deve prevedere condizioni di massima sicurezza per evitare altre perdite di materiali in mare». Questa è quanto richiede l'asessore regionale all'ambiente Annarita Bramerini, commentando le notizie scaturite dalla riunione del tavolo tecnico che si è tenuta al Ministero dell'ambiente, a Roma.

Secondo quanto appreso sono stati ritrovati i 2 semirimorchi e una parte dei fusti.  I fusti ritrovati sono in parte ancora integri, in parte deformati dalla pressione dell'acqua e  in parte aperti.

Al tavolo tecnico hanno partecipato, a supporto della Capitaneria del Porto di Livorno (soggetto competente per il recupero di materiale disperso in mare) , la Regione, l'Arpat, l'ISPRA, il comune e la provincia di Livorno, il Ministero della slaute e dell'ambiente, l'Istituto superiore di sanità.  Scopo dell'incontro valutare la situazione e definire modalità condivise di campionamento e di recupero dei bidoni finiti in mare dal cargo Venezia, anche sulla base di proposte della Società armatrice.

Le decisioni adottate.
Il piano di monitoraggio specifico presentato dalla Grimaldi e integrato dalle richieste dei partecipanti all'incontro, consiste nell'analisi dei sedimenti, del bentos, ossia l'insieme degli organismi che vivono sul fondo del mare,  e della colonna d'acqua.  E' stato deciso, su proposta della società armatrice, di ampliare la zona delle ricerche verso nord-nordest per ritrovare gli altri bidoni.

Il piano di monitoraggio prevede anche l'analisi degli organismi e pesci di fondale attraverso il posizionamemto di trappole di cattura sul fondo dell'area. Le attività partono domani, la nave Minerva Uno è già a Livorno ed è operativa. Il monitoraggio viene realizzato dalla Grimaldi, ma un certo numero di campioni saranno consegnat a Ispra, Arpat e Istituto zooprofilattico.

Quanto al recupero dei bidoni la Grimaldi si è impegnata a presentare un piano corredato da valutazione dei rischi, che non può prescindere da un'analisi approfondita delle condizioni dei fusti ritrovati in profondità. E' un'operazione molto delicata e bisogna scongiurare il pericolo  che il prelievo possa provocare perdite ulteriori.

Sabato a Livorno si era tenuta la manifestazione "il nostro mare non è una discarica" e oggi al ministero dell'ambiente si è riunito il tavolo tecnico.

Aveva fatto molto discutere la nota diffusa il 18 febbraio dell'Arpat (poi "ridimensionata") sulle ricerche dei bidoni tossici al largo di Gorgona, che sottolineava: «E' possibile che a causa della pressione esercitata dalla colonna d'acqua i fusti si siano aperti ed il contenuto si sia depositato sul fondo, disperso secondo l'andamento delle correnti prevalenti ad una profondità tra i 400 ed i 450 m». Secondo Legambiente Arcipelago Toscano il comunicato «Conferma tutte le preoccupazioni espresse da Legambiente non appena si ebbe la notizia che dall'eurocargo Venezia della Grimaldi Lines il 17 dicembre 2011 erano finiti nel mare in tempesta due semirimorchi carichi di scorie tossiche».

Gli ambientalisti ricordano che il 4 gennaio avevano già scritto: «Secondo alcuni esperti che abbiamo sentito, difficilmente quei bidoni galleggerebbero e la stessa ditta produttrice dei fusti lo escluderebbe. Ma anche se i fusti fossero tutti affondati e non rappresentassero quindi un pericolo  per le coste, come avevano  detto Prefettura, Capitaneria e Comuni, il problema rimane e sembra molto grosso:  un bidone di quel genere, sott'acqua a 400 metri forse si potrebbe essere già spaccato per la pressione, e se così non fosse, secondo alcuni esperti si  deteriorerebbe più o meno dopo un anno o due, lasciando fuoriuscire il materiale tossico».  E ricordano che il tutto sta avvenendo «In piieno Santuario internazionale Pelagos dei mammiferi marini ed circa 9 miglia (non le 20 precedente mente indicate), dall'area marina protetta di Gorgona. Sarebbe proprio un bel guaio. Bisogna quindi capire come si comporteranno in condizioni ambientali estreme le sostanze tossiche (Nichel tra 1,4 e 4.5%, ritrovato da Arpat  al 2,5%;  Molibdeno tra 7,7 e 12,3%, ritrovato 8,1, con forte solubilità), contenute nei bidoni individuati a 430 metri di profondità. Il rischio per il delicatissimo ecosistema abissale, che solo ora si comincia a conoscere nella sua complessità ed importanza, sembra molto alto». 

Legambiente chiede che «Siano svolti rapidamente gli ulteriori  accertamenti e le verifiche fotografiche e video da parte del Rov a cura della nave Minerva Uno della Sopromar siano completati al più presto per avere così le necessarie e certe informazioni sulla dispersione dei bidoni e sulla possibile fuoriuscita delle sostanze tossiche. Alle istituzioni chiediamo di continuare a tenere aggiornata costantemente l'opinione pubblica, evitando la confusione e l'opacità che hanno distinto o la prima fase di questa vicenda, Al  tavolo tecnico convocato al ministero dell'ambiente per il 20 febbraio Legambiente chiede di approvare un piano di campionamento e recupero che dia linee di intervento e tempistiche certe perché la Grimaldi lines, responsabile di questo disastro, eviti un ulteriore e massiccio inquinamento del fondale del Santuario dei Cetacei e del Tirreno toscano». 

Gli organizzatori della manifestazione di Livorno n on si fidano molto delle istituzioni e dicono: «La zona in cui avvengono è stata ben delimitata dalla citata ordinanza della Capitaneria di porto, la n. 7 del 4 febbraio. Ebbene quella zona è esattamente la stessa che viene riportata in un documento dell'Iapra del 21 dicembre, quattro giorni dopo l'incidente. Avete letto giusto: sin dal 21 dicembre le autorità erano in grado di stabilire con una esattezza la zona dove erano stati seminati i bidoni. Però le ricerche sono cominciate 41 giorni dopo. Sembra che i semirimorchi siano stati individuati. Si tratta di una bella notizia che però viene oscurata dal rischio che i ritardi nell'inizio delle ricerche potrebbero aver portato danni facilmente evitabili. Sembra infatti che il contenuto dei bidoni sia disperso in un raggio di alcune centinaia di metri. In questo caso il disastro sarebbe compiuto. Su questa stramba vicenda noi abbiamo solo due certezze: 1) sul Venezia c'erano delle porcherie che sono state perse nel nostro mare, porcherie che potevano essere pericolose in caso di spiaggiamento e che sono senza alcun dubbio pericolose per l'ecosistema marino; quindi i bidoni devono essere recuperati quanto prima, mettendo in campo le migliori tecnologie possibili. 2) la mobilitazione dei comitati, delle associazioni e di alcuni partiti è stata fondamentale per costringere coloro che avevano cercato di tener nascosto l'accaduto a far uscire almeno frammenti di una verità che però è ancora lontana dall'essere stata svelata completamente».

Torna all'archivio