[17/02/2012] News

L’Assemblea Onu condanna la Siria, ma nessuno sa come uscire dal bagno di sangue

L'Assemblea generale dell'Onu ha adottato, con 137 voti a favore, 12 contrari e 17 astenuti, una risoluzione che «condanna fortemente la prosecuzione delle violazioni generalizzate e sistematiche dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle autorità siriane», ed esorta il governo nazional-socialista di Damasco «a mettere immediatamente fine ad ogni violazione dei diritti umani ed agli attacchi contro dei civili, a proteggere la sua popolazione, a rispettare pienamente gli obblighi che gli impone il diritto internazionale» e «condanna tutte e violenze, da qualsiasi parte vengano».

La risoluzione esige che, immediatamente, «il governo siriano faccia cessare ogni violenza e protegga la sua popolazione; liberi tutte le persone che sono state detenute arbitrariamente in rapporto ai recenti incidenti; ritiri tutte le forze armate e militari dalle città e dai centri urbani e le faccia reintegrare nelle loro caserme di origine; garantisca la libertà di manifestare pacificamente». L'assemblea generale dell'Onu chiede che si intraprenda «un processo politico senza esclusioni che sia diretto dai siriani e che si svolga in un clima esente da violenze, paura, intimidazione ed estremismo, al fine di rispondere concretamente alle ispirazioni ad alle preoccupazioni legittime del popolo siriano».

L'Onu sostiene senza riserve «la decisione presa dalla Lega degli Stati arabi il 22 gennaio 2012 mirante a facilitare una transizione politica diretta dai siriani verso un sistema politico democratico e pluralista» e «impegna le autorità siriane ad autorizzarei soccorsi umanitari ad apportare in tutta sicurezza ed in tutta libertà un aiuto umanitario alle persone che ne hanno bisogno». Inoltre l'Assemblea Onu riafferma «il suo costante impegno alla sovranità, all'indipendenza, all'unità ed all'integrità territoriale della Repubblica araba siriana».

Il 4 febbraio Russia e Cina avevano messo il veto al Consiglio di Sicurezza dell'Onu ad una risoluzione che chiedeva la fine della repressione in Siria e il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ieri ha sottolineato che «l'assenza di accordo al Consiglio di sicurezza non è un'autorizzazione data al governo siriano per continuare il suo assalto contro il suo stesso popolo. Più a lungo dura il dibattito, più persone moriranno».

Il rappresentante permanente della Siria all'Onu, Bashar Ja'afari, ha subito detto che «l'adozione di un progetto di risoluzione sulla Siria non farà che portare maggiore caos nella regione, incoraggiando i gruppi armati ad intensificare le loro azioni contro lo Stato e le popolazioni civili. In questo contesto, teniamo ad attirare l'attenzione sul fatto che ogni risoluzione di parte non farà che trasmettere un cattivo messaggio all'insieme degli estremisti e dei terroristi, un messaggio secondo il quale i protagonisti della violenza e del sabotaggio  hanno il sostegno e l'incoraggiamento degli Stati membri dell'Onu. Di conseguenza, l'adozione di una tale risoluzione non farà che condurre ad un deterioramento della situazione ed a maggiore violenza, invece di risolvere la crisi in maniera pacifica».

 

Che chi si macchia ogni giorno le mani con il sangue dei suoi concittadini parli di pace e violenza degli altri è già scandaloso, ma Ja'afari va oltre: «la Siria è molto inquieta rispetto alle vere intenzioni di alcuni dei Paesi responsabili della nuova risoluzione proposta all'Assemblea. Alcuni partigiani di questa risoluzione hanno negato l'esistenza di gruppi armati che commettono atti di violenza in Siria ed hanno rifiutato di aggiungere al progetto di risoluzione degli emendamenti che esortavano l'opposizione siriana a dissociarsi dai gruppi armati». Secondo il rappresentante del regime baathista all'Onu, quello che preoccupa di più «è che questi Paesi si dedichino ad un'aggressione politica e mediatica contro la Siria, fornendo un sostegno logistico, finanziario e politico ai gruppi armati terroristi, ignorando deliberatamente gli sforzi del governo siriano».

I siriani ce l'hanno probabilmente soprattutto con Gran Bretagna e Qatar, accusati di avere già consiglieri militari tra le fila dei ribelli siriani e sono confortati in questo sospetto da quanto rivelato dal network in lingua araba Al-Alam e riportato con rilievo dai media dell'Iran, Paese a sua volta sospettato di aver inviato volontari in aiuto del regime degli Assad. Secondo Al-Alam il premier del Qatar, Hamad Bin Jasem Ale Thani, avrebbe cercato di corrompere la Russia proponendo denaro in cambio della rinuncia al veto sulla risoluzione contro la Siria. Ale Thani avrebbe proposto al russo Vitali Churkin 10 miliardi di dollari in accordi per l'acquisto di armi, ma Churkin avrebbe risposto che la politica russa non può essere cambiata con "mazzette".

In soccorso dei siriani arriva anche il segretario generale di Hezbollah, Seyyed Hassan Nasrallah - accusato di aver infiltrato migliaia  di uomini armati dal Libano che sarebbero tra i protagonisti delle stragi in Siria - che ha puntato il dito contro Usa, Israele, alcuni Paesi arabi ed Al Qaeda (e pensare che gli occidentali dicevano che Hezbollah ed Al Qaeda erano complici!), accusati di essere i fomentatori dei disordini in Siria e «gli artefici del piano che mira a spodestare il presidente siriano Bashir al Assad». La televisione satellitare iraniana Press TV, dice che «Nasrallah in un lungo discorso pronunciato in occasione dell'anniversario dell'assassinio, ad opera del Mossad, del capo della sicurezza di Hezbollah Imad Mughniyah, ha ricordato che gli Usa cercano di far apparire di poca importanza le riforme del governo siriano e di rafforzare i terroristi armati operanti nel paese». Nasrallah ha poi detto che «certi paesi arabi accettano di negoziare con Israele ma non con la Siria».

In questo clima il referendum sulla nuova "Costituzione democratica" organizzato dalla dittatura di Damasco per il 26 febbraio è solo una farsa, ma mentre nelle città siriane si cannoneggiano le case, il regime invita tutti i Paesi membri dell'Onu «ad incoraggiare l'opposizione siriana a prendere parte a questo dialogo nazionale». Ed è proprio la tanto temuta e "terroristica" opposizione siriana ad essere il punto debole delle possibili alternative al regime dinastico siriano. Il generale James Clapper, direttore della National Intelligence, ha detto ieri davanti alla Commissione difesa del Senato Usa che «l'opposizione siriana non forma un movimento nazionale unito». Inoltre, «non costituisce attualmente una vera minaccia per il regime  di Bashir al Assad, L'opposizione è frammentata, non c'è un movimento nazionale. Non esistono in quel Paese delle forze di opposizione unite ed organizzate. Tutto quel che si trova è molto localizzato e basato su principi tribali. Nessun gruppo di opposizione, né il Consiglio nazionale siriano, né l'esercito libero siriano, è un'organizzazione unita. C'è una vera lotta interna per prendere la leadership». Sembra la riedizione dello scenario tribale-religioso della guerra in Libia, ma secondo Clapper, «la situazione in Siria è radicalmente differente da quella in Libia prima del cambiamento di regime». Sarà, ma intanto in Siria i morti tra i civili sarebbero almeno 5.440 e il regime dice che i ribelli hanno ucciso almeno 2.000 "poliziotti".

Probabilmente è proprio lo spettro libico a cementare l'alleanza del regime di Damasco con Mosca e Pechino. Churkin ha detto che la risoluzione dell'Assemblea Onu è preoccupante perché «tenta di isolare le autorità, rinuncia a ogni contatto con loro, impone la forma del regolamento politico». La Russia ha votato contro ed i suoi emendamenti che prendevano di mira l'opposizione armata siriana sono stati respinti.

Anche la Cina ha detto no alla risoluzione e «disapprova ogni intervento armato o tentativo di imporre un cosiddetto "cambiamento di regime" in Siria -  ha detto il vice-ministro degli esteri Zhai Jun. Condanniamo ogni atto di violenza contro dei civili innocenti ed esortiamo il governo siriano e tutti i partiti politici a mettere fine immediatamente e completamente  agli atti di violenza  ed a restaurare rapidamente la stabilità e l'ordine sociale».

Zhai oggi e domani sarà in Siria per parlare con il governo e con non meglio identificate «parti interessate», ma l'appoggio al regime di Pechino non sembra così granitico come quello russo, visto che Zhai, pur appoggiando il referendum farsa,  parla espressamente di legittime esigenze di riforme e di sviluppo da parte del popolo siriano e si appella «a tutte le parti  interessate in Siria ad avviare al più presto un dialogo politico inclusivo senza condizioni preliminari ed a discutere congiuntamente di un piano di riforme politiche globale».

Invece dal Parlamento europeo è venuto un fermo sostegno alle forze dell'opposizione siriana. Il nuovo presidente dell'europarlamento, il socialdemocratico tedesco Martin Schulz, ha detto: «il Parlamento europeo esorta l'Ue ed i suoi Paesi membri a contribuire al rafforzamento dell'unità  delle forze siriane di opposizione al regime in atto, sia che si trovino all'interno del Paese che all'estero». La risoluzione approvata dagli europarlamentari denuncia le stragi e la violenza in Siria e chiede al presidente Assad di lasciare il potere. Secondo  Schulz  la proposta di Assad di organizzare un referendum su un progetto di nuova Costituzione «è assurdo, mentre il Paese è preda della guerra». Secondo lui l'incontro della settimana prossima a Tunisi del gruppo degli "Amis de la Syrie" aiuterà a risolvere la crisi. Peccato che quel gruppo, fortemente voluto da Nicolas Sarkozy, sia stato bollato come inutile e nocivo da siriani, russi e cinesi.

La situazione in Siria sembra ad un punto di  non ritorno, probabilmente la frattura avverrà in maniera inaspettata proseguendo l'attuale scenario "yemenita" oppure con un intervento "umanitario" esterno di tipo "libico", ma molto più pericoloso in un Paese dove il regime continua a sopravvivere sguazzando nel sangue fino al collo perché nessuno sa come farlo cadere senza innescare una pericolosa faglia sismica geopolitica, che potrebbe terremotare il Medio Oriente e gli equilibri mondiali. 

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