[15/02/2012] News

Green economy e Pil: un Fondo Kyoto contro la recessione

Proprio alla vigilia dell'anniversario dell'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, 16 febbraio 2005, a distanza di 15 dalla sua sottoscrizione, arrivano due notizie, una buona e una cattiva. Entrambe facce della stessa medaglia.

Da una parte, i dati allarmanti del Pil Italiano: recessione tecnica visto che per il secondo trimestre consecutivo il prodotto interno lordo risulta in calo congiunturale. L'Istat, infatti, registra per il quarto trimestre 2011 un calo dello 0,7% mentre nel terzo aveva segnato un ribasso dello 0,2%.

Il Belpaese torna in recessione dopo poco più di due anni, l'ultimo periodo di recessione era terminato dopo il secondo trimestre del 2009. Dall'altra parte, l'annuncio del ministro Corrado Clini che domani presenterà il Fondo rotativo di Kyoto per le Pmi che da marzo sarà dotato di 600 milioni di euro. Un fondo - ha detto lo stesso ministro che «rappresenta una misura anticiclica, e può svolgere una funzione di volano permanente per la crescita sostenibile dell'economia italiana».

Di che cosa si tratta? Seicento milioni di euro di finanziamenti a un tasso dell' 0,5% alle piccole e medie imprese ma anche enti pubblici e privati per abbassare le emissioni di Co2. Al fondo si potrà accedere attraverso la Cassa Depositi e Prestiti che «permette di investire in tecnologie e in sistemi per efficienza energetica».

In particolare con la «micro-trigenerazione, elettricità calore e fresco, rivolta alle Università, ospedali, condomini o piccole industrie - ha proseguito Clini - Operativo dal 15 marzo, ha come scopo la promozione di investimenti a favore dell'efficienza energetica nel settore edilizio e in quello industriale; la diffusione di piccoli impianti ad alta efficienza per la produzione di elettricità, calore e freddo; l'impiego di fonti rinnovabili in impianti di piccola taglia; la gestione sostenibile delle foreste; la promozione di tecnologie innovative nel settore energetico. Si crea così un meccanismo per cui l' efficienza si raddoppia» passando da una media attuale del 40% a un 80%. Il ritorno stimato dell' investimento, ha detto ancora il ministro, è in 36-48 mesi..

Secondo il ministro Clini, e l'analisi è condivisibile, «si tratta di un meccanismo virtuoso che mette a disposizione liquidità e che si autoalimenta perché viene restituito». Un meccanismo che, ha indicato Clini, può fare da deposito anche per le risorse derivanti dal mercato delle emissioni. Il 50% delle entrate, come obbliga la Ue, deve infatti servire a finanziare azioni di riduzione delle emissioni e a fine 2012, ha stimato Clini, ci potrebbero essere, oltre ai 600 milioni del Fondo rotativo, 400 milioni all' anno derivanti dal mercato delle quote di emissione. Domani la presentazione ufficiale del progetto, con ulteriori dettagli.

Sempre domani il ministro presenterà anche, in un incontro con ala Triennale di Milano, Nuvolaverde, il comitato per la diffusione dell'economia digitale in funzione della sostenibilità promosso dal Ministero dell'Ambiente. «Con la testa digitale e il cuore verde - viene spiegato in una nota - per contribuire al risparmio energetico, al basso impatto ambientale, al decongestionamento delle città, al miglioramento della relazione con il territorio, degli stili di vita e di consumo».

Proprio sulle opportunità della green economy il Wwf oggi ha presentato lo studio "Investire sul futuro: Più posti di lavoro con un bilancio dell'Unione Europea più verde", curato insieme con altre Ong ambientaliste internazionali. Una sorta di dossier sulle prospettive di investimenti nell'economia verde in Ue e in Italia: «Se l'Unione Europea investisse nei settori della green economy, produrrebbe più posti di lavori ad un costo inferiore rispetto a quelli previsti dalle attuali Politiche di Coesione e dalla Politica Agricola Comune (Pac). Finanziando infatti con un miliardo di euro infrastrutture sostenibili e programmi ambientali in agricoltura si possono creare 29mila posti di lavoro. Con un investimento più mirato della stessa cifra, i posti di lavori diventerebbero circa 52.700, nel settore delle energie rinnovabili, o 25.900 nei settori del risparmio energetico (soprattutto in quello edilizio). E' questa la vera ricetta per uscire dalla crisi ed offrire un lavoro stabile anche per molti giovani".

Il report, basato su precedenti lavori dell'Unep, mostra il potenziale occupazionale nei settori della green economy nel prossimo bilancio 2014- 2020 dell'Ue. «Non solo. Lo studio evidenzia anche l'assenza di una valutazione degli investimenti fatti finora dall'Unione Europea: nonostante la spesa di circa mille miliardi nel suo ultimo bilancio (2007-2013), l'Ue non ha mai intrapreso un lavoro di analisi costi-benefici - dice il Wwf - Anche a livello degli Stati membri l'impatto sull'occupazione non è considerato».

Mentre il bilancio dell'Ue rappresenta meno dell'1% del Pil europeo, orientando i fondi nazionali e privati esso potrebbe avere un impatto considerevole. E' alla portata dell'Unione Europea fornire ciò che è meglio per l'ambiente e affrontare la disoccupazione durante la preparazione del prossimo bilancio Ue, dice sempre l'associazione ambientalista.

Se fosse realizzato un ‘budget verde' dal prossimo quadro finanziario pluriennale 2014-2020, con solo il 14% del bilancio totale dell'Ue (un investimento annuale di 14,75 miliardi di euro, sulla base dell'attuale proposta della Commissione), i quattro settori considerati (Energie Rinnovabili, gestione dei siti Natura 2000, Efficienza Energetica negli edifici e Trasporti Sostenibili) potrebbero creare / mantenere più di mezzo milione di posti di lavoro. I dati suggeriscono che gli investimenti, passando dagli attuali modelli di investimento all'interno della Politica di Coesione e della PAC alle azioni e misure verdi, aumenterebbero la creazione di posti di lavoro per ogni euro di un fattore tre (320%).

«Analoghe scelte vanno compiute in Italia. Occorre che la prospettiva di sviluppo offerta dalla Green Economy pervada e integri tutte le politiche del Governo. L'operatività del Fondo Rotativo per Kyoto è un primo, piccolo passo che colma solo un enorme ritardo (era stato istituito nel 2008) . C'è bisogno di una strategia nazionale di decarbonizzazione che non sia solo una petizione di principi, ma un vero programma economico, energetico e industriale che prepari il Paese ai vantaggi dell'economia verde. Va anche affrontata la delicata fase della transizione, in modo da attenuare ogni impatto sociale e favorire il passaggio diretto dei lavoratori dai settori obsoleti all'economia del futuro. Nella settimana in cui festeggiamo il settimo anniversario dell'entrata in vigore del protocollo di Kyoto (16 febbraio) questa è la vera svolta di cui abbiamo bisogno per uscire dalla crisi e, per richiamare una campagna del WWF Italia di sette anni fa, non restare indietro», conclude Midulla.

Tutto bene bravi bis? No, perché come purtroppo accade praticamente sempre, c'è il convitato di pietra. Stiamo parlando dei flussi di materia. Infatti, anche in questo certamente virtuoso caso, tutta l'attenzione è rivolta ad incentivare l'efficienza e la rinnovabilità dei flussi di energia. Dobbiamo ancora una volta constatare che l'altra gamba della sostenibilità non si riesce proprio a considerare nonostante la stessa Ue ci dica chiaro e tondo che il riciclo sia a pieno diritto un punto cardine dell'azione Europa 2020.

In Italia si continua a pensare che della materia ci si debba occupare solo quando diventa rifiuto e quando va bene investire sulla migliore raccolta differenziata possibile. Il prima e il dopo seguono logiche fantasiose dove si pensa ad esempio che ignorando i rifiuti speciali questi scompaiano nonostante siano quattro volte gli urbani, oppure che i flussi di materia si possano ridurre potenziando la raccolta di compost, oppure che il riciclo degli stessi sia "integrato" nella raccolta degli stessi.

Anche questa è green economy, anche questa è sostenibilità, anche questa dovrebbe riceve lo stesso trattamento.

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