[13/02/2012] News

La Blue economy per proteggere il Mediterraneo

A conclusione della 17esima Conferenza delle parti della Convenzione di Barcellona per la protezione dell'ambiente marino e delle regioni costiere del Mediterraneo (Cop 17 Barcelona Convention),  che si è tenuta dall'8 al 10 febbraio a Parigi, 21 Paesi del Mediterraneo  e l'Unione europea  hanno chiesto di realizzare la "blue" economy  «per salvaguardare e promuovere un ambiente mediterraneo pulito, sano e produttivo». La Convenzione di Barcellona è entrata in vigore nel 1978, dopo che i Paesi del Mediterraneo e l'Unione europea  nel 1975 avevano adottato il Piano di azione per il Mediterraneo, il primo Regional seas programme sotto l'egida del Programma Onu per l'ambiente (Unep). La convenzione è stata modificata e rinominata nel 1995 e la sua nuova versione è entrata in vigore nel 2004. Le 22 parti contraenti della Convenzione di Barcellona sono: Italia, Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Cipro, Croazia, Egitto, Francia, Grecia, Israele, Libano, Libia, Malta, Marocco, Monaco, Montenegro, Siria, Slovenia, Spagna, Tunisia e Turchia, Unione europea.  L'Unep ospita l'Unità di coordinamento per il piano d'azione per il Mediterraneo della Convenzione di Barcellona. 

Aprendo la Cop 17 l'ambasciatore delegato all'ambiente della Francia,  Jean-Pierre Thébault, ha detto: «In questo anno molto simbolico per l'ambiente, esprimo l'auspicio che il Piano d'Azione Mediterraneo rimanga ambizioso e dia il buon esempio, indicando la strada verso Rio +20». Un'ambizione ripresa dalla dichiarazione di Parigi nella quale i  22 Paesi vogliono una Blue economy, cioè la "versione della  Green economy che si applica ai mari e degli oceani, e sperano che la Conferenza Onu  sullo sviluppo sostenibile (Rio +20 ), che si terrà in Brasile a giugno, adotti un quadro strategico per le politiche del mare.

Dalla Cop 17 Barcelona Convention è emerso che «Gli Ecosistemi marini del mondo forniscono cibo essenziale e sostentamento a milioni di persone. Una ricerca Unep dimostra che un "interruttore" per il modello più sostenibile di Green economy potrebbe sbloccare il vasto potenziale dell'economia basata sul mare e, allo stesso tempo ridurre significativamente il degrado degli oceani, mentre per alleviare la povertà. l'Unep definisce la Green economy come quella che si traduce in una maggiore equità e benessere umano e sociale, riducendo significativamente i rischi ambientali e le scarsità ecologiche».

La Cop 17 Barcelona Convention  ha accolto con favore i progressi compiuti nel 2011 nel rafforzamento della lotta contro il deterioramento del Mediterraneo, con l'entrata in vigore del protocollo Integrated coastal zone management (Iczm -  Gestione integrata delle zone costiere) e del Protocol for the protection of the mediterranean sea against pollution resulting from exploration and exploitation of the continental shelf and the seabed and its subsoil ("Offshore Protocol - Protocollo per la protezione del Mare Mediterraneo contro l'inquinamento derivante da esplorazione e sfruttamento della piattaforma continentale, del fondo marino e del suo sottosuolo). «Questi protocolli, i primi due al mondo, riconoscono l'ambiente mediterraneo come una risorsa critica e condivisa e promuovono un approccio cooperativo e olistico alla sua gestione».

Nella Dichiarazione di Parigi, i Paesi aderenti alla Convenzione di Barcellona, «Riaffermano il loro impegno politico per lo sviluppo sostenibile del Mar Mediterraneo e delle sue zone costiere attraverso un approccio ecosistemico alla gestione delle attività umane; Decidono di elaborare un approccio coerente, una rete ben gestita di aree marine protette nel Mediterraneo, mirando ad un obiettivo del 10% di aree marine protette entro il 2020;  Decidono di intensificare i loro sforzi per ridurre l'inquinamento marino di origine terrestre, come il mercurio, gli inquinanti organici persistenti e i rifiuti marini, attraverso l'adozione di misure giuridicamente vincolanti, e di ridurre l'inquinamento da attività offshore e marine-based anche con piani d'azione regionali. Adottano il piano d'azione per l'implementazione del protocollo Integrated coastal zone management  e incoraggiano tutte le parti contraenti a ratificarlo. Si accordano per lavorare per proteggere la conservazione e l'utilizzo sostenibile della biodiversità marina nelle zone al di fuori della giurisdizione nazionale,  attraverso l'attuazione degli strumenti esistenti e attraverso lo sviluppo di un accordo multilaterale nell'ambito dell' United Nations convention on the law of the sea. Sostengono la preparazione entro il 2014 di un rapporto sullo stato dell'ambiente marino, anche da un punto di vista socioeconomico».

Al meeting di Parigi il direttore esecutivo dell'Unep, Achim Steiner, ha sottolineato: «Per noi è giunto il momento di pensare a come gestire i nostri oceani. Per molti Paesi sono un pilastro fondamentale del loro sviluppo economico e sociale e sono di vitale importanza nella lotta contro la povertà., Ma anche molte di queste risorse naturali essenziali sono degradate da un uso insostenibile, mettendo a rischio i servizi degli ecosistemi che forniscono, ad esempio, la sicurezza alimentare e la regolazione del clima. Le decisioni di gestione e gli investimenti che riguardano il benessere degli oceani sono essenziali se vogliamo continuare a trarre profitto da questa preziosa risorsa naturale. Una Blue economy nel Mediterraneo ed altrove sarebbe un grande passo nella  strada giusta».

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