[06/02/2012] News

Scurriculum di Alberto Fiorillo, Paolo Casicci

Si era appena spenta l'eco di polemiche che aveva suscitato il sottosegretario alla cultura Antonio Martone con la sua uscita in cui  bollava  come "sfigati" coloro che si laureano dopo i 28 anni, che le cronache e la rete sono state invase delle battute - più o meno ironiche - in risposta alla frase del premier Mario Monti riguardo alla "monotonia del posto fisso".

Battute infelici, quale ne volesse essere il significato autentico, dato che proprio negli stessi giorni i dati Istat ci dicono che la disoccupazione giovanile é giunta al 29%, un record che non si vedeva dal 2004.

Ancora più infelici se poi si considera che i pochi fortunati che ricoprono un posto di una certa levatura intellettuale e/o economica spesso hanno ottenuto quella occupazione non certo (o non solo) per meriti personali.

«In molti parlano di meritocrazia in Italia. Ma si fanno pochi progressi in questo senso e tanti giovani promettenti rimangono fermi, non premiati o addirittura disoccupati, come dimostrano i preoccupanti dati di ieri» scrive Alberto Alesina sul Sole 24 ore all'indomani della presentazione dei dati Istat ricordati prima.

Tra i motivi che cita Alesina c'é la mancanza fiducia reciproca: «Gli italiani si fidano pochissimo degli altri, meno di quanto lo facciano gli anglosassoni o gli scandinavi, come dicono tutte le statistiche. Dato che per premiare il merito qualcuno deve decidere dove il merito sta, se non ci si fida di chi sceglie, non si accetta la meritocrazia».

Altro motivo é il nepotismo, che non significa sempre accezione negativa, dice, infatti, Alesina: «Si badi che la famiglia è senza dubbio un'istituzione fondamentale. Quella che critico è una certa degenerazione della famiglia».

Che purtroppo é però diventata una prassi molto (troppo) diffusa.

É su questi temi che s‘incentra il libro scritto da Alberto Fiorillo assieme a Paolo Casicci, due giornalisti che hanno ricostruito il percorso di molti giovani, e meno giovani, rampanti dei nostri tempi, andando a cercare nel loro curriculum le competenze e le esperienze maturate tanto da giustificare i ruoli ricoperti.

Quello che ne emerge é appunto uno "Scurriculum", da cui il titolo del libro, ovvero un elenco di amicizie e di meriti legati a conoscenze anziché a titoli o esperienze accademiche o di lavoro.

«Meritocrazia - scrivono gli autori- é diventata la parola chiave, il refrain, di editoriali e corsivi dei principali quotidiani italiani, spesso scritti nel nome di migliaia di giovani costretti a fare le valigie».

Sono stati scritti libri su questo tema, se ne discute nei dibattiti televisivi tanto che il rischio é quello di "mitridatizzarsi a queste prediche" e quindi di assuefarsi al problema.

Ma allora "A che serve il curriculum? A niente» chiosa nella prefazione al libro, Gian Antonio Stella che a sostegno di questa sua risposta cita i casi clamorosi come quello dello storico Carlo Ginzburg che dopo avere insegnato al

Warburg Institute di Londra e nelle università di Harvard, Yale e Princeton, ebbe qualche difficoltà a essere accettato per "chiara fama" dalla Normale di Pisa. Per non dire di Clemente Marconi, archeologo, tra i massimi esperti mondiali di Magna Grecia, che  il giorno in cui prese possesso della cattedra vinta alla Columbia University di New York ricevette una lettera dalla Regione Sicilia in cui si diceva testualmente: «Gentile collega, siamo giunti alla conclusione che Lei non possiede i requisiti accademici per entrare nel nostro staff. La sua domanda per un posto da archeologo ai Beni culturali siciliani viene pertanto respinta, cordiali saluti».

Del resto il libro scritto dai giornalisti Paolo Casicci e Alberto Fiorillo,  spiega bene come i diversamente titolati, dai curricula leggeri e dalle amicizie pesanti, possano scalare le vette di aziende pubbliche, imprese statali, istituti di ricerca, Asl e municipalizzate da perfetti incompetenti.

Nella poesia "Scrivere un curriculum" della poetessa polacca Premio Nobel Wislawa Szymborska, scomparsa il 1 febbraio, si legge "Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu"; la realtà dei fatti dimostra invece che vale molto di più il contrario.
Nel libro, infatti, scorrono in un crescendo quasi  grottesco storie che appartengono, purtroppo all'ordinaria amministrazione nel nostro Paese.

C'e il dentista, fidanzato dell'ex ministro Michela Vittoria Brambilla, che si ritrova insieme al figlio di La Russa ai vertici di Aci Milano, ente che tra le altre cose governa - attraverso una controllata - la Formula1 a Monza.

C'è il cacciatore e maestro di sci amico di vecchia data di Franco Frattini che viene nominato alla presidenza di uno dei più importanti parchi nazionali italiani (lo Stelvio). C'è l'addetto stampa dell'ex ministro Maria Stella Gelmini, che ottiene un posto da direttore generale al Ministero dell'Istruzione (e oggi è ancora lì nonostante sia cambiato ministro e  nonostante sia l'autore della famosa gaffe sul fantomatico tunnel dei neutrini tra Ginevra e il Gran Sasso).

O ancora ci sono un ex calciatore dilettante, un insegnate di francese in pensione e un'ex miss Malizia promossi presidenti di due importanti enti di ricerca o addirittura consulenti del Ministero della Difesa per il 150° dell'Unità d'Italia.

Esempi che dimostrano come l'Italia sia sempre più una Repubblica fondata sulla mediocrità, una "mediocracy", la definiscono gli autori. Cioè un sistema che seleziona e promuove scientificamente una classe dirigente di basso profilo che non è funzionale al Paese. Ma al partito. Al leader. Al segretario.

E così, a forza di spintarelle, raccomandazioni, tanti onesti gregari dall'esperienza professionale non idonea a svolgere determinati ruoli, in virtù del tocco magico della politica, sono stati trasformati in straordinari manager e capitani d'imprese che hanno a che fare col domani del Paese e con l'oggi di tutti noi, con la salute, il trasporto pubblico, i rifiuti, la cultura, l'istruzione, il lavoro, l'ambiente... Una corte di vassalli, valvassini e valvassori che ha

l'unica funzione di soddisfare le esigenze del principe (e ovviamente le proprie) a scapito della collettività.

Come scrive ancora Stella nella prefazione, infatti, "da noi vige un sistema, ignobile e suicida, che mortifica i più bravi costringendoli spesso a regalare la loro intelligenza ai Paesi stranieri e premia al contrario quanti hanno in tasca la tessera giusta o il telefono del deputato giusto. Un errore che ha infettato la società italiana rendendola sempre più debole e incapace di stare al passo di un mondo che cambia a velocità immensamente superiore alla nostra".

Un modus operandi, segnalano i due autori, che prima ancora che un'emergenza morale, produce un'emergenza economica, perché se al volante della macchina pubblica c'è l'incompetenza crescono a dismisura le possibilità di inefficienza del sistema, di scarsa produttività, di crescita del deficit e di assenza di risultati. Così come aumentano le eventualità  che il nostro Paese rischi, a ogni curva, di uscire di strada, facendo precipitare nel burrone i

tanti che hanno titoli e meriti  per colpa di un autista scurriculato.

O di naufragare, per rimanere alle cronache, per colpa di uno dei tanti comandanti Schettino.

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